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Lavoro, migliaia di nuovi posti da diffusione dell’Ict

Secondo i responsabili del progetto di assistenza tecnica alle regioni dell’Obiettivo convergenza, coordinato dal Ddi, le tecnologie informatiche possono stimolare la ripresa in tempi rapidi incidendo sull’occupazione. Ma L’Italia soffre per la scarsa qualità delle reti e il limitato uso dei servizi di e-gov. “Bisogna cambiare mentalità”

Pubblicato il 18 Apr 2012

F.Me.

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Una crescita del Pil nazionale di circa 30 miliardi di euro, un raddoppio delle esportazioni per le imprese italiane, la creazione nell’immediato di migliaia di posti di lavoro. Le tecnologie informatiche sono in grado di produrre tutto questo. A scattare la fotografia i dati presentati questa mattina al convegno “Innovazione e crescita digitale, politiche e progetti per la Pmi”, al Grand Hotel Baia Verde di Acicastello. Perché allora l’Italia, e soprattutto la Sicilia insieme ad altre regioni del Mezzogiorno, non conosce uno sviluppo forte su questo fronte?

"Non si tratta di mancanza di infrastrutture o investimenti, perché gli strumenti esistono. È necessario piuttosto incrementare e migliorare i contenuti da digitalizzare e la loro varietà da trasmettere, in concomitanza con un massiccio utilizzo di tutte le piattaforme", ha spiegato Ennio Bertolazzi, responsabile del Progetto operativo di assistenza tecnica alle regioni dell’Obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) “Poat – Società dell’Informazione”, guidato dal Dipartimento per la digitalizzazione della PA e l’innovazione tecnologica.

Cinque le barriere che relegano l’Italia al 27esimo posto in Europa nel settore delle Ict (Information and Communication Technology): l’insufficiente accesso alla banda larga, perché la scarsa qualità delle infrastrutture di Internet non permette di far fronte alla domanda digitale emergente; la scarsa propensione all’e-commerce (vendita e acquisto on line), e dunque poca generazione di economia digitale; la limitata divulgazione di servizi on line della PA, il cosiddetto “e-government” (in Italia l’offerta di servizi è cospicua ma molto poco utilizzata); i limiti nel quadro normativo; la carenza di competenze digitali.

È dunque l’atteggiamento culturale la leva su cui far forza, il superamento di dubbi e avversioni verso le nuove tecnologie, a volte considerate “nemiche” piuttosto che reali e pronte opportunità di crescita, quali realmente sono soprattutto nell’attuale e delicato panorama economico. A confermarlo anche il presidente del Parco scientifico e tecnologico della Sicilia Marco Romano, che questa mattina ha aperto i lavori insieme al presidente di Sviluppo Italia Sicilia Umberto Vattani.

Il Parco è infatti una delle maggiori e qualificate realtà regionali che si pongono come punto di riferimento per le piccole e medie imprese che vogliono e possono crescere puntando su ricerca e innovazione. "Il nostro impegno – ha ricordato Romano – è quello di accompagnare le aziende nella scoperta e nell’impiego di nuove idee di successo, trasferendo loro il know how tecnologico e mettendo a disposizione spazi e servizi. Abbiamo sviluppato concretamente un modello di business collaborativo per l’integrazione delle relazioni di filiera tra ricerca scientifica e mercato globale. Si chiama “Smart4Sicily” dove il quattro indica il numero delle aree che mettiamo in rete: “Tecnologie”, dove si incontrano domanda e offerta di innovazioni; “Competenze”, da valorizzare sul piano tecnico-scientifico; “Location”, per l’attrazione di investimenti sul territorio; infine “Finanza”, vale a dire lo scouting di finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo".

Attraverso un excursus storico sull’informatizzazione della PA negli ultimi decenni, in particolar modo del ministero degli Esteri, l’ambasciatore Vattani ha rimarcato che "l’innovazione non proviene e non deve provenire solo dalle grosse realtà imprenditoriali, ma anche dalle idee e dalle sperimentazioni che nascono nei piccoli ambiti produttivi. La Sicilia, e le altre regioni dell’Obiettivo convergenza, hanno l’intelligenza per innescare questo processo virtuoso e dunque devono fare tesoro del supporto offerto loro dallo Stato e dall’Europa. Per introdurre le trasformazioni bisogna crederci".

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