IL DIBATTITO

Banda larga come diritto universale: chi paga il conto? Il caso Usa che parla anche all’Ue



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Negli Stati Uniti un gruppo di consumatori ha obiettato che lo Universal Service Fund da 9 miliardi di dollari alimentato con le risorse degli operatori per finanziare la connettività rurale finisce col diventare una tassa sui clienti. Ma per la Corte Suprema il fondo è costituzionale: avanti col modello gestito dalla Fcc. Strand Consult: “Implicazioni rilevanti per l’Europa”

Pubblicato il 30 giu 2025



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Quale modello di finanziamento per la banda larga, in quanto servizio universale, è lecito? Negli Stati Uniti il dibattito si è trasformato in un caso giudiziario: i tribunali hanno dovuto decidere se il modello adottato dalla Fcc (Federal communications Commission) per amministrare il Fondo per il servizio universale (USF, Universal service fund) sia costituzionale. Il fondo, che gestisce quasi 9 miliardi di dollari all’anno, supporta l’implementazione della banda larga, la connettività nelle zone rurali e nelle comunità dei nativi americani, nelle scuole e nelle biblioteche, la connettività sanitaria rurale e il servizio a prezzi calmierati per gli americani a basso reddito. Il fondo è alimentato dai soldi delle telco, ma una serie di società, che comprende il gruppo conservatore Consumers’ Research, un operatore di telecomunicazioni e alcuni consumatori, ha obiettato che la fee è in effetti una tassa (perché le telco ne fanno ricadere i costi sui consumatori) e la Fcc non ha l’autorità per imporre tasse.

Il caso è arrivato alla Corte Suprema, che proprio in questi giorni si è pronunciata (con la sentenza Federal Communications Commission v. Consumers’ Research n. 24‐354), decretando la legalità del programma. La Corte (con 6 voti favorevoli e 3 contrari) ha respinto le argomentazioni secondo cui il programma viola la dottrina della non delega (che riguarda i limiti con cui il Congress può conferire poteri alle agenzie governative come la Fcc) e impone impropriamente una tassa sui consumatori.

Fondi per la banda larga: il caso Usa

Il Telecommunications Act approvato dal Congresso nel 1996 ha autorizzato la Fcc a gestire un “Fondo di servizio universale”, alimentato con contributi regolari da parte delle società di telecomunicazioni.

Il giudice liberale Elena Kagan, autrice della sentenza, ha scritto che il Congresso ha fornito ampie indicazioni e vincoli sul funzionamento del fondo da parte della Fcc.

“Sosteniamo che non si sia verificato alcun trasferimento di autorità inammissibile”, ha scritto Kagan.

La legge espone sei principi per guidare il funzionamento del fondo, tra cui che “servizi di qualità dovrebbero essere disponibili a tariffe giuste, ragionevoli e convenienti”, che “l’accesso ai servizi avanzati di telecomunicazione e informazione dovrebbe essere fornito in tutte le regioni della nazione” e richiede che siano in atto meccanismi “sufficienti” per “preservare e far progredire il servizio universale”.

USTelecom, che rappresenta AT&T, Verizon, T-Mobile e altri operatori, ha definito la sentenza “una grande vittoria per i milioni di americani che dipendono da una banda larga accessibile e affidabile, specialmente nelle comunità rurali”.

Il commento di Strand Consult

“La recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti Federal Communications Commission v. Consumers’ Research (n. 24‐354) del 27 giugno 2025, segna un’importante pietra miliare per quel che riguarda il recupero dei costi della banda larga“, è il commento di Strand Consult affidato a un nota che riassume il caso e le sue ricadute per il resto del mondo. “La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che lo Universal Service Fund è costituzionale. La Corte ha ritenuto che la delega di autorità del Congresso soddisfi lo standard del principio intelligibile e che le fee sono normative, non tasse, preservando così i finanziamenti per i servizi essenziali”.

La decisione conferma la stabilità e la continuità di un programma da 9 miliardi di dollari all’anno che finanzia la banda larga, le telecomunicazioni rurali, le scuole, le biblioteche, l’assistenza sanitaria e il servizio per gli americani a basso reddito.

La sentenza fornisce anche certezza normativa sull’autorità della Fcc di gestire il fondo in futuro.

Il caso si colloca, inoltre, in contrasto con quanto accaduto sulle regole della “neutralità della rete” o “internet aperto”. All’inizio di quest’anno, infatti, un tribunale inferiore ha stabilito che il Congresso non ha mai delegato alla Fcc il compito di imporre tali regole sulla banda larga.

