SFIDA DIGITALE

Parisi: “Dov’è finita la governance?”

Il presidente di Confindustria digitale: mesi per decidere e sbloccare singoli regolamenti. Eppure la creazione dell’Agenzia digitale avrebbe dovuto mettere fine alle impasse burocratiche. È ora di decidersi: se l’Italia vuole fare l’Agenda digitale serve polso e determinazione

Pubblicato il 30 Set 2013

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«L’Italia può arrivare al Consiglio Europeo del 25 ottobre con le carte in regola. Nell’ultimo anno e mezzo ha compiuto importanti passi avanti. Ha definito un chiaro quadro normativo e i diversi ruoli istituzionali per l’attuazione dell’Agenda Digitale. Ha creato, sulla carta le precondizioni. Ma ora deve individuare i progetti prioritari e presentare una vincolante roadmap per la loro attuazione». Stefano Parisi, Presidente di Confindustria Digitale lancia l’appello all’esecutivo affinché “dia un chiaro e forte messaggio all’opinione pubblica italiana, la digitalizzazione è la chiave per la ripresa economica. Abbiamo bisogno di un progetto di sviluppo di grande respiro, che deve coinvolgere tutti, che cambierà la nostra vita, il solo progetto in grado di superare i mali strutturali della nostra economia. Un grande impegno di tutti che ci consegnerà una pubblica amministrazione più efficiente e meno costosa, nuove straordinarie opportunità di crescita dell’occupazione, una nuova competitività per le nostre aziende, una valorizzazione straordinaria del nostro sistema di welfare pubblico e privato, porterà trasparenza, efficienza e produttività al nostro sistema economico. Il Presidente del Consiglio Letta senza dubbio non vive giornate facili, ma lo sviluppo dell’economia attraverso la digitalizzazione del Paese è un progetto che ha il vantaggio di trovare una grande sintonia tra tutte le forze politiche, non solo della maggioranza.

Presidente, dall’approvazione del Decreto Crescita 2.0 è passato un anno. Qualcosa è cambiato? O siamo al punto di partenza?

È vero che c’è stato molto da fare sul fronte amministrativo per l’avvio dell’Agenzia. Ed è anche vero che l’impasse politica ha avuto il suo peso. Ma per il momento non vediamo ancora azioni in grado di recuperare il forte ritardo che il Paese ha accumulato. Dobbiamo rispettare i target dell’Agenda Digitale Europea fissati per il 2015. Ma non c’è nessun segnale concreto che possano essere rispettati. Come industria italiana dell’Ict abbiamo offerto all’Agenzia e al Governo la nostra piena collaborazione, fornendo progetti, supporto strategico e operativo in una logica pre-competitiva. Sono stati istituiti molti comitati ma nessun progetto esecutivo è partito. Molti progetti sui data center ma nulla che porti ad una trasformazione della PA nel breve. Ora è davvero arrivato il momento di rimboccarsi le maniche. È necessario partire dalle priorità fissate da Caio (identità digitale, fatturazione elettronica, documento digitale unificato, a cui crediamo sia necessario aggiungere il Fascicolo Sanitario Elettronico) e definire i progetti esecutivi per realizzarle. È necessario modernizzare il processo di acquisto di tecnologia da parte della PA, in una logica che superi le gare al massimo ribasso e alla minima qualità, per consentire una più qualificata progettazione e una partnership pubblico privato che motivi gli operatori al risultato.

Il 25 ottobre ci sarà il Consiglio Europeo sull’Agenda Digitale.

Sarà il primo Consiglio Europeo a tema nella storia della Ue, e sarà completamente dedicato all’Agenda digitale. Questa è un’occasione d’oro per il nostro Paese sia per accelerare sulle priorità e sia per metterle in atto, con l’obiettivo di allinearci alla roadmap europea. Il Consiglio affronterà quattro grandi temi: reti e investimenti, servizi digitali, trasformazione digitale della PA e innovazione e start up. Palazzo Chigi e il vice ministro Catricalà hanno coinvolto le associazioni e le imprese interessate per preparare la posizione italiana. È una grande occasione per farci supportare dall’Europa a vincere le resistenze interne al nostro sistema pubblico.

