AGENDA 2013

Antonio Palmieri: “Basta scrivere norme, ora passare ai fatti”

Il deputato del Pdl e responsabile innovazione del partito: “Serve varare i decreti attuativi mettendo in pratica quanto già stabilito”

Pubblicato il 01 Lug 2013

Federica Meta

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“Il part- time di Francesco Caio? Non è un problema”. Antonio Palmieri, deputato del Pdl e responsabile Innovazione del partito, non punta il dito contro la decisione di mister Agenda digitale di prendere in carico l’attuazione del piano telematico “a metà tempo”.
Onorevole Palmieri, la sua è una voce fuori dal coro. Se c’è una perplessità sulla nomina di Caio riguarda proprio la quantità del suo impegno…
Guardi, io credo che il ruolo di Caio debba essere prima di tutto di stimolo nei confronti delle dirigenze dei ministeri coinvolti nell’attuazione dell’Agenda. Un ruolo di consulenza da parte di un ottimo manager, dotato di grande spessore professionale e autorevolezza internazionale nel campo dell’economia digitale. In questo contesto, il “part-time” può andare bene. Semmai la questione è un’altra e riguarda i rapporti tra Caio e gli altri attori coinvolti nel progetto.
Come l’Agenzia per l’Italia digitale?
Prima di tutto l’Agenzia. In che termini si svilupperanno i rapporti tra Francesco Caio e il suo gruppo di esperti-volontari con Agid, che per legge dovrebbe essere il braccio attuativo dell’Agenda ma che ancora attende di diventare operativa? Se si vuole davvero rilanciare l’innovazione bisogna mettere l’Agenzia nelle condizioni di lavorare a tutto campo, altrimenti è meglio chiuderla. Stesso discorso per il rapporto con i ministeri che, come ho detto prima potranno essere “stimolati” a fare da Caio, ma che dovranno comunque rimanere i detentori delle strategie digitali seppure – finalmente – sotto il cappello di Palazzo Chigi.
Quindi mister Agenda digitale cosa potrebbe fare in concreto?
L’intervento di Caio potrebbe essere di natura infrastrutturale, ad esempio. Forte della sua esperienza, il mangare potrebbe essere stato chiamato per aiutare il premier a essere parte attiva nello scorporo della rete Telecom, di cui Caio è stato un gran suggeritore fin dal 2009, e per superare il digital divide e rispettare il termine del 2014 fissato dal piano di sviluppo della banda larga. Ma è solo un’ipotesi in attesa che venga fatta luce.
Il decreto del Fare ha dato un colpo di acceleratore all’Agenda, non le pare?
La mia prima impressione è che si tratti dell’ennesima riscrittura di norme che già ci sono. Mi riferisco, ad esempio, al Fascicolo sanitario elettronico già normato nel decreto varato dal governo Monti. Per quanto riguarda invece il wi-fi, bisogna ancora capire se il provvedimento abolisce quanto già abolito nel 2010 o se punta ad altro. E soprattutto quanto “rende” in termini di semplificazione. Ecco, tutto questo ancora non è chiaro.
Se dovesse dare un “consiglio” a Letta, cosa gli direbbe?
Che non c’è più tempo di scrivere le regole, bisogna portare a compimento quello che già stato avviato. A cominciare dal varo degli oltre 35 decreti attuativi del Crescita 2.0 che devono regolamenti chiari che non “ammazzino” il provvedimento, perché cattivi decreti rendono cattiva anche la migliore legge. Infine inviterei il governo a varare norme ad hoc sull’e-commerce, che, in tempi di crisi, può essere un volano di crescita per le imprese, soprattutto per le Pmi, nonché un formidabile strumento di internazionalizzazione del business. Altro punto chiave sono le competenze: bisogna educare le nostre aziende ad un uso corretto dell’economia digitale e di Internet per dare loro la possibilità di essere più competitive.

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