La Corte Suprema ha anche rilevato che il Congresso ha dato alla Fcc chiare istruzioni per gestire il fondo in modo responsabile per promuovere il “servizio universale”, il che implica il bilanciamento di costi e benefici. Mentre i giudici contrari hanno espresso preoccupazione per gli aumenti incontrollati dei costi, la maggioranza ha affermato che, poiché la Fcc deve operare sotto mandati statutari ed è soggetta a revisione giudiziaria, ha incentivi e strumenti sufficienti per prevenire costi eccessivi.

Le big tech devono contribuire al fondo per la banda larga?

Molti hanno osservato che il meccanismo di finanziamento dello USF può gravare sui consumatori, in particolare su quelli a basso reddito, perché se le telco devono alimentare il fondo finiscono con il finanziarsi aumentando i prezzi. Tuttavia, il tribunale afferma che la Fcc ha il potere di adeguare le tasse e i servizi in modo che siano più equi.

Quello che però potrebbe essere implico nella sentenza della Corte Suprema è che anche le Big tech dovrebbero contribuire al fondo, come già sostenuto dal presidente della Fcc in un articolo su Newsweek nel 2021. Carr ha citato i dati di Strand Consult secondo cui la maggior parte del traffico Internet degli Stati Uniti e dei costi associati della rete a banda larga proviene da una manciata di aziende. Strand Consult ha calcolato che per ogni famiglia connessa allo Universal Service Fund nel 2024, le 8 maggiori società Internet godono di circa 2500 dollari all’anno di entrate.

Non tutte le nazioni hanno lo stesso impianto legale degli Stati Uniti. L’Unione europea, per esempio, non ha la capacità paneuropea di raccogliere entrate. Tuttavia, il caso secondo Strand Consult, resta rilevante.

Gli impatti per le politiche dell’UE

La sentenza suggerisce che le tasse e le valutazioni, se fondate sulla legislazione e su un’adeguata supervisione, possono resistere a un controllo legale. Questa è una conclusione importante per le democrazie che bilanciano delega e autonomia.

La sentenza mostra anche che le nazioni e le autorità di regolamentazione possono impegnarsi con entità private per amministrare il calcolo, la raccolta e la distribuzione dei fondi per il servizio universale, a condizione che la delega e la supervisione siano appropriate.

Non tutte le nazioni possono e devono scegliere un modello USF per recuperare il costo della rete a banda larga. Tuttavia, la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti afferma che esistono tali problemi di carenze di rete a banda larga e che la politica per affrontarli è legale e consolidata. Inoltre, la decisione suggerisce che i responsabili politici possono aggiornare gli standard per il servizio universale e le parti interessate che sono obbligate a partecipare.

La sentenza della Corte Suprema

Un’altra questione nel caso riguardava il trasferimento dell’autorità da parte della Fcc alla Universal Service Administrative Company, la società privata che amministra il fondo, implicando un concetto chiamato dottrina della non delega privata. La Fcc ha nominato la società per aiutare a determinare gli importi dei contributi, riscuotere i pagamenti dalle aziende delle telecomunicazioni e erogare i finanziamenti ai beneficiari.

La Corte ha respinto entrambe le argomentazioni di non delega, quella che coinvolge il trasferimento del potere del Congresso alla FCC, nonché il trasferimento dell’autorità dell’agenzia alla società privata.

“Nulla in quegli accordi, separatamente o insieme, viola la Costituzione”, ha scritto Kagan.

Il commissario democratico della Fcc Anna Gomez ha accolto con soddisfazione la sentenza e ha detto che solo il Congresso può riformare il programma in modo duraturo.

“Mentre restiamo convinti della necessità di riformare il programma per garantirne la sostenibilità a lungo termine, smantellarlo completamente – tagliare milioni di persone dall’accesso essenziale a banda larga e mettere a repentaglio la stabilità economica dei fornitori rurali – non è mai stato l’approccio giusto”, ha dichiarato Gomez.

Il programma Fcc l’anno scorso ha fornito benefici a 7,5 milioni di famiglie a basso reddito e ha dato alle società di telecomunicazioni 4,2 miliardi di dollari per fornire un servizio Internet ad alta velocità nelle aree rurali difficili da servire. Ha anche dato a 118.000 scuole e biblioteche 7 miliardi di dollari in tre anni per il servizio Internet per 54 milioni di studenti.

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