Il futuro digitale dell’Europa passa, anche e soprattutto, attraverso l’allocazione dello spettro radio, in particolare della banda 6GHz. In un momento in cui la corsa globale verso il 6G entra nel vivo, i principali operatori di telecomunicazioni del continente — tra cui Tim, Orange, Telefónica, Deutsche Telekom e Vodafone — hanno firmato una lettera aperta indirizzata alla Commissione Europea per chiedere un’azione decisiva. Oggetto: l’assegnazione dell’intera banda superiore dei 6GHz (6,425-7,125 GHz) alle reti mobili. È una richiesta che affonda le sue radici in valutazioni non solo tecniche, ma anche economiche e strategiche: la disponibilità di spettro adeguato è infatti considerata imprescindibile per garantire la competitività, la sovranità digitale e la sicurezza delle comunicazioni europee nel prossimo decennio.
La lettera rappresenta un appello corale e urgente al legislatore europeo affinché venga evitata una nuova frammentazione dello spettro che potrebbe compromettere le ambizioni del continente nello sviluppo del 6G. “La sovranità e la competitività dell’Europa dipendono da una connettività veloce, affidabile e sicura”, si legge nel documento, firmato dai Chief Technology Officer delle principali telco continentali, incluso Leonardo Capdeville per Tim.
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6GHz: una posta in gioco che vale il futuro economico
Secondo le stime contenute nel documento, il settore mobile è destinato a rappresentare fino all’8,4% del Pil globale entro il 2030. Tuttavia, avvertono gli operatori, senza l’accesso alla banda superiore dei 6GHz, tale contributo rischia di essere “significativamente ridotto”. La questione non è solo tecnologica: è un nodo che tocca l’economia reale, l’innovazione industriale e la capacità del continente di essere protagonista nello scenario geopolitico digitale.
Il rischio, paventano gli operatori, è che l’Europa perda terreno rispetto agli Stati Uniti, dove — al contrario — l’allocazione della banda 6GHz per il mobile è già più avanzata. Negli Usa, infatti, ampie porzioni della banda sono già utilizzabili per applicazioni Wi-Fi, e si teme che interessi tecnologici extra-europei possano consolidare un vantaggio competitivo sfruttando l’incertezza normativa del Vecchio Continente.
La risposta al traffico in crescita: 6G e saturazione delle reti urbane
Uno degli aspetti centrali sollevati nella lettera riguarda la pressione crescente sulle reti mobili esistenti. I firmatari citano proiezioni secondo cui, già entro il 2030, le reti urbane europee rischiano di arrivare a saturazione, rendendo impraticabile il lancio di nuovi servizi senza un ampliamento dello spettro disponibile. Le tecnologie 5G continueranno a necessitare delle frequenze attuali solo per mantenere l’operatività quotidiana, lasciando così scoperto il fabbisogno emergente del 6G.
Il 6G, secondo i piani degli operatori, avrà bisogno di almeno 600 MHz di spettro per operare in maniera efficiente. I carrier mobili sono infatti progettati per sfruttare blocchi da 200 MHz ciascuno, rendendo necessario l’accesso all’intera banda superiore dei 6GHz per garantire la qualità e la velocità richieste dai nuovi standard tecnologici.
Un’opportunità (forse) irripetibile
Il tema è al centro anche dei lavori della Radio Spectrum Policy Group (Rspg), che sta preparando una raccomandazione alla Commissione Europea in vista della World Radiocommunication Conference del 2027 (Wrc-27). Le opzioni sul tavolo, tuttavia, sono limitate: da una parte c’è la possibilità — remota — di identificare nuove bande nella fascia 7-8 GHz, ostacolata da usi strategici già consolidati in Europa; dall’altra, l’unica strada percorribile sembra essere proprio quella dell’utilizzo dell’intera banda superiore dei 6GHz per il mobile.
“Qualsiasi soluzione che non preveda l’uso completo della banda 6.425-7.125 MHz – si legge nella lettera – comprometterebbe in modo irreversibile la capacità dell’Europa di giocare un ruolo di primo piano nella prossima generazione di connettività mobile”.
Wi-Fi vs mobile: un falso dilemma?
Nella lettera viene affrontato anche il tema della possibile sovrapposizione tra esigenze Wi-Fi e necessità delle reti mobili. Gli operatori ribadiscono di essere essi stessi tra i principali fornitori di servizi Wi-Fi in Europa e affermano di non riscontrare alcuna carenza di spettro per questi servizi, considerando che nella banda inferiore dei 6GHz è già disponibile un blocco da 480 MHz destinato specificamente al Wi-Fi e attualmente sottoutilizzato.
Di conseguenza, l’idea di destinare parte della banda superiore dei 6GHz a nuove applicazioni Wi-Fi viene respinta come inefficiente e potenzialmente dannosa per il futuro dello sviluppo mobile.
Il segnale politico: 6GHz come scelta di campo per l’Europa
Il messaggio degli operatori è chiaro: la decisione sull’uso della banda superiore dei 6GHz non è soltanto una questione tecnica, ma rappresenta una scelta politica. “Senza questa banda, l’Europa rischia di frammentare l’ecosistema globale del 6G, perdendo i vantaggi delle economie di scala e rinunciando a un ruolo da protagonista nello sviluppo tecnologico internazionale”, si legge ancora nella lettera.
Anche il rapporto “Much More than a Market” di Enrico Letta, citato nel documento, sottolinea come lo sviluppo del 5G e del 6G debba essere considerato un asset strategico per l’Europa. L’assegnazione dello spettro, in questo senso, rappresenta un banco di prova cruciale per la volontà dell’Unione di costruire una sovranità digitale autonoma, libera dalle dipendenze infrastrutturali e tecnologiche esterne.
Lo spettro è potere
La battaglia per la banda 6GHz è dunque molto più di una disputa tecnica tra operatori e regolatori. È una questione che tocca i nervi scoperti della sovranità digitale europea, della sua autonomia strategica e della capacità del continente di restare al passo — se non alla guida — della trasformazione tecnologica globale.
Bruxelles è ora chiamata a una decisione che avrà effetti duraturi sul panorama delle telecomunicazioni, sull’economia e sulla società europee. La scelta dell’assegnazione piena della banda superiore dei 6GHz per il mobile potrebbe determinare se l’Europa sarà leader o follower nella corsa verso il 6G. E, come ricorda la lettera, il tempo per decidere non è infinito.