CONVEGNO

Privacy, security, concorrenza: ecco le sfide per la digital era

Autorità garanti, aziende e politica a confronto alla tappa siciliana del ciclo di conferenze “Digitali e Responsabili” promosse da Google. Consapevolezza e responsabilità chiavi strategiche per la gestione corretta di Internet: più cultura, meno regole

Pubblicato il 20 Ott 2017

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Se è inevitabile l’impatto che Internet e l’economia digitale avranno in modo esponenziale sulle vite di cittadini e consumatori, è altrettanto inevitabile che istituzioni, regolatori, autorità garanti e aziende (a maggior ragione quelle che più hanno contribuito a innescare questa rivoluzione) collaborino in maniera continuativa per instillare consapevolezza e responsabilità in chi Internet lo usa e, più o meno consciamente, lo alimenta. La sfida non è solo sul piano del corretto utilizzo degli strumenti e dei servizi messi a disposizione dalla rete, ma soprattutto sulla capacità delle persone di tutelare la propria identità e la propria privacy nel momento in cui interagiscono con gli operatori online scambiando e cedendo dati.

E sono questi i temi affrontati dal ciclo di conferenze “Digitali e Responsabili”, iniziativa che Google, con il patrocinio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Garante per la Protezione dei dati personali, sta sviluppando in un roadshow partito a luglio che nel corso del suo svolgimento coinvolgerà cinque città italiane (da Roma a Milano passando per Palermo, Napoli e Firenze): un confronto aperto a tutti i soggetti che possono fare la differenza in questo delicato momento di trasformazione, con l’obiettivo di diffondere la conoscenza sugli strumenti disponibili per la tutela dei propri dati e dei propri diritti online.

Oggi è stata la volta di Palermo, che rappresenta una piazza vivace per le startup innovative e per le aziende che per affrontare lo scenario competitivo puntano sullo sviluppo di competenze digitali. “Prova di ciò è l’apertura in città di una sede di Blasting News, dove si lavora a un motore basato sul machine learning per l’individuazione di fake news, ma soprattutto le diverse iniziative costruite grazie alla collaborazione del mondo privato con le istituzioni e l’accademia”, spiega Francesco Passantino, del Consorzio Arca, soggetto che per l’appunto promuove la cooperazione tra pubblica amministrazione, università e imprese come Google, che attraverso il Developer Group partecipa attivamente al rafforzamento dell’ecosistema cittadino. “Ed è la dimensione cittadina l’unica in cui può svilupparsi un ambiente adatto a incubare startup e azioni capaci di avviare circoli virtuosi per l’intera comunità”, precisa Passantino citando per esempio #Hackdev17, l’hackathon per la PA che ha coinvolto 25 città italiane, e i progetti rientrati nel Premio Nazionale per l’Innovazione, (tra cui un sistema per l’estrazione di oro e rame da componenti elettronici a basso dispendio energetico, batterie al litio di nuova generazione e un robot che sfrutta gli algoritmi genetici per le lavorazioni in ambito di meccanica pesante), oltre alla startup Mosaicon, realtà locale (rappresentata al convegno dal Ceo Ugo Parodi Giusino) che ha creato un marketplace dove le aziende in cerca di creatività pubblicitarie possono trovare, acquistare e personalizzare i lavori di video-maker in base a specifiche chiavi di ricerca e con una logica data-driven.

Gli strumenti ci sono, ora occorrono conoscenza e consapevolezza

Ad aprire i lavori dell’incontro palermitano, realizzato in collaborazione con Agius (Associazione Giuristi Siciliani), c’era Andrea Stazi, Public Policy Manager di Google Italia, che ha contestualizzato l’evento all’interno del mese della Cybersecurity, ricordando come Google lavori costantemente al perfezionamento degli strumenti a disposizione degli utenti sul piano della tutela della privacy, della sicurezza relativa ai dati sensibili e della protezione dei diritti d’autore. “Stiamo rendendo disponibile una nuova versione del Controllo Sicurezza, che ora fornisce una guida personalizzata per aiutare gli utenti a migliorare la sicurezza dell’account. Invece della stessa, statica, checklist valida per chiunque, il Security Checkup è adesso una guida fatta su misura che mostra automaticamente lo status della protezione dell’account e qualsiasi tipo di questione ancora da risolvere”.

In pratica, un segno di spunta verde sta a indicare che l’account è ben protetto, mentre un punto esclamativo giallo o rosso vuole evidenziare che c’è almeno un punto da risolvere in termini di sicurezza dell’account. “Il controllo sicurezza diventa un vero e proprio consulente personale della sicurezza capace di aggiornarsi man mano che nascono nuovi pericoli”. Stazi ha poi parlato del potenziamento delle funzionalità anti-phishing di Navigazione Sicura su Chrome. “Google ha sempre scansionato il Web alla ricerca dei siti pericolosi. Ma, se un sito di phishing è creato e usato per attaccare in momenti successivi, anche il più veloce degli scanner non può avvisare gli utenti in maniera tempestiva. Oggi i nostri insight ci permettono di fare previsioni sui rischi in tempo reale”, ha garantito Stazi. “Stiamo usando questa conoscenza per testare nuove protezioni preventive contro il phishing su Chrome, che entreranno in funzione anche qualora si usi un browser differente. Stiamo pianificando di estendere questa protezione preventiva a tutte le altre password salvate su password manager in Chrome, e di consentire lo stesso ad altre app o browser che usano la tecnologia della Navigazione Sicura, come Safari, Firefox e Snapchat”.

