TELECOM ITALIA

Bernabè ai politici: “Bisognava pensarci prima”

Il presidente esecutivo di TI: “Ho saputo dell’accordo Telefonica-Telco dai comunicati”. E va all’attacco: “Se il sistema Italia fosse stato preoccupato del futuro dell’azienda sarebbe stato possibile un intervento più strutturale”. Sul rischio downgrade elenca due opzioni: “O la vendita di Tim Brasil o l’aumento di capitale. Ma la prima non avrebbe effetti positivi”

Pubblicato il 25 Set 2013

Federica Meta

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Il vertice di Telecom Italia ha avuto conoscenza della modifica degli accordi parasociali tra gli azionisti di Telco dai comunicati stampa. Lo chiarisce il presidente esecutivo Franco Bernabè in audizione al Senato che ha acceso i riflettori sul rischio downgrade della compagnia. Il manager ha quindi spiegato che per evitare il rischio downgrade ci sono due opzioni: un aumento di capitale o la dismissione delle attività in America Latina. “Per arrivare a scelte differenti avremmo dovuto tutti quanti pensarci prima – ha voluto sottolineare il manager – Se il sistema Italia fosse stato davvero così preoccupato del futuro di Telecom Italia come lo è stato in questi ultimi due giorni forse sarebbe stato possibile un intervento più strutturale”.

Tornando alle due opzioni, Bernabè ha spiegato che mentre la prima – aumento di capitale -”ridarebbe solidità”, la seconda non avrebbe effetti positivi. ”Si tratta di una operazione (la cessione degli asset brasiliani ndr) – ha spiegato il presidente – che ridefinisce in modo radicale la strategia del Gruppo, portando Telecom Italia a diventare un operatore di dimensione esclusivamente nazionale”. Si tratta di una scelta che va però valutata alla luce del fatto che il mercato italiano negli ultimi anni ha subito ”un elevato livello di erosione dei ricavi e dei margini”; inoltre ”una vendita ‘forzata’ e ‘accelerata’ potrebbe non consentire al gruppo di massimizzarne il valore”. Insomma, ha concluso, ”questa opzione determinerebbe un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita, e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio di downgrade”.

L’aumento di capitale dovrebbe essere “aperto a soci attuali o nuovi, nella prospettiva delle potenzialità di sviluppo dei mercati in cui opera il gruppo e del valore che può essere creato dal progetto di societarizzazione. In questo caso, il percorso di separazione della rete di accesso, che rappresenta un elemento fondamentale del piano industriale, potrà essere realizzato in un orizzonte temporale più adeguato alla complessità degli aspetti regolatori”. Inoltre, ha proseguito, “quest’ultima operazione consentirebbe di ridare solidità finanziaria al gruppo, valorizzando al meglio le potenzialità dei nuovi investimenti e contribuendo al rilancio dell’economia nazionale in termine di occupazione, innovazione e presenza internazionale”. Un eventuale aumento di capitale per Telecom Italia ”richiede condizioni di mercato e ritengo ci siano, perché è un momento di straordinaria liquidità, ci sono tanti investitori pronti a investire”

Per prendere qualunque decisione di grande rilievo però ”ci vuole un totale allineamento tra il management, il Cda e la struttura degli azionisti: questa struttura pero’ è resa complicata dalla presenza di Telco, che ha una minoranza di blocco in assemblea”. Per queste decisioni, infatti, ”serve una maggioranza dei due terzi e poiché in genere all’assemblea si presenta il 50% del capitale, ecco che le quote in possesso di Telco determinano una maggioranza di blocco rilevante, quindi se una proposta non è condivisa da Telco non passa”

Sullo scorporo della rete il manager ha puntualizzato che “è anche finalizzato ad acquisire le nuove risorse richieste da questa ambiziosa sfida sugli investimenti”. “Telecom Italia conferma il proprio impegno a procedere nel confronto con l’Autorità e con la Cassa depositi e prestiti – ha assicurato – ma l’esito finale dell’operazione non è scontato e, in ogni caso richiede tempi molto lunghi”.

“Al fine di accelerare il piano di investimenti e migliorare l’assetto patrimoniale del gruppo, il consiglio di amministrazione di Telecom Italia del 30 maggio scorso – ha ricordato Bernabè – ha approvato il progetto di separazione volontaria della rete di accesso e di adozione di un modello di ‘Equivalence of Input’ sui servizi in rame e fibra”. Un progetto, “come previsto dalla pertinente normativa europea e nazionale, è stato tempestivamente comunicato all’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, avviando un confronto tecnico per chiarire, nei tempi più rapidi, i diversi profili dell’operazione e la portata delle conseguenti modifiche del quadro regolamentare che, in linea con la indicazioni formulate dalla Raccomandazione ‘Kroes’, dovrebbero assicurare maggiori risorse da destinare agli investimenti e maggiori certezze in merito ai ritorni sul capitale investito nelle reti in fibra”.

Il progetto di scorporo “è anche finalizzato ad acquisire le nuove risorse richieste da questa ambiziosa sfida sugli investimenti, sia attraverso la stabilità e prevedibilità dei ricavi sui servizi all’ingrosso in rame e fibra, sia attraverso eventuali apporti di capitale da parte di investitori istituzionali, quali la Cassa Depositi e Prestiti”. Però “tali condizioni non si sono ancora purtroppo realizzate, in quanto rimangono da superare le criticità legate alla mancanza di certezza in merito al nuovo quadro degli obblighi regolamentari post-separazione; alla complessità di determinazione del valore degli asset della rete di accesso da conferire alla nuova società”. Telecom sottolinea dunque il suo impegno a procedere in questo progetto, ma i tempi sono lunghi.

Complessivamente, secondo Bernabè, “per arrivare a scelte differenti avremmo dovuto tutti pensarci prima, se il sistema Italia fosse stato così preoccupato come negli ultimi due giorni forse si sarebbe arrivati a un intervento più strutturale”. “Se si parla di sistema sarebbe stato necessario un consenso più unanime e organico sugli obiettivi di Telecom”, ha aggiunto.

Telecom è comunque un’azienda sana che “sta facendo gli investimenti necessari e non avrebbe bisogno di moltissimo per essere un elemento propulsivo del paese”, ha spiegato il presidente. Che infine ha invitato a esaminare il tema: ”Telecom Italia nella sua complessità: non si può vederlo in termini ostativi o con minacce tipo ‘nazionalizzeremo la rete’, va trovata una soluzione condivisa”.

Infine il manager ha chiarito i rapporti con Telefonica. “In questi anni, il rapporto tra Telefonica e Telecom Italia, due grandi società con solida reputazione internazionale, è stato leale e produttivo, nonostante la sovrapposizione nei mercati dell’America Latina che ha generato oggettive complessità di governance”.

“Le due società hanno, peraltro, problematiche per molti versi comuni, legate alla necessità di ridurre un debito molto elevato e sostenere ingenti investimenti, con un mercato domestico in contrazione; problematiche che dovranno essere affrontate nel nuovo assetto azionario, con enorme attenzione e impegno da parte di tutti per il successo di una sfida che appare sicuramente molto ambiziosa”, ha concluso.

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