L’Italia si conferma in prima linea nella difesa del diritto d’autore grazie al Piracy Shield, lo scudo antipirateria introdotto dalla Legge 93/2023 e gestito da AGCOM con il supporto dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
La piattaforma, operativa da oltre un anno, rappresenta oggi l’iniziativa più avanzata in Europa contro la diffusione di contenuti illegali online, grazie alla rapidità di intervento, alla solidità tecnologica e alla collaborazione tra Autorità e operatori di telecomunicazioni.
Nel corso dell’evento “STOP PIRACY – La cooperazione europea per il contrasto alla pirateria”, promosso da AGCOM, Pietro Labriola, presidente di Asstel, ha evidenziato che “quando Autorità, Istituzioni e Telco operano in sinergia, possono garantire tutela concreta al diritto d’autore, al mercato e agli utenti che scelgono la legalità”.
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Piracy Shield: un modello operativo, non normativo
Secondo Labriola, il Piracy Shield non è il frutto di una scelta normativa astratta, ma “di una constatazione operativa”.
Alla base del modello ci sono due elementi chiave: da un lato, l’inefficacia del sistema sanzionatorio tradizionale, troppo lento per garantire una protezione immediata; dall’altro, l’impossibilità di imporre la rimozione dei contenuti agli hosting provider, spesso localizzati all’estero o in Paesi con legislazioni non cooperative.
In questo contesto, l’unico livello in grado di intervenire in tempo reale è quello dell’accesso alla rete, garantito dagli Internet Service Provider (ISP).
Gli ISP come garanti della legalità operativa
Labriola ha ricordato che “gli ISP non partecipano alla catena della pirateria, perché non sono editori né distributori, ma sono stati investiti di una funzione di interesse pubblico: garantire la legalità operativa della rete attraverso la disattivazione tempestiva dei canali illeciti”.
Un ruolo che segna un passaggio epocale, trasformando gli ISP da soggetti infrastrutturali a veri e propri presidi regolatori di ultima istanza, chiamati a esercitare una funzione di natura pubblicistica.
“Se un soggetto privato è chiamato per legge a svolgere una funzione pubblica, non può restare privo di riconoscimento economico e istituzionale”, ha aggiunto il presidente di Asstel, richiamando la necessità di regole “chiare, sostenibili e proporzionate” che prevedano forme di ristoro e valorizzazione per gli operatori.
Verso un nuovo servizio universale digitale
Il Piracy Shield è destinato a evolversi ulteriormente. Dal 1° febbraio 2025, la piattaforma ha ampliato la capacità di intervento, passando da 18.000 a 25.000 domini e da 15.000 a 20.000 indirizzi IP, estendendo la tutela anche oltre i soli contenuti sportivi.
Un’evoluzione che, secondo Labriola, non deve trasformarsi in nuovi oneri tecnici o economici non compensati per gli operatori, ma in una cornice regolatoria stabile e sostenibile, in grado di consolidare la cooperazione tra pubblico e privato.
“La cooperazione tra Autorità e Telco deve evolvere in un nuovo servizio universale digitale, volto a garantire l’integrità e la sicurezza dell’ecosistema informativo nazionale”, ha concluso.