CAMERE E INNOVAZIONE - 2

Vargiu (Sc): “La burocrazia ingessa il Paese”

Il presidente della commissione Affari sociali alla Camera: “L’innovazione è la vera frontiera della sostenibilità economica italiana. Non è solo Ict, ma rendersi conto dei troppi privilegi intollerabili e recuperare valori come la competizione, il merito, l’investimento nell’individuo e nei suoi talenti”

Pubblicato il 01 Apr 2014

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Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.

Risponde pierpaolo Vargiu, classe 1957, eletto alla Camera nella lista Scelta civica con Monti per L’Italia, iscritto al gruppo di Scelta civica e presidente della commissione Affari sociali.

Onorevole Vargiu, perché ha deciso di aderire a questo intergruppo?

Perché l’innovazione è la vera frontiera della sostenibilità economica italiana. Io provengo dal progetto del governo Monti, e l’innovazione era la sfida con cui ci siamo presentati alle elezioni. Nei due schieramenti di quel momento in Italia c’era un’archeologia del tutto inadeguata perché il nostro Paese potesse reggere la sfida dei mercati globalizzati. Noi abbiamo voluto incarnare lo schieramento dell’innovazione: invece di dividere il mondo in destra e sinistra, come era abitudine fare fino a quel momento, noi volevamo dividerlo in “avanti” e “indietro”. Credo che questa sia ancora oggi la nostra stella polare, e quindi l’innovazione per me è un fisiologico punto di riferimento.

Quali sono le prime sfide con cui vi misurerete?

Io ho una competenza più specifica che riguarda la sanità, dove si sta vivendo un cambiamento di scenario epocale e quasi quotidiano. Per me l’innovazione non è solo Ict, ma significa dire che questo paese oggi ha un’architettura complessiva, tra burocrazia, regolamenti, leggi stratificate contro il cittadino nei decenni, che ingessa il paese. C’è bisogno di una complessiva ventata di modernizzazione e cambiamento. In questi casi quello che si ha viene definito “diritto acquisito”, e quello che hanno gli altri viene definito “privilegio intollerabile”. Ma dobbiamo renderci conto che forse questo paese ha distribuito troppi privilegi intollerabili, e che la sfida dell’innovazione sta anche nel recupero di valori come la competizione, il merito, la capacità, l’investimento nell’individuo e nei suoi talenti, che sono tipici dell’innovazione.

Che tipo di sensibilità ha incontrato in Parlamento su questi temi?

Non so se i tempi siano maturi per i parlamentari, ma lo sono sicuramente per il Paese. Sono tempi obbligatori. Non credo che questo Paese possa permettersi di andare avanti senza l’innovazione al centro della propria agenda.

Quanto la composizione bipartisan dell’integruppo è un valore aggiunto?

Io sono liberale, vengo dalla cultura e dal partito liberale che era il mio partito di gioventù. Sono convinto che ognuno di noi sia portatore di pezzi di verità e che sia importantissimo conoscere i pezzi di verità di cui non si è portatori. E quindi penso che il confronto con culture politiche differenti, uniti dalla piena consapevolezza di quanto la sfida dell’innovazione sia quella che dobbiamo vincere, sia un valore aggiunto sensazionale e da coltivare.

Rispetto alla sua commissione quali potrebbero essere i primi elementi di iniezione digitale?

Non penso che innovazione sia solo Ict e sfida digitale, ma limitandoci a questo campo sarà utile citare qualche dato: il fondo sanitario nazionale ammonta oggi a circa 110 miliardi di euro, secondo Confindustria la sfida digitale potrebbe valere risparmi intorno ai 9 miliardi di euro, e in sanità soltanto l’introduzione del fascicolo sanitario elettronico potrebbe valere 5 miliardi di euro, mentre la ricetta elettronica vale cifre tra i 500 e gli 800 milioni di euro. Mi sembra un orizzonte si straordinaria potenzialità non soltanto nell’ottica dei risparmi, ma anche in quella della riallocazione delle risorse, in un settore che tende a personalizzare la medicina e tende a portarla su supporti che consentano al paziente di fruire di prestazioni sanitarie delocalizzate, quindi un orizzonte di interesse straordinario.

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