LA BUONA SCUOLA

Competenze digitali fra le materie scolastiche, ma da quando?

La riforma prevede che già da settembre gli istituti potrebbero avviare nuovi programmi all’interno dei piani triennali dell’offerta formativa. Ma gli obiettivi posti in campo al Miur sono stati finora tutti mancati. L’analisi di Michele Gorga

Pubblicato il 01 Ago 2016

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La recente riforma della buona scuola, tra le altre novità, ha introdotto la previsione dell’insegnamento di una nuova disciplina scolastica curriculare, quella delle “competenze digitali”. E’ stato previsto che già da settembre prossimo le istituzioni scolastiche avrebbero potuto avviare all’interno dei piani triennali dell’offerta formativa, (POF), ossia all’interno del piano dell’identità culturale e progettuale curricolare ed extracurricolare della scuola, azioni coerenti con le finalità e gli strumenti previsti nel Piano nazionale per la scuola digitale.

In capo al Ministero della Pubblica istruzione le norme hanno posto i compiti organizzativi e dei contenuti curriculari che paiono però, a un mese dall’apertura del nuovo anno scolastico, tutti mancati: sia per quanto attiene l’organizzazione delle infrastrutture tecnologiche che delle dotazioni organiche.

Il governo appena ieri ha predicato nuovamente “il merito” quale obiettivo perseguito nella riforma della PA, di cui il comparto scuola è una fetta importantissima, ma alla propaganda politica corrisponde, però, una realtà sconfortante sotto tutti i profili e da ultimo anche quello delle dotazioni organiche. Secondo i dati del sindacato scuola la percentuale dei docenti bocciati al concorsone si aggira intorno al 50% circa e in alcune regioni solo il 13% dei docenti è stato ammesso alla prova orale. Il paradosso è che tutti i candidati bocciati sono in possesso dell’abilitazione ministeriale sicché o in questi concorsi non si accerta alcunché, oppure lo Stato non sa formare i propri docenti.

Il sospetto è che la correzione sia stata frettolosa tanto che molti candidati che non hanno superato lo scritto, hanno fatto l’accesso agli atti e verificata l’assenza di qualsiasi valutazione. Si stanno organizzando per una valanga di ricorsi che porteranno l’amministrazione a sborsare milioni di euro, proprio quelli che l’amministrazione intendeva risparmiare dato che si è inteso pagare 50 centesimi all’ora i commissari con la conseguenza che un po’ ovunque si è assistito a un abbandono generale delle commissione nelle quali erano stati nominati e dove addirittura si sono dovute rinominare ed integrare commissioni d’esame anche per ben sette volte.

Ma il paradosso dei paradossi è che dinanzi all’ammutinamento dei commissari d’esame il Ministero ha nominato docenti nelle commissioni per materie completamente avulse dal percorso professionale, o come nel caso della professoressa che bocciata come partecipante al concorso nella successiva ricerca spasmodica di commissari last minute, è stata chiamata in commissione come commissario per valutare i concorrenti della stessa disciplina alla quale era stata, come concorrente, appena bocciata. Per non parlare poi dell’approssimazione nella predisposizione degli strumenti tecnologici come dell’associazione del codice alla domande, dove si è scoperto che per interi comparti la non corretta associazione dei dispositivi dei dati, maldestramente armeggiati nelle pennette USB, aveva portato alla bocciatura di innumerevoli docenti meritevoli e alla promozione di altri addirittura non scrutinati. E’ da chiedersi è questa l’ amministrazione che deve diffondere le competenze digitali?

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