OSSERVATORIO E-GOV

Pagamenti online, la PA italiana al palo

Secondo l’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano solo il 47% degli enti locali permette di versare tasse e tributi via Web. L’agenda digitale delle banche la chiave per invertire la tendenza

Pubblicato il 19 Giu 2012

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Molti investimenti, pochi risultati. Potrebbe essere riassunta così la Ricerca dell’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano, presentata oggi a Roma oggi a Roma, in occasione del convegno “eGovernment: sono come tu mi vuoi?”, promosso dal Consorzio Cbi e dal Politecnico di Milano. Stando allo studio, a fronte di un investimento totale pari a più di 750 milioni di euro sostenuto negli ultimi 8 anni dalla PA per migliorare la fruibilità dei servizi, solo in alcuni casi sono stati raggiunti gli effetti desiderati, sia in termini di risparmi per gli enti sia di soddisfazione dell’utenza.

Per quanto riguarda la digitalizzazione nella Pubblica Amministrazione, esaminando, ad esempio, il settore dei pagamenti pubblici, appare che solo il 47% degli enti locali italiani permette di pagare tributi e/o tasse tramite i propri portali web e la grande maggioranza dei pagamenti dei cittadini viene ancora effettuato tramite gli uffici postali, molto spesso ancora in contanti. E ciò nonostante la maggioranza dei cittadini è propensa a interagire su vari canali, chiedendo anche che cresca la interoperabilità e comunicazione tra di essi.

In questo contesto l’esperienza sviluppata nell’ambito dell’industria bancaria può essere preziosa per velocizzare i processi di ammodernamento della PA. Da più di 10 anni le banche hanno messo a disposizione i propri servizi online. Oggi più di 850 mila aziende sono connesse attraverso il Corporate Banking Interbancario (Cbi). Negli ultimi 5 anni le banche hanno investito oltre 20 miliardi di euro per la dematerializzazione dei processi, l’introduzione di nuove tecnologie in filiale e la creazione di nuovi canali di relazione con la clientela. L’Agenda Digitale del settore bancario prevede, fra l’altro, iniziative di “educazione digitale” e azioni volte a favorire l’uso delle nuove tecnologie, in cui il settore crede fortemente. L’Agenda Digitale del settore bancario costituisce un piano di iniziative di tipo cooperativo volte a rimuovere i vincoli normativi, comportamentali e tecnologici che costituiscono un freno alla digitalizzazione dei servizi finanziari e rappresenta il contributo dell’industria bancaria al programma di digitalizzazione del Paese.

“L’industria bancaria crede fortemente nel processo di digitalizzazione quale fattore per il rilancio della competitività del tessuto economico italiano e la crescita della società – ha spiegato direttore generale dell’Abi e Presidente del Consorzio Cbi Giovanni Sabatini, chiudendo i lavori del Convegno – L’industria bancaria ha già sviluppato sia a livello associativo che delle singole banche sistemi, ad esempio, per la dematerializzazione e l’efficientamento ed automazione dei processi. Il settore bancario conferma il proprio impegno a sostegno del processo di digitalizzazione del Paese, nella consapevolezza che tutti i cittadini e le imprese ne trarrebbero valore”.

Il Consorzio Cbi ha sviluppato il servizio di Nodo Cbi, attraverso cui sia l’ente e i soggetti che interagiscono con esso (cittadini ed imprese) possono agevolmente accedere a servizi bancari dispositivi ed informativi in modalità integrata. A ciò si aggiungono processi avanzati di scambio documentale, quali la fatturazione elettronica. Ad oggi sono connessi al Nodo Cbi il Ministero dell’Economica e delle Finanze (attraverso il Dipe) per le esigenze derivanti dal Monitoraggio Finanziario delle Grandi Opere Pubbliche, Equitalia per la gestione della tesoreria del Gruppo ed Equitalia Giustizia per il Fondo Unico Di Giustizia (Fug), oltre all’Agenzia del Territorio per i pagamenti da portale da parte degli utenti web dell’Agenzia stessa.

L’Osservatorio ha analizzato in collaborazione con Doxa i benefici attesi dai cittadini dai servizi della PA, intervistando 1.000 italiani sopra i 15 anni sui servizi di pagamento e i certificati anagrafici. Dalla ricerca emerge come – la multicanalità, ossia la possibilità di ricorso a molteplici canali per accedere ai servizi della Pubblica amministrazione, dai siti Web della PA a quelli intermediati come tabaccherie, banche, poste e i rispettivi siti internet, rappresentino un vero e proprio bisogno emergente per i cittadini Un bisogno che si affianca all’efficienza e alla comodità di erogazione del servizio nella valutazione complessiva dell’appetibilità e dell’efficacia dell’offerta di servizi da parte della Pubblica Amministrazione. Ma la multicanalità è importante quanto l’integrazione tra i canali: “L’ideale per il cittadino – afferma Giuliano Noci, responsabile Scientifico dell’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano – sarebbe avere la possibilità di pagare le contravvenzioni alla cassa del supermercato, ricevendo un sms di conferma dell’avvenuta transazione da parte dell’Ente sanzionante e in seguito verificare lo storico dei pagamenti effettuati dal proprio tablet o attraverso il proprio homebanking”.