Perché?

Perché palesemente manca ancora un forte messaggio politico in direzione della trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione. Continua ad esserci una incredibile resistenza interna, una logica autoreferenziale che si autoassolve di fronte ad uno statu quo che è lontanissimo dalla qualità e dalle performance che misuriamo in altri ambiti, in altri settori ed in altre pubbliche amministrazioni. Il messaggio di quanto sia determinante la trasformazione del Paese verso l’economia Digitale, si ferma nei convegni, non è arrivato forte e chiaro come dovrebbe, alle orecchie della moltitudine di centri di potere all’interno delle Amministrazioni pubbliche e delle agenzie statali.

Mi faccia un esempio.

Le cito il caso del Regolamento scavi: il suo termine ultimo di emanazione era previsto entro aprile. E’ un provvedimento che dovrebbe facilitare la posa della fibra per le reti di nuova generazione con la moderna tecnologia delle microtrincee. Dovrebbe essere prioritario per un Paese come il nostro che rischia di registrare un ritardo anche su questo fronte, l’unico fino ad ora che ci ha visti in linea con gli obiettivi Europei. Il provvedimento è rimasto impantanato per mesi, non è ancora in Gazzetta ufficiale, bloccato da veti e rigidità di pezzi dell’amministrazione dello Stato che rifiutano di fare i conti con le nuove tecnologie e impongono la loro arrogante e arretrata visione del Paese!

Come si risolve il problema?

Con un estenuante trafila di telefonate, appunti, anticamere, rimpalli burocratici, capi di gabinetto, uffici legislativi, dipartimenti e direzioni. A questo siamo stati costretti, in un momento in cui il Paese dovrebbe prendere l’impegno di eliminare tutti gli ostacoli possibili per velocizzare l’infrastrutturazione del Paese. Se l’approccio continua ad essere questo, se per un singolo semplice regolamento ci si impantana per mesi e mesi, come si farà a mettere in atto i progetti strategici? Dov’è quel potere di governance centrale che ci si aspettava con la creazione dell’Agenzia digitale? Insomma è ora di decidersi: se si vogliono realizzare gli obiettivi dell’Agenda digitale bisogna avere una forte ed autorevole guida. Serve polso e determinazione, altrimenti avremmo perso l’unica vera leva di crescita che oggi abbiamo.

C’è anche un problema di risorse?

No, non è un problema di risorse economiche. Anzi. Gli investimenti nel digitale servono proprio a liberare risorse pubbliche. La nuova spending review deve essere gestionale. Una nuova organizzazione delle amministrazioni indotta dalle tecnologie digitali. Credo che anche il Ministero dell’economia possa guardare con un rinnovato interesse a questo strumento. Superando la logica degli annunci dei tagli alle auto blu, per entrare in una logica di investimenti in Ict da finanziare con i risparmi da questi generati. Oltre a ciò ci sono i fondi europei a cui si può accedere e si tratta di ingenti risorse che non possiamo farci sfuggire.

Ma sarà possibile posare le fondamenta digitali senza infrastrutture di rete adeguate?

Sul fronte infrastrutture tutte le aziende del comparto Tlc hanno annunciato importanti investimenti sia per quanto riguarda le reti mobili, con la tecnologia Lte, sia quelle fisse grazie alla spinta sul Fiber-to-the-cabinet. E rispetto alla media europea l’Italia sta investendo molto di più: la quota degli investimenti sui ricavi è più alta della media Ue. Non possiamo certo affermare che nel nostro Paese non si investe nelle nuove reti e che siamo così indietro rispetto agli altri. Di qui al 2015 l’Italia sarà protagonista di un profondo cambiamento anche grazie agli investimenti delle aziende di Tlc, sempre che le amministrazioni pubbliche non le ostacolino.

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