Stazi ha anche annunciato il programma di protezione avanzata, che fornisce il massimo grado di protezione, basata sull’utilizzo di token, app attendibili e controllo degli accessi fraudolenti, per chi desidera un aggiornamento continuo sui sistemi di difesa offerti da Google. “Gli strumenti per tutelarsi ci sono, e sono molti, ma non sono sempre utilizzati”, ha concluso Stazi. “Per questo è fondamentale diffonderne sempre di più la conoscenza e la consapevolezza a tutti i livelli della società”.

Non ha potuto che concordare Giuseppe Busia, Segretario Generale del Garante Privacy, spiegando che ormai il gemello digitale sviluppato online non è più una semplice proiezione: “Siamo noi stessi, e per questo dobbiamo essere i soggetti che decidono, che sono informati, che scelgono a chi dare i dati e per quale finalità. Ciascuno di noi deve sapere che sta pagando con le proprie informazioni personali servizi che solo in apparenza sono gratuiti. Questa cultura va diffusa a partire dalle scuole e per fortuna si stanno muovendo in questa direzione diverse iniziative”.

Tutelare il mercato, oltre alla privacy

Una corretta condotta online non serve solo a tutelare la propria privacy, ma anche a preservare i meccanismi della concorrenza e il valore degli investimenti degli operatori attivi sulle piattaforme digitali. “Proprio ieri c’è stata una riunione del consiglio su un caso di pirateria nell’ambito dell’Iptv”, ha raccontato Riccardo Capecchi, Segretario Generale Agcom: “Spesso, grazie all’uso sapiente degli strumenti di pagamento, alcuni soggetti riescono ad aggregare servizi di cui in effetti sono titolari altre aziende, come Sky, Mediaset Premium, Netflix, che ricevono un danno commerciale rilevante da chi offre a cifre irrisorie la stessa offerta di intrattenimento. Finché non si percepisce che questa pratica è illegale, un atto di pirateria industriale, gli utenti del Web continueranno a cercare i fornitori di tali servizi, e di conseguenza i ranking creati dagli algoritmi automatici rischieranno di ammantarli ulteriormente di questa patina di simil-legalità. Il tema dell’educazione è dunque centrale”, ha concluso Capecchi, “e va sviluppato insieme a chi come Google e gli altri Ott costituisce di fatto un’infrastruttura della rete, o per meglio dire ne è portale”.

Agcom e Garante della privacy stanno lavorando insieme all’Antitrust per la realizzazione di un’indagine conoscitiva che sta coinvolgendo il mondo dei servizi digitali a cavallo di compagnie assicurative, aziende fintech e operatori come Google. “I risultati dovrebbero essere disponibili a metà del 2018”, ha detto Giovanni Calabrò, dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, precisando che sarà un’ottima base anche per valutare le azioni da intraprendere in vista dell’imminente esplosione dell’Internet of Things, “un nuovo scenario che cambia la definizione stessa di mercato in un contesto in cui non ci sono ancora regole. Come affronteremo le nuove sfide sul fronte della concorrenza? Credo che l’autoregolamentazione, che anche a livello internazionale sta mettendo alla prova molti dei nuovi strumenti, sia una delle possibili risposte”.

Il punto di vista della politica

Alla conferenza presenti anche Sergio Boccadutri, deputato del Partito Democratico, e Mirella Liuzzi, deputata del Movimento Cinque Stelle. “Il problema dell’Italia, a parte la carenza infrastrutturale che dovrebbe essere colmata nei prossimi anni, è quello delle competenze”, ha detto Liuzzi. “Essere nativi digitali non vuol dire avere competenze digitali, senza contare che i dati nazionali relativi all’accesso ai servizi online sono allarmanti: i servizi pubblici digitali registrano buoni risultati rispetto all’erogazione, ma sono utilizzati sono dal 16% dei cittadini, contro il 34% della media europea. Un’indagine Agcom sottolinea che il 29% delle abitazioni dove è possibile attivare una connessione Internet non dispone di un contratto. Infine, un terzo degli italiani non accede mai al Web. Prima di poter erogare servizi dobbiamo risolvere il problema dell’accessibilità, e a seguire quello dell’usabilità: se occorre un manuale per utilizzare i servizi online, significa che non sono usabili. Stiamo parlando quindi di una serie di questioni prima di tutto culturali. Quella di Google è un’iniziativa lodevole, ma progetti del genere dovrebbero partire innanzitutto dalle istituzioni”.

Per Boccadutri gran parte dell’equivoco sta nel fatto che ancora, e a più livelli, il mondo di Internet viene paragonato a ciò che è stato per decenni il broadcasting, “ovvero il mezzo che mette in contatto i produttori e i fruitori di contenuti. Se si parte da questo presupposto, nessuna regolamentazione sarà mai all’altezza della situazione. Oggi i contenuti sono prodotti anche da chi li fruisce, senza contare che non esiste più la dicotomia tra consumatore e cittadino. Il compito che aspetta il legislatore è regolare il cambiamento nell’interesse generale dei cittadini e correggendo le storture che si creano nel mercato, con un approccio alle proposte di legge basato sul market test. Credo inoltre che in questo ambito occorrano meno leggi e più norme secondarie, capaci cioè di rispondere a quanto elaborato nel contesto europeo, ma soprattutto adattabili a una situazione che continua a evolvere”.

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