Decreto fibra, finalmente una svolta vera

Apparentemente è una norma che interessa soprattutto aziende di installazione e tecnici comunali. In realtà, è un forte cambiamento rispetto al passato. Un atto di delegificazione e semplificazione che aiuterà l’innovazione e accelererà gli investimenti

Pubblicato il 19 Feb 2016

Gildo Campesato

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Il “decreto fibra” approvato dal Consiglio dei ministri nella tarda nottata di mercoledì 11 febbraio in applicazione della direttiva europea 61/2014 può finalmente rappresentare una svolta nella vicenda della banda larga in Italia.

Apparentemente è una norma che interessa soprattutto aziende di installazione e tecnici comunali che devono concedere i permessi di scavo. In realtà, è un forte cambiamento rispetto al passato. “Meno burocrazia, meno costi, più sinergie” valorizzando le infrastrutture non tlc dove può essere posata la fibra ottica per Internet. Così ne ha sintetizzato il senso il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli che l’ha fortemente voluto.

Un decreto di buon senso perché rompe finalmente lacci e lacciuoli amministrativi e burocratici che per anni hanno rallentato la posa della fibra. Riconoscendo non più alla normativa ma a un ente tecnico terzo come l’Uni l’autorizzazione all’uso delle tecnologie di scavo. Un atto di delegificazione e semplificazione che aiuterà l’innovazione e accelererà gli investimenti.

Il decreto, poi, stoppa certe pretese dei Comuni che vedono la posa della fibra non come una opportunità per i territori, ma come una vacca da mungere con prelievi di imposta ingiustificati.

Non sorprende che la norma non sia piaciuto a tutti e che ci sia un lavorio nemmeno tanto sotterraneo per depotenziarlo. Poteva succedere. Invece, il Governo ha tenuto duro e il testo uscirà in Gazzetta Ufficiale senza cambiamenti. Il contrario avrebbe significato aumentare i costi di posa, frenare gli investimenti, rallentare l’introduzione di tecniche di scavo meno intrusive e più rapide. Proprio mentre la banda larga è una priorità fondamentale nella politica Ue e del governo. E lo è, soprattutto, per la competitività e la crescita dell’Italia.

Sarebbe stato, inoltre, un segnale opposto al recente, fondamentale accordo governo-Regioni sull’utilizzo dei fondi Ue e Cipe per il completamente dell’infrastruttura broadband nelle aree a fallimento di mercato in tutto il Paese.

Per una volta l’Italia ha dimostrato di fare squadra superando localismi e particolarismi. Essere sistema Paese significa anche essere coerenti. Anche quando dovesse uscire il “decreto scavi” di cui per ora si sono perse le tracce: l’importante è che non si torni indietro.

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