Il 50,5% dei cittadini intervistati esprime la propensione a interagire su vari canali e la richiesta di una crescente interoperabilità tra questi. Per pagare le tasse, la preferenza viene data alle Poste (50,2%), riconosciuto come canale storico, e alle Banche (47,1%) nel caso ne fosse data la possibilità. Seguono poi gli Uffici della PA (45,8%) e gli esercizi pubblici autorizzati (35,1%) come tabaccherie e farmacie. Il canale Web, rappresentato da siti di Enti pubblici, di altri soggetti che offrono servizi per la PA (Poste, Lottomatica, Aci) e home banking, è scelto dal 21% degli utenti, ma una parte di cittadini sarebbe disposta a effettuare pagamenti verso la PA anche attraverso i Social Network (11,5%) e i siti di eCommerce (6,5%), percepiti come un’opportunità in più. In particolare, le banche (compreso l’home banking) e le tabaccherie sono associate alla praticità e alla comodità, mentre gli uffici della PA sono scelti tanto per i pagamenti quanto per i certificati per il supporto informativo e la garanzia di buon esito, cui si aggiunge, per i siti internet gestiti dalla PA, la possibilità di archiviazione razionale.

La propensione alla multicanalità e all’utilizzo di canali virtuali diventa ancora più significativa per i certificati, per cui il 56,3% degli italiani dimostra di apprezzare la possibilità di far ricorso a canali diversi a seconda delle necessità contingenti e apprezza la comodità del “tutto on-line”. Chi sono gli utenti multicanale? L’indagine fa cadere alcuni miti riguardo al loro profilo socio-demografico. Circa il 60% proviene dal centrosud, il 58,5% ha più di 35 anni (e il 22,2% più di 54). Oltre il 50% proviene da centri sotto i 30.000 abitanti. Rimane tuttavia il divario nella fruibilità e nella qualità dei servizi che gli Enti locali sono oggi in grado di offrire all’utenza del proprio territorio. “Spesso – continua Noci – la causa è semplicemente imputabile alla scarsa lungimiranza che gli amministratori e i dirigenti degli Enti locali a volte dimostrano nei confronti delle iniziative di innovazione e di uno stato dell’arte falsamente considerato soddisfacente. Ecco quindi che diventa importante evidenziare i reali bisogni dell’utenza per stimolare la domanda di servizi e favorire la diffusione e il riuso delle soluzioni innovative”.

Sul versante imprese, censite in collaborazione con Retecamere, emerge un livello di aspettative estremamente elevato e trasversale: oltre l’85% delle imprese ritiene molto importanti tutti i possibili benefici di praticità, dalla possibilità di risparmiare tempo o spostamenti all’assenza di vincoli di orario. Ma anche i benefici connessi alla multicanalità hanno un ruolo importante nei desiderata delle imprese, sia per quanto riguarda i servizi di pagamento che per quelli dello Sportello Unico per le Attività Produttive.

La multicanalità, soprattutto il ricorso a sistemi quali l’home banking per le operazioni di pagamento alla PA, è ormai ampiamente radicata nella maggior parte delle imprese che non si rivolgono a intermediari per l’espletamento dei servizi. Solo il 20%, per lo più quelle di piccolissime dimensioni, tende a utilizzare pressoché esclusivamente i canali fisici, prediligendo tra questi il circuito bancario. Quanto alle preferenze di canale, gli sportelli della PA sono generalmente associati a una garanzia di buon esito, mentre é molto meno spiccata la propensione ai siti e all’eGovernment: solo il 15,6% delle imprese si rivolgerebbe al sito della PA di competenza per operazioni di pagamento, mentre il 25,4% a Lottomatica e Poste Italiane e il 14,3% a Social Network come Facebook. Tra gli altri canali spiccano le banche (48,4%), l’home banking (43,1%) e le Poste (38,4%), mentre gli sportelli della PA raccolgono il 37,6%. Il ricorso agli intermediari è associato al concetto di “risparmio economico”, in quanto consente di far risparmiare tempo e non essere vincolati a orari.

