La questione è importante, ricca di complesse implicazioni ed è giusto puntualizzare bene contesto, ruoli e responsabilità. Cominciamo col dire che su Starlink di Elon Musk Agcom non svolge attività di particolare vigilanza. Certo, per quanto riguarda l’attività di fornitura di connettività agli utenti valgono le regole di qualità del servizio, trasparenza delle offerte, tutela dei consumatori che valgono per ogni altro operatore, ma tutto si ferma qui.
Altre e diverse, rispetto ad Agcom, sono le amministrazioni di riferimento. Sia per quanto riguarda la realtà attuale, sia per le nuove ipotesi di impiego della connettività satellitare di cui si discute.
La questione delle frequenze
Le frequenze destinate ai servizi satellitari sono definite con un apposito piano dal Mimit, così come l’assegnazione delle frequenze stesse e l’autorizzazione all’installazione delle stazioni sono di competenza del Mimit ed anche eventuali problematiche interferenziali con operatori Tlc sono di esclusiva competenza dello stesso ministero. Agcom al massimo può essere coinvolta attraverso la richiesta di pareri.
La legge sullo Spazio
A questo scenario, che già rende bene l’idea delle effettive competenze, va aggiunto l’impatto della legge sullo spazio, approvata dal Governo nel giugno 2024 e collegata alla legge di bilancio. L’articolo 25 della legge prevede che, per garantire il funzionamento di servizi strategici civili e militari in caso di blackout della rete terrestre, il Mimit costituisca una riserva di capacità trasmissiva satellitare nazionale attraverso satelliti in orbita bassa, gestiti esclusivamente da soggetti appartenenti all’Unione europea o all’Alleanza atlantica. La legge italiana anticipa la normativa europea in materia, a cui ovviamente dovrà conformarsi.
Le competenze di Starlink
Senza entrare nel dettaglio delle competenze previste dalla legge che riguardano Governo, Agenzia Spaziale Italiana e istituzioni di sicurezza, come è abbastanza agevole intuire Agcom non ha in tutto questo alcun ruolo. La previsione dell’art 25 è, direi, il cuore della discussione in atto dal momento che Starlink appare per molti, se non l’unico, probabilmente il soggetto più accreditato a fornire oggi questo servizio.
L’aspetto sul quale molti commentatori si soffermano, oltre al rilievo del ruolo politico che Musk è destinato ad assumere nella nuova amministrazione americana, è la constatazione che al momento tra le pochissime realtà in grado di proporsi per una funzione strategica così densa di rilevanti implicazioni non ci sia nessun soggetto a controllo pubblico, nessuno italiano, nessuno che nasca da progetti europei condivisi.
Il progetto Iris2
La Ue ha lanciato due anni fa il progetto Iris2 (portato recentemente da 6 a 11 miliardi di investimento, operativo non prima del 2030) con l’obiettivo di eliminare o almeno ridurre la dipendenza europea da realtà esterne all’Europa come appunto Starlink di Musk o Kuiper di Jeff Bezos. Nel progetto Iris2 sono coinvolte anche aziende italiane e, nel marzo 2024, il governo ha annunciato che il Centro Spaziale del Fucino di Telespazio è stato individuato dalla UE come il luogo che ospiterà il principale dei tre centri di controllo dei satelliti.
Iris2 e Starlink hanno, peraltro, anche approcci progettuali molto diversi. La strategia di Iris2 prevede satelliti su due livelli orbitali differenti per mantenere una connessione costante senza dover ricorrere a migliaia di satelliti. Al contrario di Starlink, che opera solo nell’orbita bassa con oltre 6.000 satelliti per garantire un servizio continuo.
C’è chi tra i commentatori, soprattutto in sede Ue, ha fatto esplicitamente notare che un eventuale accordo dell’Italia con Starlink sarebbe in contraddizione con la partecipazione al progetto Iris2 e, soprattutto, rappresenterebbe un evidente segnale politico di sfiducia verso la volontà europea di affrancarsi dalla dipendenza extra UE.
La Commissione europea, tuttavia, ha recentemente precisato che un eventuale accordo con Starlink è una questione di competenza nazionale e che gli Stati membri dell’Ue possono partecipare a Iris e firmare contratti aggiuntivi a livello nazionale.
La questione geopolitica
Si tratta, con tutta evidenza, di questioni in cui si intrecciano considerazioni geopolitiche, a cominciare dai rapporti dell’Italia con Usa e Ue, strategie industriali e valutazioni di sicurezza che, rispetto ad una autorità di regolazione, chiamano in causa ben altri livelli istituzionali, a cominciare da Governo e Parlamento e, come ricordato dalla presidente Meloni, dal Consiglio Supremo di Difesa.
Le infrastrutture strategiche di connettività
Evito, quindi, di aggiungere a queste necessarie quanto oggettive puntualizzazioni, considerazioni personali di tipo politico. Mi limito soltanto a dire, ripetendo un concetto espresso dalla presidente Meloni, che sarebbe interessante aprire una riflessione sul ruolo del pubblico e del privato nel controllo delle infrastrutture strategiche di connettività. Sarebbe interessante ricostruire come l’Italia ha definito questo aspetto attraverso le scelte di governo degli ultimi trent’anni e perché, in tema di connessione satellitare, un progetto affidabile di matrice europea non sia destinato a diventare realtà se non dopo il 2030.
Così come probabilmente sarebbe opportuno – se non addirittura necessario – domandarsi, in tema di grandi piattaforme e di Ott, perché non ci sia in campo alcun soggetto europeo e se sia sufficiente all’Europa definire il proprio ruolo nello scenario globale essenzialmente, se non esclusivamente, in termini di attività normativa e regolamentare.