IL CONGRESSO CGIL

Camusso: “La cattiva politica blocca la PA digitale”

Il segretario generale della Cgil: “Convenienze di parte impediscono l’innovazione dell’amministrazione”. E sul piano Renzi-Madia: “Non si fanno le riforme sulla pelle dei lavoratori”

Pubblicato il 06 Mag 2014

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Lo sviluppo della PA digitale è frenato da troppo interessi politici che “occupano” i gangli della Pubblica amministrazione. E’ questo il nocciolo dell’intervento che la leader della Cgil, Susanna Camusso, ha fatto in occasione del congresso nazionale del sindacato a Rimini. Riferendosi al piano di riforma della PA, annunciato dal premier Matteo Renzi e dal ministro Marianna Madia, Camusso ha evidenziato che il vero cambiamento sarebbe proprio nell'”invertire la tendenza a considerare chi lavora l’ostacolo invece che contrastare chi complica gli affari semplici”. E portando come esempio il tema della digitalizzazione della macchina pubblica ha chiesto provocatoriamente: “Il problema – ha chiesto – sono i lavoratori o gli interessi che hanno dettato sistemi che non dialogano tra un ufficio e l’altro?”

Per il segretario della Cgil la spending review nella pubblica amministrazione va fatta, ma a partire da una revisione delle “troppe nomine e interessi”. In questo quadro “non si possono scaricare i tagli soltanto a scapito dei lavoratori”.

“La discussione sulla spending review – ha detto Camusso nel suo intervento – va fatta fino in fondo, affrontando l’occupazione politica della pubblica amministrazione, le troppe nomine e interessi, non scaricandole ancora una volta sui lavoratori”.

Tra i pilastri del programma Renzi-Madia ci sono le tecnologie a servizio della PA. A cominnciare dal pin unico per accedere ai servizi pubblici nell’ambito di una iniziativa più ampia sull’dentità digitale. Riflettori anche sugli open data – in particolare verrano aperti i dati del sistema Siope – e interoperabilità delle banche dati. Si punta ad accelerare il processo di dematerializzazione dei documenti amministrativi.

Sul fronte dirigenti e personale, l’esecutivo propone l’introduzione di un ruolo unico dirigenziale, senza più la divisione in prima e seconda fascia. Si stringeranno poi le maglie per la valutazione delle performance dei dirigenti statali, con un tetto agli stipendi massimi di 240mila euro.

Uno dei punti della riforma prevede ancora “la possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine”. La riforma della PA “attuata in modo rigido, comporta la possibilità a zero euro di immissione di diecimila posti di lavoro per i giovani nella pubblica amministrazione”, ha promesso Renzi, “attraverso l’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio”, ovvero la possibilità di restare sul posto di lavoro anche dopo il raggiungimento dell’età pensionabile.

Si apre anche ai prepensionamenti, anche se – come precisato da Madia – ma “ci sono cose che si possono fare prima”, come appunto abrogare il trattenimento in servizio. Per l’efficienza serve “una mobilità che funzioni, sia volontaria che obbligatoria ma con un il mantenimento dei livelli retributivi e salvaguardando la dignità dei lavoratori per quanto riguarda la distanza tra casa e luogo di lavoro”, spiega il ministro. In rampa di lancio anche “la riduzione del 50 per cento dei permessi sindacali”. Sullo sblocco del turn over, attualmente al 20% (un ingresso ogni cinque uscite), Madia punta a “sbloccarlo al massimo, ma in modo strategico con entrate selettive per le amministrazioni che hanno fabbisogni e obiettivi che necessitano nuove entrate”.

Per stimolare la discussione sul progetto di riforma il governo ha inviato una lettera ai dipendenti pubblici dove si elencano i punti chiave. I primi tre giorni- dal 30 aprile al 2 maggio – sono state oltre oltre 3mila le mail “giunte a rivoluzione@governo.it. “Tante proposte e voglia di fare la riforma della PA”, ha commentato Madia su twitter, annunciando che presto presto cominceremo a raccontare le proposte per #riformapa dei cittadini”.

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