LA POLEMICA

Canone frequenze, è bagarre in Parlamento sulla proposta Agcom

Michele Meta (Pd): “L’Authority riferisca con urgenza alla Camera”. Roberto Fico (M5s): “Norma da bloccare. In sette anni si perderebbero circa 130 milioni”

Pubblicato il 25 Set 2014

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I riflettori del Parlamento puntati sulla proposta Agcom per la riforma del canone per le frequenze televisive. A intervenire sul tema sono i presidenti delle due Commissioni parlamentari competenti, Michele Meta (Pd), che è a capo di quella su trasporti e telecomunicazioni della Camera dei deputati, e Roberto Fico (M5S), che presidente della commissione bicamerale di vigilanza sulla Rai. E se il primo chiede all’Authority di riferire con urgenza in Aula “sui criteri contenuti nella sua proposta”, il secondo è lapidario: “La riforma del canone per le frequenze televisive, così come si starebbe delineando – afferma – va assolutamente bloccata”.

Meta annuncia tra l’altro di aver appena convocato i vertici di Agcom per un’audizione che dovrà tenersi in tempi molto rapidi: “Come già evidenziato da diverse forze politiche – afferma – la tempistica della ridefinizione dei criteri di calcolo, da parte dell’Agcom, pone qualche perplessità. Ma oltre al problema di metodo, ce n’è anche uno di merito: se la proposta in discussione venisse adottata, infatti, si smetterebbe di pagare in base al fatturato e si toglierebbe all’erario una cifra considerevole, quantificabile in almeno 40 milioni di euro, che in un momento di crisi economica e di spending review rischia di apparire un regalo ingiustificato ai principali attori sul mercato. Si rischia di ottenere il risultato contrario rispetto a quanto richiesto dall’Europa – conclude Meta – anziché far rispettare le pari opportunità tra i vari operatori economici, si creerebbe un vantaggio considerevole per i grandi, a danno dei piccoli. E l’Agcom, che e’ un’autorita’ di garanzia, ha il dovere di dare spiegazioni al Parlamento“.

Secondo Roberto FicoLa proposta dell’Agcom andrebbe da un lato a ridurre di gran lunga le entrate per lo Stato e dall’altro a concedere uno sconto consistente ai maggiori operatori del mercato televisivo, come Rai e Mediaset. Con il nuovo modello – prosegue – nel 2014, lo Stato andrebbe a raccogliere quasi 40 milioni di euro in meno rispetto al 2013. In sette anni si perderebbero circa 130 milioni. Nello stesso periodo, invece, la Rai potrebbe risparmiare più di 100 milioni e Mediaset almeno 80. Questo perché le emittenti non verserebbero più l’1% del fatturato come previsto attualmente, ma sarebbero le società controllate che gestiscono gli impianti di trasmissione (Rai Way per Rai ed Elettronica industriale per Mediaset, per esempio) a pagare un canone di meno di 10 milioni”.

“Nel consiglio dell’Agcom – attacca Fico – c’è Antonio Martusciello (ex sottosegretario del governo Berlusconi ed ex dirigente Publitalia) che sarebbe favorevole alla riforma, come anche Antonio Preto (ex collaboratore di Tajani e Brunetta) e Francesco Posteraro (eletto in quota Udc). Contrari il Presidente Cardani e il commissario Antonio Nicita. Il risultato del nuovo meccanismo? Se prima a pagare di più erano le emittenti più ricche – conclude Fico – adesso saranno le società piccole a dover versare di più. Con potenziali gravi conseguenze per l’accesso di altri operatori nel mercato. Ritengo sia inaccettabile”.

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