Alierta e Patuano: la partita del cerino

Le offerte di Telecom Italia e Telefonica rappresentano un bivio strategico per Vivendi: sguardo a breve o sguardo a lungo? È il dilemma su cui è chiamato a decidere oggi il cda della società francese. Una cosa è chiara: Alierta e Patuano si stanno giocando la partita fondamentale. Alla fine uno dei due resterà col cerino in mano. E non sarà facile spiegarlo ai rispettivi azionisti

Pubblicato il 28 Ago 2014

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A guardare l’offerta con cui Telefonica ha rilanciato il suo bid su Gvt, la prima cosa che ci è venuta in mente è che il presidente di Telefonica Cesar Alierta ha perso la testa. Più che di un rilancio in vista di una trattativa (7.45 miliardi di valorizzazione di Gvt contro i 6,7 offerti in precedenza), la mossa di Alierta ha infatti il tono di un ultimatum fatto apposta per farsi dire di no proprio per la forma in cui viene proposto. E siccome Alierta non è un pazzo, viene quasi da pensare che egli si senta così sicuro di vincere la partita da abbandonare ogni cautela diplomatica.

I soldi cash che Alierta si dice pronto a sborsare sono certamente appetibili. Piatto ricco mi ci ficco, dice la legge del poker e degli affari finanziari (un po’ meno di quelli industriali). Il leader del gruppo spagnolo ha però dato tempo soltanto sino a domani a Vivendi, proprietario al 100% di Gvt, per accettare la sua offerta. Termine prorogabile di tre mesi solo in caso di trattativa esclusiva. Tradotto, solo nel caso in cui venga subito respinta al mittente l’offerta di TI ufficializzata stamattina. La proposta di Alierta di qualche giorno fa lasciava ai francesi uno spazio temporale maggiore: fino al 3 settembre.

È vero che oggi si riunisce il cda di Vivendi proprio per analizzare le offerte parallele di Telecom Italia e Telefonica. E dunque i tempi formali per una decisione rapida ci sarebbero. Ma chiedere un impegno così immediato, togliendo ogni spazio per una valutazione ponderata di un affare complesso con importanti implicazioni di strategia industriale e non solo finanziarie, sembra quasi un modo per farsi dire di no. E godersi la vendetta: quella di avere costretto Telecom Italia (di cui è primo azionista singolo) a svenarsi con un rilancio. A dire il vero, magra consolazione per il Napoleone spagnolo, visto che la campagna d’Italia gli è costata almeno due miliardi senza incassare nulla in Brasile e con una quota in TI praticamente sterilizzata.

C’è da chiedersi, tra l’altro, cosa se ne farebbe Vivendi delle azioni di Telecom Italia che Alierta si dice pronto a girare ai francesi. Una riedizione del conflitto di interessi visto in questi ultimi sette anni? È evidente che sono valutazioni che il cda di Vivendi non può fare in mezza giornata di discussioni.

Dall’altra parte, Vivendi si trova davanti anche l’offerta di Telecom Italia. Certamente meno appetibile sul piano finanziario (visto il minore apporto cash), ma a nostro parere molto meglio strutturata sulle prospettive industriali e prospettiche. Anche se con condizioni onerose per Telecom Italia che parte da una oggettiva situazione di debolezza finanziaria. Ai francesi viene offerta l’integrazione strategica fisso-mobile nell’importante mercato brasiliano, in considerazione di un business dei contenuti (core dell’attività di Vivendi) che sulle reti di tlc e su Internet avrà i canali fondamentali di distribuzione. In più, l’aumento di capitale dedicato (che fa bene anche alle casse di Telecom Italia) porterebbe Vivendi al 20% in TI, diventandone un azionista determinante rappresentato in cda e aprendo ai francesi importanti prospettive anche sul mercato italiano.

Sguardo a breve o sguardo a lungo? È il dilemma su cui è chiamato a decidere oggi il cda di Vivendi. Dall’altro lato è chiara una cosa: Alierta e Patuano si stanno giocando la partita fondamentale. Alla fine uno dei due resterà col cerino in mano. E non sarà facile spiegarlo ai rispettivi azionisti.

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