Liberalizzazione postale: esclusa l’Agcom

In commissione Trasporti e Tlc della Camera passa a maggioranza il provvedimento che affida ad un’agenzia ministeriale e non all’Authority di Calabrò i poteri di vigilanza. La palla passa al Senato

Pubblicato il 17 Feb 2011

Passa a maggioranza in Commissione Trasporti e Tlc della Camera il
decreto Romani sulla liberalizzazione del mercato postale. Stando a
quanto stabilito dal provvedimento del ministro per lo Sviluppo
economico spetterà a una nuova agenzia, da istituire sotto il
cappello del ministero, la vigilanza sul mecato mercato. Agenzia
finanziata da un fondo di compensazione cui tutte le aziende del
settore contribuiranno e che sarà creata accorpando gli uffici di
via Veneto che fino ad ora hanno seguito la materia.

Il risultato del voto non è piaciuto alle opposizioni che accusano
il governo di essere "liberalizzatore a parole e statalista
nei fatti".
"Un governo e una maggioranza che si riempiono la bocca di
buoni propositi sulle liberalizzazioni – sottolineano  i
parlamentari del PD Paolo Gentiloni, Mario Lovelli e Michele Meta –
hanno varato un decreto che, in contrasto con la direttiva europea,
prevede un mercato postale dimezzato e privo di una authority
indipendente di controllo".

"Il decreto Romani, infatti – osservano gli esponenti del PD –
affida ad una agenzia dipendente dal Ministero il ruolo di
regolazione, nonostante sia già in atto una procedura di
informazione Ue per l'assenza di un regolatore autonomo,
mantiene una rilevante riserva di settori del mercato postale a
favore del monopolista pubblico, prolunga fino a 15 anni
l'affidamento diretto a Poste Italiane del servizio universale
e dei relativi finanziamenti pubblici; ". "E' una
decisione scandalosa – concludono Gentiloni, Lovelli e Meta – che
arriva mentre si parla molto di modifiche costituzionali e
nonostante le critiche molto dure riservate dai presidenti Calabrò
e Catricalà a questo decreto antiliberalizzatore". Il PD
chiedeva invece che i poteri regolatori fossero affidati
all'Agcom.

La scelta di non affidare il potere di vigilanza all'Authority
per le Tlc – aveva spiegato Romani nel presentare il decreto a fine
2010 – "riguarda la natura stessa delle liberalizzazioni, che
contrariamente alle Tlc, è senza privatizzazione. In altre parole
restando pubblico l’incumbent meriterebbe un trattamento
particolare. “Credo che, aprendo con equilibrio alla concorrenza,
sia stato giusto avere un occhio di riguardo per Poste – aveva
puntualizzato spiega Romani – Sono stato contrario ad affidare le
competenze all’Agcom perché a volte le Authority tendono a fare
politica industriale anziché fare i regolatori”.

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