LA NUOVA COMMISSIONE UE

Günther Oettinger alla guerra contro Google

Strategia pro-incumbent per il neo commissario tedesco alla Digital economy che punta ad allentare la regolazione e aprire al consolidamento. Ma sarà una strada in salita: nodi su copyright, gestione delle frequenze, condivisione di competenze con il vp Ansip. E gli Olo già affilano le armi

Pubblicato il 15 Set 2014

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La sua scarsa dimestichezza con le nuove tecnologie è arcinota. Lo hanno rammentato per prime, e non senza un filo di ironia, diverse testate d’oltre Reno (Spiegel, Bild, Süddeutsche Zeitung). Lo ha ammesso lui stesso in pubblico. Così come non aveva fatto mistero di aspirare ad un portafoglio almeno in apparenza più prestigioso. Nella fattispecie quello al commercio, fortemente sponsorizzato anche dai suoi referenti di Berlino, Angela Merkel in testa. Eppure martedì scorso, a nemmeno una manciata di ore dalla designazione a commissario europeo per la digital economy, il tedesco Günther Oettinger non ha perso tempo per servire un primo antipasto della traiettoria politica che potrebbe imprimere al suo mandato. Nel corso di uno scambio con alcuni giornalisti avrebbe dichiarato che occorre contenere il potere di mercato di Google e che l’Ue dovrebbe mostrarsi più sensibile ai suggerimenti dell’industria delle tlc. E’ abbastanza da deliziare le grandi telco del continente. Che del resto avevano immediatamente squadernato gradimento alla notizia della nomina. Una soddisfazione, c’è da crederlo, per nulla di circostanza.

“Oettinger – scrive in una nota la banca d’affari JP Morgan – appare come una designazione fortemente pro-incumbent in ragione della sua appartenenza politica (la tedesca CDU ha sostenuto le posizioni di Deutsche Telekom negli anni recenti, e riteniamo che Angela Merkel appoggi nel complesso la strategia digitale di Juncker)”. Tra le fila degli analisti finanziari è diffusa la convinzione che l’ex ministro presidente del Baden-Württemberg e commissario uscente all’energia possa farsi promotore di un netto allentamento della regolazione comunitaria in materia di tlc per dare più ossigeno agli investimenti. Esattamente ciò che reclamano da tempo i big europei delle telecom, così come un buon numero di esperti preoccupati dall’arretramento del comparto delle comunicazioni elettroniche rispetto ai mercati Usa e Cina.

E’ una prospettiva alla quale in verità aveva già cominciato a lavorare Neelie Kroes. Ma il commissario olandese si è scontrato di volta in volta con le resistenze di stati membri e regolatori nazionali. Tant’è vero che la bandiera del suo mandato, quel pacchetto sul mercato unico delle tlc che dovrebbe annientare il roaming e blindare la net neutrality, si è impantanato da mesi nelle sabbie mobili del Consiglio Ue con l’incombente minaccia di essere smantellato. E forse di non tagliare mai la linea d’arrivo dell’approvazione.

Ecco perché il presidente in pectore della Commissione Jean-Claude Juncker ha deciso di appuntare il gallone del digitale sul petto del più popoloso e influente paese del club comunitario. L’auspicio è che Oettinger, giocando di sponda con il governo amico di Berlino, riesca a smussare la malcelata riluttanza di molte capitali a completare la lunga marcia dell’armonizzazione delle regole europee in materia di radiospettro, copyright o ancora protezione dei dati personali. Così da concretizzare quella grande incompiuta dell’integrazione comunitaria che è il mercato unico del digitale. Per farlo, stando alla mission letter che Juncker ha consegnato al tedesco, “dovrà essere infusa più ambizione nella riforma in corso delle regole sulle telecomunicazioni”. Il che significa che Oettinger dovrebbe disporre di ampio margine per legiferare, specialmente con all’orizzonte la revisione del quadro regolamentare delle tlc (previsto per il 2016).

Il guaio è che come dimostrano le bordate trasversali piovute sul pacchetto Kroes dilaga un’ampia diversità di vedute su come arrivare al traguardo del mercato unico delle tlc e perfino su cosa esso significhi. La presunta affinità di Oettinger con le istanze dell’industria e dei principali paesi membri, che in Europa la pensano diversamente su una varietà di nodi come quello delle frequenze, non è garanzia di un risultato positivo. Se cedendo alle pressioni di telco e di molti stati nazionali, Oettinger decidesse come primo atto di ritirare la proposta della Kroes riservandosi di riscriverla su un registro più consensuale, il danno di immagine per l’Ue potrebbe essere severo, soprattutto perché si dovrebbe rimettere provvisoriamente nel cassetto la popolare abolizione del roaming.

Le pur inevitabili iniziative in un’ottica di deregulation per dare gas al motore degli investimenti potrebbero calamitare le ire di deputati europei, regolatori e società civile a cause delle probabili ricadute sui prezzi retail. Nonostante i segnali favorevoli lanciati nei mesi scorsi sia da Juncker che dalla Merkel, una politica meno rigida nei confronti del consolidamento del settore – che Oettinger dovrebbe comunque concordare con il neocommissario alla concorrenza – minaccia di trascinare gli operatori alternativi sulle barricate. Ancora: la spinosa matassa della riforma del copyright presenta altrettante trappole. E le trattative in Consiglio sul regolamento data protection procedono sempre più a rilento sull’onda di continue frizioni tra i governi europei. Questo per limitarsi ai cantieri più urgenti.

E poi c’è l’incognita delle competenze. Non è per nulla chiaro come saranno condivise con il super-commissario e vicepresidente al mercato unico digitale Andrus Ansip. La coabitazione che viene a definirsi con lo sdoppiamento del portafoglio al momento occupato da Neelie Kroes è una novità assoluta e andrà rodata. Il rischio di contenziosi tra i due commissari, e dunque di rallentamenti sul ritmo dell’attività legislativa, non può essere escluso. Anche perché Ansip proviene da un paese dove sono state compiute scelte regolamentari abbastanza diverse, per non dire antitetiche, rispetto alla Germania, ad esempio in materia di tariffe di terminazione e unbundling.

Senza contare che la Commissione è al momento in guerra con il regolatore tedesco proprio sui canoni delle terminazioni mobili. Un affaire in odore di procedura d’infrazione che metterà a dura prova la neutralità di Oettinger. Stando a quanto sussurrano le fonti di Bruxelles, per aggirare queste e altre difficoltà Juncker e il suo potente capo di gabinetto Martin Selmayr si sarebbero prefissi di supervisionare direttamente le iniziative legislative sul digitale ritenute più delicate. In che modo lo faranno. E in quale direzione, questo è ancora tutto da vedere.

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