Tetto agli spot di Murdoch. Dal 2010 correrà con la zavorra

Uno schema di decreto legge potrebbe abbassare al 12% la quota pubblicitaria per le tv a pagamento

Pubblicato il 15 Dic 2009

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Potrebbe arrivare al Consiglio dei ministri di giovedì, inserito
in un provvedimento che recepisce la nuova direttiva Ue sulla “Tv
senza frontiere”, lo schema di decreto legge messo a punto dal
viceministro con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, per
abbassare al 12% (dal 18%) la quota di spot in tv. Un taglio che,
pur riguardando tutte le emittenti a pagamento (anche Mediaset
Premium) “colpisce in primo luogo il gruppo del tycoon
australiano”. Lo scrive la Repubblica spiegando che un anno fa
era stata la volta dell'Iva per gli abbonamenti alla pay-tv
portata di colpo al 20%, mentre oggi “la sfida tocca i tetti di
raccolta pubblicitaria. E' l'ennesima battaglia della
guerra tra Mediaset e Sky”.

Il limite per le emittenti a pagamento, anche analogiche, deve
essere il 12% ogni ora – un limite che non riguarda solo Sky, ma
anche Mediaset Premium o canali satellitari di altri editori, come
Disney o Rcs. Tuttavia al momento Mediaset non supera ancora il
tetto del 12% e non subisce alcuna contrazione, mentre il
“danno”, secondo Repubblica, “si concentra proprio sulla
parabola di Murdoch e in particolare sulla programmazione sportiva
(le partite di calcio) e il cinema. Senza considerare che il
rapporto tra la raccolta di Mediaset Premium e Sky è di circa 1 a
10. Non solo. Gli ideatori del provvedimento hanno pensato a un
ulteriore beneficio”: il tetto del 12% evita una sorta di
“cannibalizzazione interna”, ovvero che non solo Sky ma anche
le altre reti a pagamento del gruppo Berlusconi entrino in
competizione con i canali in chiaro di Mediaset. “L’operatore
che già raccoglie quasi il 60% della pubblicità tv, in qualche
modo è in condizione di conservare il primato”, conclude
Repubblica.

Inoltre, il tetto per le emittenti private è in qualche modo
elastico, perché potranno trasmettere fino al 20% di spot,
telepromozioni e televendite durante la giornata (anzi
l’affollamento potrebbe spingersi al 22% nelle ore di maggiore
ascolto). Su molti altri aspetti le scelte del governo vanno in
direzione di una più ampia liberalizzazione: passa da 45 a 30
minuti il tempo minimo di trasmissione per l’inserimento di uno
spot nei film; gli eventi sportivi si possono interrompere non solo
per spot ma anche per televendite e aumentano le interruzioni
pubblicitarie nei programmi per bambini.

Molto meno liberale il governo sui permessi per la trasmissione via
parabola: “L’autorizzazione ai servizi audiovisivi o
radiofonici via satellite è rilasciata dal ministero”, si legge
nel testo della proposta di legge. In sostanza, spiega il
quotidiano romano, “le tv satellitari devono essere autorizzate
dal governo e non più dall’Autorità per le Comunicazioni. In
questo modo, si fa dipendere dall’esecutivo l’ingresso nel
mercato tv di nuovi competitor. Basti pensare al caso di Cielo, la
rete digitale di Murdoch che ancora attende il placet
ministeriale”.

Scontenti anche gli editori dei giornali, la cui speranza, come si
legge ancora su Repubblica, “era che la politica tamponasse
l’anomalia – tutta italiana- che vede le televisioni
accaparrarsi il grosso delle risorse pubblicitarie: il 52,7% contro
il misero 35,2% della carta stampata”. Le nuove misure previste
dal governo, invece, non avranno “alcun beneficio tangibile per i
giornali, per le radio, per il web. Obiettivo di Palazzo Chigi
sembra essere solo quello: contenere Sky e salvaguardare le risorse
di Mediaset e Rai”.

La misura del governo Berlusconi cade alla fine di un anno
terribile per la pubblicità televisiva, diminuita del 12,6% tra
gennaio e ottobre 2009, secondo Nielsen, per un totale di 3,5
miliardi di euro. Sky raccoglie solo il 5,9% della pubblicità tv,
ma, nota Repubblica, “nel momento della crisi anche questa
‘fettina’ può fare gola a Mediaset e Rai”. Peraltro Sky
continua a crescere negli ascolti, nel gradimento degli italiani, e
resta il più agguerrito nemico del duopolio tv: uno studio di
Mediaitalia certifica il crollo della tv di Stato e della stessa
Mediaset sul fronte dell’Auditel, soprattutto in due fasce
strategiche, i bambini e i giovani. Lo share della tv satellitare
è ormai al 10%, più di Rete4, Rai2 e Rai3 e poco meno di
Italia1.

Nel 2010, lasciata gradualmente la crisi economica alle spalle,
“le televisioni italiane si contenderanno una fetta pubblicitaria
che torna a gonfiarsi: la crescita ipotizzata è del 2%” e, se
passerà il testo scritto dal governo, la pay-tv di Murdoch dovrà
correre con la zavorra.

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