E-SKILLS

Agenda digitale, allarme Iwa Italy: “Professioni web totalmente ignorate”

L’Italia per prima in Europa definisce criteri per le competenze digitali. Il presidente dell’associazione Roberto Scano: “Ma il professionista Internet è ancora emarginato”

Pubblicato il 24 Apr 2014

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In queste ultime settimane si parla molto di agenda digiale. Le associazioni Ict si sono unite per contribuire alla svolta digitale del Paese: Assinform, Assintel, Assinter, Cna Ict e Unimatica Confapi hanno firmato lo scorso 10 aprile un accordo quadro con l’Agenzia per l’Italia Digitale con la volontà di attuare il programma nazionale per la Cultura, Formazione e Competenze Digitali e con l’obiettivo di allineare l’Italia agli standard digitali europei in ogni ambito, dalla Pubblica Amministrazione alle imprese, passando per il sistema formativo e l’alfabetizzazione digitale diffusa sul territorio nonché promuovendo un osservatorio sulle professioni ICT.

Solo pochi giorni dopo, una parte di tali associazioni ha partecipato alla votazione della norma UNI “Professionista Web”, affossando quella che poteva essere la norma tecnica nazionale di vanto per la presidenza del semestre italiano, norma nata proprio dall’iniziativa dell’associazione dei professionisti del Web con sede a Venezia, nella stessa città in cui il premier Renzi con la commissaria Kroes parteciperà alla “Digital Venice”.

Facciamo un passo indietro. L’associazione dei professionisti del Web (IWA) da tempo ha avviato dei tavoli di lavoro per la definizione degli skill (competenze) per chi opera nel settore Web, coinvolgendo oltre 200 realtà (associazioni, P.A, aziende) e diventando il primo esempio in Europa di definizione di profili di competenza professionale di terza generazione (i cosiddetti G3 skill profiles), referenziati dal modello e-Competence Framework (e-CF) nonché dal documento CEN di definizione dei profili ICT europei, entrambi referenziati dalle attività del governo italiano in ambito di cultura digitale.

Il lavoro prodotto da IWA, disponibile con licenza Creative Commons è stato portato all’interesse del tavolo UNINFO per l’elaborazione della normativa tecnica UNI relativa all’attività professionale del “Professionista Web”, così come previsto dall’art. 9 della legge 4/2013 (legge sulle associazioni professionali), lavoro a cui hanno partecipato attivamente altri componenti della commissione, tra cui l’ordine degli ingegneri. Dopo l’approvazione formale delle attività e con l’elezione unanime del sottoscritto come coordinatore del gruppo, in pochi mesi il lavoro ha prodotto un documento portandolo all’attenzione del gruppo di lavoro esteso. Proprio a questo punto sono iniziate le prime contestazioni soprattutto da chi, come AICA, che da tempo opera con “certificazioni” proprietarie e che comunque non rappresenta professionalità di cui alla legge 4/2013, ha espresso parere contrario a tutto l’impianto normativo. Non è stata difatti posta contestazione nei contenuti dei profili di competenza ma sul fatto di creare una norma specifica per le professionalità Web. La stessa posizione, nettamente contraria alla normazione per il riconoscimento dei professionisti Web (non quindi verso il contenuto dei profili di competenza) è stata posta anche da Assinform. Tra le realtà contrarie si aggiungono pure AIP (Informatici professionisti), una società di certificazione (KIWA) e il consorzio CINI (Consorzio Interuniversitario), con quest’ultimo che si è palesato solamente ad una riunione facendo presente che la norma non poteva essere considerata valida in quanto non prevedeva percorsi formativi universitari, forse dimenticando che nel frattempo il Paese è evoluto e con il Dlgs. 13/2013 ha riconosciuto la formazione informale, ovvero l’acquisizione di competenze specifiche al di fuori dei classici percorsi formativi. A documenti fatti ora si vuole invece cambiare le carte in tavola, proponendo non la normazione con riconoscimento delle attività professionali mappandole sul modello e-CF e relative declinazioni di terza generazione ma di normare il modello di definizione lasciando libertà di far proliferare profili senza inquadrarli in categorie specifiche, ovvero snaturando la legge 4/2013. Il fatto comico è che di tutte le realtà che partecipano al tavolo, solo IWA ha seguito l’iter del Ministero dello Sviluppo Economico per l’accreditamento volontario come associazione professionale legge 4/2013, nell’ottica della trasparenza organizzativa.