“A mio giudizio questi dati danno spunto per una riflessione – sottolinea Noci – Se oggi la maggior parte delle imprese si dichiara propenso a utilizzare i servizi online della Pubblica amministrazione al pari di quanto lo sarebbe se i servizi fossero resi disponibili su Facebook, appare sensato da parte della Pubblica Amministrazione continuare a investire ciecamente solo nel portare l’interazione con la propria utenza sui propri siti Web?”

Le iniziative di eGovernment condotte fino ad ora sembrano tese per lo più a portare sul Web l’interazione con l’utenza, senza sfruttare appieno le potenzialità offerte dalla tecnologia per un recupero di efficienza nella gestione dei propri processi interni. Il 16% dei Comuni ha attivato sul proprio sito servizi di pagamento, ma di questi solo il 42% dichiara di aver integrato la soluzione sviluppata con i propri sistemi gestionali permettendo perlopiù l’accesso in lettura alle proprie banche dati per rendere visibile al cittadino la propria posizione debitoria.
Quasi il 50% degli enti ha attivato online servizi di sportello unico: solo il 22% di questi ha però la possibilità di gestire l’intero iter delle pratiche tramite l’utilizzo di sistemi informatizzati mentre nella restante parte dei casi i propri operatori si trovano di fronte alla necessità di dover gestire contemporaneamente sia il flusso digitale che quello cartaceo, incorrendo, spesso, in maggiori oneri. Il 23% degli enti ha attivato su Web i servizi di rilascio dei certificati anagrafici, ma in questo caso la quasi totalità ha integrato completamente il servizio con i propri gestionali.

Il servizio più multicanale risulta quello dei pagamenti. Oltre ai canali tradizionali, Poste (58%) e uffici della PA (33%), il 18% degli enti dichiara di dare la possibilità di offrire alcune tipologie di pagamenti attraverso l’home banking, il 16% tramite il sito Web dell’Ente e l’8% tramite esercizi pubblici autorizzati, come tabaccai, farmacie e in alcune realtà anche supermercati. Esistono anche casi di attivazione di pagamenti tramite mobile o totem, anche se ancora rappresentative di poco diffuse sperimentazioni.
L’indagine si è poi concentrata nel verificare il livello di utilizzo dei servizi attraverso i canali offerti dagli enti. In particolare, in merito ai pagamenti, emerge che l’utilizzo del canale Web, quando attivo, viene scelto dal 7% dell’utenza mentre sull’home banking sono mediamente effettuate il 21% delle transazioni, contro il 12% di quelle che passano attraverso gli intermediari autorizzati. Ma, queste percentuali sono alte o basse? Per rispondere a questa domanda è necessario confrontare questi dati con la propensione dell’utenza all’utilizzo di quei canali. Emerge quindi che i sirti Web degli enti pubblici e i tabaccai hanno un grado di penetrazione simile, attestandosi rispettivamente al 33% e al 38%. Molto più rilevante invece la percentuale di utenti che utilizza l’home banking per i pagamenti rispetto a quelli che sarebbero disposti a farlo, ben il
78% dell’utenza.
“Portare sul Web i servizi della Pubblica Amministrazione è importante ma lo è in quanto permette di fornire un servizio di maggiore qualità ai cittadini e in quanto rende possibile un recupero di efficienza per la PA. Smette di esserlo quando una o entrambi questi presupposti vengono a mancare – afferma Michele Benedetti, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano – Le indagini sull’utenza evidenziano come la Pubblica Amministrazione gestisca un terzo dei canali attraverso cui l’utenza sarebbe propensa ad espletare i propri oneri amministrativi. Lo sviluppo dell’eGovernment nel nostro Paese potrà avere un rapido sviluppo quando la Pubblica amministrazione comincerà a concentrarsi per migliorare se stessa, i propri processi interni, dando maggiore libertà all’utenza, e al mercato, di scegliere come con essa meglio comunicare.”

La completa digitalizzazione dei tre servizi comunali (i Pagamenti multicanale, i Certificati anagrafici e l’invio delle pratiche telematiche allo Sportello Unico delle attività produttive) può produrre 2,3 miliardi di euro di risparmio annuo per la pubblica amministrazione. “I benefici generati dell’eGovernment non possono essere ovviamente ridotti ai soli risparmi potenzialmente conseguibili dalla Pubblica amministrazione – conclude Noci – Tuttavia la misura dei ritorni in termini di tempi e costi derivanti dalla digitalizzazione dei servizi dovrebbe diventare uno dei passi imprescindibili per prendere decisioni d’investimento consapevoli e per cominciare a individuare modelli organizzativi ed economici che rendano sostenibile il percorso d’innovazione della Pubblica amministrazione”.

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