Gaslini, parte la sperimentazione del braccialetto anti-sindrome Rett

Alla fase di test i device smart per 50 bambine affette dalla rara patologia: contengono la cartella clinica con dati e storia terapeutica del paziente

Pubblicato il 18 Set 2015

Massimo Canorro

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“La maggior parte delle volte ci troviamo, come genitori, a recarci in ospedale in una situazione di emergenza. Non possiamo pretendere che i medici del pronto soccorso conoscano la sindrome di Rett, nasce da qui l’idea di un braccialetto”. Così a CorCom Lucia Dovigo, presidente dell’associazione italiana Rett che in questi giorni sta promuovendo una campagna sms (fino al 4 ottobre) per aiutare la ricerca di una cura che, al momento, non esiste. Il suo riferimento è al cosiddetto “passaporto clinico”, il progetto pilota voluto e finanziato dalla stessa Airett – “in casi come questi, dove l’emergenza può creare panico, le nuove tecnologie possono fare davvero molto”, riprende Dovigo – per garantire una migliore assistenza, in situazioni di urgenza, alle bambine affette da questa malattia rara neurodegenerativa di origine genetica che in Italia coinvolge circa 1.500 pazienti.

Si tratta di un braccialetto dotato di memoria con all’interno la cartella clinica delle piccole pazienti – questa patologia colpisce quasi esclusivamente le bambine durante i primi anni di vita – insieme ad una serie di informazioni, compresi i contatti degli specialisti di riferimento, utili in particolar modo quando ci si rivolge ad un pronto soccorso. Coordinato dalla neuropsichiatria infantile dell’istituto Gaslini di Genova, il progetto prevede di testare il braccialetto su 50 pazienti di cinque centri di riferimento (oltre al Gaslini, gli ospedali Bambino Gesù di Roma, San Paolo di Milano, policlinico universitario di Messina, Le Scotte di Siena).

“Contiamo di concludere l’intero programma nei prossimi mesi”, spiega Dovigo. Quindi Edvige Veneselli, responsabile della neuropsichiatria infantile e coordinatrice del progetto: “Nella chiavetta abbiamo inserito le cartelle cliniche dei pazienti, con una sintesi dei dati principali, delle terapie in corso e di quelle condotte”. Dunque, qualsiasi situazioni si verifichi, il medico del pronto soccorso non ha bisogno di svolgere ricerche in rete né di chiamare un collega, “ma dispone di un vademecum preparato dai consulenti di Airett e così è più facile decidere cosa fare”, riprende Veneselli. Tutto questo nel pieno rispetto della privacy. I dati infatti sono protetti e, per accedervi, occorre collegarsi ad un server esterno, tramite un codice identificativo conosciuto soltanto dalla famiglia.

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