Italia 2.0, si (ri)parta dal fisco

Basta con gli errori e l’inasprimento dei rapporti fra cittadini e Agenzia delle Entrate. Si trovi un modo per comunicare in maniera chiara e trasparente attraverso strumenti concreti come la Pec

Pubblicato il 03 Mar 2014

Piero Laporta

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Fra le varie questioni programmatiche che Matteo Renzi ha messo sul piatto, colpisce la promessa d’una mail dell’Agenzia delle Entrate per inviarmi la dichiarazione dei redditi già compilata affinché io la firmi e la rispedisca con lo stesso mezzo. Un milione di errori formali affliggono le dichiarazioni dei redditi, causando multe fastidiose, mole spropositata di lavoro burocratico e inasprimento dei rapporti tra cittadino e fisco.

Renzi fa ben sperare perché con una mail sposta il sistema di riferimento della PA da giudice del suddito a collaboratore del cittadino. La stessa dichiarazione inquieta perché sembra ignorare l’intreccio di interessi radicatosi sinora nella prassi: dai patronati ai commercialisti, per non dimenticare i funzionari dell’Agenzia delle Entrate e l’occhiuta Equitalia, la cui ragione sociale poggia sulle multe. Non paiono ostacoli di poco conto.

Non è dato sapere per ora quando il miracolo si manifesterà, ma proprio i tempi ristretti che Renzi s’è dato per le riforme fanno sì che sia giusto che egli abbia dato mostra di ignorare tali interessi, dovendo spazzarli via, come se non abbiano diritto di cittadinanza, come dovrebbe essere.

Per ora non sappiamo se sarà un tornado o un altro superfluo venticello, resta tuttavia la bontà dell’intuizione di fondo: per costruire quella Italia 2.0 è necessario partire dalla PA e fare della IT una risorsa nelle mani del cittadino.

Non va dimenticato tuttavia che un tale risultato esige strumenti concreti, come la Pec, la cui diffusione, nella prospettiva evocata da Renzi, dovrebbe essere capillare e agile. Non è così. Tripwire ne parlò, ma dovrà ritornarci. Comunque, auguri a Renzi.

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