SECURITY

Fbi spia anche il Web, Obama nella bufera

Il caso “datagate” rischia di gettare ombre anche sul summit fra il presidente degli Usa con il presidente cinese Xi Jinping. Dalle nuove rivelazioni emerge che Nsa e Fbi controllano non solo dati telefonici, ma attingono anche informazioni dai server delle big company tra cui Microsoft, Yahoo, Google e Facebook. La difesa delle aziende: “Ci atteniamo alla legge”

Pubblicato il 07 Giu 2013

Federica Meta

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L’amministrazione Obama spia non solo i cellulari ma anche la Rete: si allarga lo scandalo attorno all’operato della National security agency (Nsa) e l’Fbi. Dopo lo scoop del Guardian sulle utenze Verizon intercettate, il Washington Post rivela che il governo ha accesso anche ai server dei giganti della web attraverso il programma Prism.

Secondo la “gola profonda” che ha passato le informazioni al WP, tramite Prism “possono letteralmente vederti mentre scrivi”. La fonte ha spiegato al giornale cosa l’ha spinta a denunciare quella che a suo avviso, è stata una “enorme” invasione della privacy. L’identità della fonte è ovviamente top secret, né il quotidiano che per decenni ha protetto l’anonimato di William Mark Felt, la Deep Throat di Bob Woodward e Carl Bernstein per lo scandalo Watergate, ha alcuna intenzione di metterla in piazza.

Si tratta dell’ennesima rivelazione al termine di una delle giornate più difficili per l’inquilino della Casa Bianca, attaccato su tutti i fronti, paragonato perfino a George W. Bush. Tanto che su Twitter c’è chi, approfittando della coincidenza con l’anniversario dello sbarco in Normandia, parla di Dday per la difesa del diritto di privacy.

In serata una fonte anonima dell’amministrazione Usa cerca di placare la bufera: il programma Prism con cui l’Fbi ha accesso alle maggiori aziende di internet – spiega la fonte – autorizza a controllare solo cittadini non americani o che vivono fuori dagli Stati Uniti. “Si tratta – si sottolinea – della più importante mole di dati d’intelligence di sempre, usata per proteggere la Nazione da molteplici minacce”. Lo stesso direttore della Nsa James Clapper sostiene che i reportage del Guardian e del Washington Post “sono pieni di errori”.

Parole dure che però non fermano lo sdegno di fronte alla notizia che l’Fbi ha accesso diretto ai server di aziende come Microsoft, Google, Facebook, Skype e Apple, e Yahoo! e che può estrarre foto, video e contatti attorno alla vita di milioni di persone. Insomma, uno scandalo di una gravità enorme. Tanto che perfino il New York Times, ancora prima delle notizie sul programma Prism, attacca duramente il presidente americano Barack Obama: “L’amministrazione ha perso credibilità – afferma il quotidiano tradizionalmente vicino a Obama – Le telefonate spiate sono un abuso di potere di potere che richiede vere spiegazioni”.

Più tardi arriva lo scoop del Washington Post: il programma segreto dal nome in codice Prism, scrive il giornale, somiglia molto “a quello controverso voluto dal presidente George W. Bush dopo gli attacchi dell’11 settembre”. Un programma creato nel 2007, al quale Microsoft ha collaborato per prima. Le aziende per aprire i loro server alle autorità e acquistare l’immunità da azioni legali devono ottenere una direttiva dal procuratore generale e dal direttore nazionale dell’intelligence. In pratica – afferma il Washington Post – hanno spazio di manovra, come dimostra il fatto che Apple abbia resistito per anni prima di entrarvi a fare parte.

Google in un comunicato, precisa di comunicare “i dati al governo nel rispetto della legge”. “Google si preoccupa seriamente della sicurezza dei dati degli utenti – spiega BigG – Non abbiamo ha una ‘back door’ attraverso cui il governo possa accedere ai dati privati degli utenti”. Apple e Yahoo! fanno sapere di non avere idea di cosa si stia parlando, di non avere mai fornito ad alcuna agenzia governativa accesso ai propri server.

Il Wall Street Journal, inoltre, rivela come nell’ambito della sua attività di spionaggio per individuare possibili sospetti terroristi, l’agenzia abbia raccolto anche tutti i dati relativi agli acquisti compiuti con le carte, avendo garantito l’accesso a tutte le informazioni in mano alle banche e alle società emittenti. E anche l’agenzia per la sicurezza elettronica britannica, la Gchq, avrebbe avuto accesso segreto dal giugno 2010 ai dati del programma di sorveglianza americano Prism con cui l’Fbi e la Nsa carpivano informazioni dalle maggiori aziende di internet.

Ma se lo scandalo del “Datagate” ha provocato un duro scontro tra Barack Obama e la grande stampa, appoggiata dalle associazioni a difesa dei diritti civili, così non è stato tra Casa Bianca e Congresso. Qui la stragrande maggioranza sia del partito democratico sia di quello repubblicano condividono l’operato dell’amministrazione, osservando che gli strumenti adottati dalla National Security Agency sono necessari per difendere la sicurezza nazionale dalla minaccia terroristica.
Ad attaccare Obama e il suo programma di sorveglianza sulle utenze dei cellulari e del web sono rimasti alcuni liberal progressisti, da sempre contrari al Patriot Act, e alcuni estremisti vicini al Tea Party, apertamente contrari ad ogni intervento del governo nella vita di cittadini. In particolare, aumenta l’imbarazzo interno agli eredi di George W. Bush, divisi tra la volontà di criticare il loro nemico numero uno, Barack Obama, e la consapevolezza che di fatto sta dando loro ragione seguendo le politiche del loro leader di riferimento, suo predecessore.

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