IL CASO

Operazione Rcs, un caso per Agcom?

Torna protagonista il tema della trasparenza e del conflitto di interessi della compagnie sociale. Oltre ad essere una società quotata, Rcs maneggia un bene prezioso: l’informazione. Un bene a presidio del quale sono necessari chiari intenti e regole di sicura applicazione

Pubblicato il 22 Apr 2014

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aumento di capitale della società Rcs, proprietaria del Corriere della Sera, cioè del principale quotidiano italiano, è stata l’occasione propizia per regolare i conti di un azionariato diviso dalle ambizioni di controllo del giornale di via Solferino. In particolare, lo scontro si è accesso tra Fiat e Diego della Valle. Il gruppo presieduto da John Elkann ha sostanzialmente conquistato il controllo del capitale Rcs.

Ma l’oggetto del contendere non è un prodotto di mercato qualunque. L’editoria, o meglio la proprietà dei giornali, è regolata dalla legge che, come per la televisione, fissa norme finalizzate a garantire il pluralismo ed evitare pericolose forme di concentrazione.

Innanzitutto, la legge n. 416 del 1981 che prevede precisi limiti contro la concentrazione della proprietà dei giornali e norme sulla trasparenza dei trasferimenti e sull’intestazione delle quote delle società di settore. L’articolo 3 della successiva legge n. 67/1987 configura poi come “posizione dominante” nel mercato editoriale quella posizione che consenta di di superare il limite del 20 per cento della tiratura complessiva dei quotidiani in Italia.

Dunque, la domanda è: se Fiat che, che già detiene la proprietà della Stampa, acquisisce il controllo del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport (anch’essa di Rcs), supera il limite del 20 per cento di tiratura complessiva previsto dalla legge? Ma non sono solo le norme sull’editoria a porre limiti alla proprietà dei giornali. Anche il testo unico della radiotelevisione (n. 177 del 2005) impone che nei mercati che formano il famigerato Sic(sistema integrato delle comunicazioni) non ci siano posizioni dominanti.

Uno di questi mercati è quello relativo ai quotidiani e dunque l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui è deputato anche il controllo sui limiti di tiratura, dovrebbe accertare se dall’operazione in corso derivi un’ipotesi di dominanza vietata ai sensi dell’art. 43 della stessa legge. Gli ultimi fatti, in particolare la cessione dell’immobile di via Solferino e la cessione della raccolta pubblicitaria della Stampa alla stessa Rcs, hanno poi riproposto prepotentemente il tema della trasparenza e del conflitto di interessi della compagine sociale.

Oltre ad essere una società quotata, Rcs maneggia infatti un bene prezioso: l’informazione; un bene a presidio del quale sono necessari chiari intenti e regole di sicura applicazione (al netto degli interventi della Consob o dell’Antitrust).

L’attuale stato di crisi, legato più all’esito delle operazioni finanziarie e meno alle vendite dei quotidiani del gruppo, dimostra esplicitamente come siano rilevanti i problemi per i giornalisti e per lo stesso direttore conseguenti alle scelte proprietarie. Le leggi di settore non sembrano però essere servite a molto e al più noto problema della concentrazione televisiva si aggiunge ora anche quello relativo alla carta stampata. Ed allora? Nulla si muove. Ma qui si apre il solito capitolo dell’informazione italiana che, salvo poche eccezioni, è terra lasciata libera da sempre alle brame dei gruppi economici e di potere.

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