CINEMA

Schermi digitali, rivoluzione in sala

A quota 80% le sale cinematografiche italiane che si sono convertite all’elettronica. Ora parte la vera sfida: serve un mind changing

Pubblicato il 22 Apr 2014

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Un anno fa molti addetti ai lavori erano in preda al panico: con il ritardo (clamoroso, nella migliore tradizione italiana) della digitalizzazione delle sale cinematografiche sembrava proprio che la settima arte dovesse subire un pesante contraccolpo. Lo switch off, previsto per il 31 dicembre 2013, è stato prorogato al 30 giugno 2014 per permettere alla quasi metà delle sale italiane ancora attrezzate con il proiettore a “pizza” di fare il grande salto. E comunque si prospettava una difficile corsa contro il tempo: in un periodo come quello che sta affrontando l’economia, quanti esercenti avrebbero potuto permettersi di investire i 60-70mila euro necessari per passare al cinema 2.0?

Oggi la situazione è meno convulsa: il grande recupero (anche questo nella migliore tradizione italiana) che ha conosciuto il settore negli ultimi mesi ha digitalizzato il 74% (dati Anec di gennaio) delle sale. “Anche se è stato un passaggio traumatico, allo stato attuale possiamo dire in realtà di aver già superato l’80%”, dice Lionello Cerri, presidente Associazione esercenti.

Restano circa 800 sale da convertire, prevalentemente piccole strutture legate all’associazionismo religioso o alla programmazione d’essai. Se è probabile che circa metà di queste scompariranno definitivamente, chi sopravviverà dovrà rivedere profondamente il modello di business fin qui applicato. “Senza contare che le nuove tecnologie non nascono perfette – dice Cerri -: si migliorano costantemente e aprono in continuazione spazi di cambiamento”. Cerri non allude solo alla qualità audiovisiva e alla riduzione dei tempi e dei costi di distribuzione.

“La vera sfida comincia ora, soprattutto per quanto riguarda i cinema d’essai”, spiega Mario Lorini, delegato nazionale Anec per il progetto Multiprogrammazione. “Il ruolo della sala deve essere completamente ripensato attorno alla sua capacità di aggregazione sociale unita alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia digitale”. Il che significa una sola cosa: estrema flessibilità nella creazione di veri e propri palinsesti in grado di segmentare il pubblico in diversi target di riferimento. Operazione impensabile per le imprese più piccole fino a pochi mesi fa, ma oggi, anche grazie alla diffusione dei cosiddetti contenuti complementari, a portata di mano. Dai concerti agli eventi live (complici le trasmissioni satellitari), passando per i documentari, le edizioni speciali e le riedizioni restaurate dei film, anche se attualmente rappresentano solo l’1% del mercato, stanno pian piano prendendo piede: se nel 2013 il numero di titoli complementari programmati nelle sale è cresciuto di sole otto unità rispetto all’anno precedente (69 contro le 61 del 2012), la crescita di relativi incassi e presenze sono aumentate in maniera esponenziale: nel 2013 963.586 spettatori hanno generato un fatturato di 7.281.764 euro, contro i 2.843.725 pagati dai 319.897 spettatori del 2012 (dati Cinetel).

Ma secondo Lorini dovranno cambiare anche i rapporti di forza con i distributori che finora nella maggior parte dei casi hanno potuto imporre alle strutture minori una programmazione esclusiva. “In futuro il prodotto rimarrà centrale, ma forse sarà un po’ meno importante di quanto lo sia adesso, e gli esercenti dovranno saper dire anche dei no: non potranno più limitarsi a stare dietro la cassa”.

Ed è qui che si palesa la nuova sfida per il settore: una volta acquisita la tecnologia per programmare e proiettare nuovi e più vari contenuti, bisognerà imparare a comunicare con strumenti diversi. “Il potenziamento della comunicazione attraverso i nuovi media? È al centro delle nostre attività di formazione”, dice Cerri. Internet, intesa sia come siti web che come forum, e i social network, sono l’ideale per connettere esercenti e pubblico nella futura configurazione del mercato”. Per il presidente di Anec, però, i gestori delle sale, che pure avranno un ruolo fondamentale nello sviluppo del cinema 2.0, rappresentano solo una parte dei molti attori in gioco in questa prospettiva: “Non dimentichiamoci che il digitale insieme a molte opportunità ha introdotto anche alcune criticità. Bisogna innanzitutto lavorare per sconfiggere la pirateria, e poi trovare un giusto equilibrio per la gestione del pay per view via Internet. Le uscite date-to-date dei film disponibili sul Web o sui canali premium vanno regolamentate, altrimenti si cannibalizza il cinema. Occorre per questo una legge varata dallo Stato che deve riprendersi il proprio ruolo di promotore culturale e mettere al centro delle proprie priorità la crescita del cittadino”.

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