Sempre nella proposta AICA si fa un balzo nel passato, in quanto la stessa chiede pure di riconoscere come validi i profili del catalogo CNIPA del 2009 (ovvero i profili EUCIP di AICA, dove figura il “tuttologo del web” ossia il Webmaster e multimedia, già criticato all’epoca da IWA come figura mitologica inesistente a quello che all’epoca era referente CNIPA e che già all’epoca, come molte realtà, chiamava erroneamente “standard” tali profilazioni.

Chi ha quindi supportato la norma dei professionisti Web? Oltre all’associazione proponente IWA, vi è stato pieno supporto da parte dall’Agenzia per l’Itali Digitale (AgID) e dell’Ordine degli Ingegneri e ANORC, ossia professionisti Web, agenzia governativa, ordini professionali e utenza professionale risultano a favore del riconoscimento delle competenze specifiche del settore Web mentre le associazioni datoriali, presumibilmente per interessi non ben chiari, non sembrano esserlo. Ma anche qui i conti non tornano: vi sono realtà associate a Confindustria che utilizzano già da tempo gli skill, altre che partecipano ai tavoli di lavoro del gruppo skillprofiles.eu, altre che hanno fatto richiesta di recente di potervi accedere, motivo per cui ci si chiede se prima di prendere una decisione simile vi è stata concertazione all’interno delle associazioni. Con altre realtà che hanno sottoscritto l’accordo con AgID vi è collaborazione da tempo: con Assintel e la Fondazione Politenico di Milano, ad esempio, è stato prodotto il primo portale per la domanda/offerta di lavoro usando il modello e-CF e i profili Web di IWA, il tutto coordinato dal sindacato networkers, ovvero un esempio reale di applicazione del modello e-CF citato dal piano nazionale competenze digitali e realmente applicato da chi va oltre la sottoscrizione di accordi. Dubito che pure CNA Professioni sia contraria al riconoscimento di professionalità nel settore, ma l’assenza nei tavoli di lavoro di UNINFO di tali soggetti ha fatto pesare la posizione di coloro che, per principio, sono contrari al riconoscimento dei professionisti Web.

Siamo quindi al caso strano in cui prima si dà parere favorevole ad un tavolo per la normazione normativa tecnica UNI relativa all’attività professionale del “Professionista Web” e poi, in barba alla legge 4/2013, si ritiene di non dover più fare norme specifiche per professionalità ma si preferisce normare invece il modello per la creazione dei profili. Questa scelta ha una serie di conseguenze immediate, a partire da coloro che hanno lavorato (e pagato quote di partecipazione) per dei gruppi che alla fine sono stati fatti lavorare per nulla perché – solo a lavoro terminato – si è deciso di non approvarlo ma non per motivazione contenutistiche e/o tecniche, ma per volontà di non normare il “professionista Web”, ossia non dare un diritto sancito dall’art. 9 della legge 4/2013.

Partiamo da un punto basilare: le professioni Web esistono, lo riconosce la legge 4/2013 e pure CEN con il riferimento al lavoro di IWA. Quali saranno ora i prossimi passi? Oltre al ricorso all’organismo competente all’interno di UNINFO, al momento si è persa l’occasione di presentare una norma al semestre europeo, ossia si è persa un’occasione come paese di essere per l’ennesima volta esempio per l’Europa. Questo comunque non fermerà le iniziative di normazione tecnica in quanto il gruppo di lavoro per i profili Web sta già lavorando per il rilascio di una nuova versione in quanto è il mercato a richiederla, versione che sarà disponibile per la normazione anche in lingua inglese visto l’interesse di altri paesi membri alla normazione di tali profili.

Arriveremo all’ennesima occasione persa come paese, con un paese straniero che porterà per primo in Europa un lavoro made in Italy, bocciato chiari interessi di bottega da chi ancora oggi, nel 2014, non intende riconoscere le competenze e professionalità operanti nel web per diversi motivi: c’è chi deve svuotare i magazzini di certificazioni decotte e che hanno contribuito alla bassa digitalizzazione del paese e chi invece ha l’interesse commerciale a non qualificare il personale, mantenendo il “webbista tuttofare” con compensi da metalmeccanico, ovvero l’operaio digitale del millennio.

Pasquale Popolizio, coordinatore Gruppo Web Skills Profiles, ha affermato: “Il lavoro del Gruppo Web Skills Profiles continua, senza soste; a breve, grazie al contributo di oltre 200 organizzazioni, aziende e professionisti della Rete Internet e del Web, pubblicheremo la seconda release delle specifiche delle competenze dei professionisti del Web con alcune novità. Il mondo del Web evolve molto più rapidamente di quanto si possa immaginare e noi siamo in prima fila per contribuire a dare dei punti di riferimento a tutte le aziende, le associazioni, le organizzazioni ed i professionisti che operano con passione e professionalità nel Web”.

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