Delrio: “Digitale strategico per la crescita”

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: “Il governo vede nell’Agenda digitale un elemento per far ripartire il Paese. Il Digital Venice appuntamento importante: l’Italia giocherà un ruolo da protagonista”

Pubblicato il 12 Mag 2014

Antonello Salerno

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Il Governo italiano darà il via al proprio semestre di presidenza del Consiglio europeo con Digital Venice, una due giorni organizzata in collaborazione con la Commissione europea per fare il punto e dare una nuova spinta all’agenda digitale europea. Ad aver preso in mano la situazione dopo la staffetta a Palazzo Chigi tra Enrico Letta e Matteo Renzi è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, che ha sciolto gli ultimi nodi dando il via libera all’evento.

Sottosegretario Delrio, il Governo ha mostrato determinazione nel mantenere l’appuntamento di Digital Venice. Qual è per l’Italia l’importanza di questo evento?

Il Governo vede nell’Agenda digitale un elemento strategico per far ripartire la crescita nel Paese. Il Digital Venice sarà un appuntamento importante perché ci darà modo di riunire attorno a un tavolo i governi europei, per rilanciare l’importanza del tema, anche alla luce delle decisioni del Consiglio europeo dell’ottobre 2013 in cui i 28 Paesi dell’Ue hanno ribadito la necessità di nuovi investimenti in infrastrutture digitali e di accelerare la diffusione di nuove tecnologie e servizi.

Sarà il primo evento in Italia del semestre di turno italiano di presidenza Ue. Partire dall’economia digitale significa che il tema è fra le priorità del Governo?

Sì, assolutamente. Uno degli obiettivi che ci siamo posti è quello di sfruttare appieno il processo di digitalizzazione per rilanciare competitività e crescita. L’economia digitale è una grande opportunità per la creazione di nuovi posti di lavoro, in particolare per i giovani, una delle categorie che in questo momento ne hanno più bisogno.

L’Italia è in ritardo, riusciremo a rispettare gli impegni di Europa2020?

È il nostro obiettivo. Lo sviluppo di una infrastruttura adeguata è un prerequisito essenziale. L’impegno della Ue di dare entro il 2020 a tutti i cittadini la possibilità di accedere a internet ad almeno 30 Mbps è una sfida impegnativa ma assolutamente da vincere. Le opportunità di crescita e progresso legate alla rete non sono solo economiche, ma anche sociali, e proprio per questo non possiamo permetterci di restare al palo in questo settore. Certo il problema non è solo tecnologico, ma anche culturale: in Italia il 93% dei cittadini ha almeno un cellulare, ma solo il 31,5% di chi ha accesso a internet effettua acquisti online e appena il 14% utilizza i servizi messi a disposizione dalla PA: soprattutto quest’ultimo dato è il segno di una ritrosia che dobbiamo vincere, trasmettendo l’idea che i servizi in rete siano sicuri e affidabili come quelli allo sportello.

Il presidente Renzi spinge sulle nuove tecnologie nella PA come fattore di innovazione, di contenimento delle spese e di miglioramento della qualità dei servizi. Quali saranno le iniziative più importanti?

Dobbiamo accelerare l’implementazione dell’Agenda per l’Italia digitale. Inoltre, per il semestre di presidenza della Ue abbiamo elaborato una strategia che si svilupperà su quattro aree di intervento: creazione di un mercato unico delle comunicazioni elettroniche e dei servizi di rete; miglioramento delle infrastrutture digitali; ruolo della PA nella creazione di servizi digitali innovativi; promozione di progetti di lungo termine: cloud computing, memoria virtuale e open data.

Come pensa di incentivare la diffusione delle competenze digitali nella PA?

Una delle necessità primarie del Paese, nonché uno dei punti inseriti nei programmi del governo in tema di spending review e contenimento dei costi è quello di aumentare l’efficienza della PA attraverso il suo ammodernamento. Ma abbiamo anche un obiettivo più ambizioso, quello di ridefinire l’architettura di governance del settore digitale. Per questa ragione dobbiamo dare una spinta a progetti prioritari come la creazione dell’anagrafe digitale nazionale, facendo in modo che i sistemi delle varie amministrazioni pubbliche possano dialogare tra loro e investendo per dare a tutti i cittadini la propria “identità digitale”. Anche sul fronte dei rapporti tra PA e imprese stiamo lavorando per rendere possibile quanto già abbiamo previsto per legge, cioè che la fatturazione avvenga esclusivamente in modalità elettronica. Questo è anche il modo più semplice e sicuro per smaltire gli arretrati ed evitare nuovi ritardi nei pagamenti a chi fornisce alle amministrazioni beni e servizi.

Digitalizzare e mantenere la carta significherebbe complicare la burocrazia. I tempi sono maturi per lo switch-off?

Lo switch-off dovrà arrivare poiché è un obiettivo strategico, anche in un’ottica di contenimento dei costi e di velocizzazione delle procedure. Il rischio che si digitalizzino le carte ma poi, per meri motivi burocratici o di prassi, si finisca per continuare a operare con vecchi schemi esiste, ma anche su questo un grande lavoro è già stato fatto negli ultimi anni dal ministero per la Pubblica Amministrazione. Non dobbiamo pensare che la PA sia una struttura impermeabile al cambiamento e incapace di innovare, anzi, nella nostra idea può essere e sarà un traino per il Paese.

Le tecnologie digitali consentono di risparmiare nel tempo, ma richiedono investimenti nel breve. Ci saranno le risorse per sostenerli?

È assolutamente così. Secondo una stima recente del ministero dello Sviluppo Economico, in Italia portare a tutte le famiglie l’accesso a 30 Mbps richiederà investimenti per circa 4 miliardi di euro, una cifra certamente considerevole se a farsene carico dovesse essere solo il bilancio statale, ma per fortuna non è uno sforzo che dovremo fare da soli: operatori privati del settore tlc (che ogni anno genera in Italia più di 44 miliardi di euro di Pil), Regioni e la stessa Ue, con i fondi Fesr e Feasr, sono coinvolti a pieno titolo. Fra l’altro, le stime sulla spending quantificano in 3,6 miliardi i risparmi realizzabili con una piena digitalizzazione della PA, quindi credo che possiamo davvero essere ottimisti.

Come sarà possibile evitare gli errori del passato sulla gestione dei fondi Ue?

Il problema della gestione dei fondi non riguarda solo l’ambito della digitalizzazione ma è complessivo e lo stiamo affrontando proprio in questi giorni, con la definizione dell’accordo di partenariato 2014-2020, in maniera organica. L’obiettivo ambizioso che ci siamo posti è che l’Italia non perda più un euro dei fondi Ue. I passi da compiere per raggiungerlo sono diversi, primo fra tutti la costituzione dell’Agenzia per la coesione, che sarà messa al servizio delle Regioni e al contempo avrà un ruolo di coordinamento per garantire la piena attuazione dei piani operativi.

Molti addetti ai lavori invocano una “cabina di regia” per gli enti locali e le amministrazioni dello Stato. Che risposta si può dare a questa richiesta?

Per la digitalizzazione la cabina di regia esiste già. Ciò che dobbiamo fare è assicurarci che le scelte che vengono fatte abbiano poi una applicazione pratica.

Quanto è stato e sarà utile il lavoro svolto dalla task force di Francesco Caio?

I tre assi indicati da Caio sono gli stessi che il governo ha ritenuto di dover implementare in via prioritaria: anagrafe dei residenti, fatturazione elettronica, identità digitale. Il lavoro che è stato fatto fin qui è certamente utile e sta a noi adesso portarlo a compimento.

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