LE REAZIONI

Progetto Paese o tentativo di statalizzazione? La rete unica divide la politica

Il governo scende in campo per difendere il progetto. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Manzella: “Iniziativa cruciale per rendere l’Italia più competitiva”. Ma le opposizioni lanciano l’allarme concorrenza: “L’esecutivo riferisca in Parlamento”

Pubblicato il 01 Set 2020

parlamento italiano

La rete unica spacca la politica. Mentre dal governo arrivano commento entusiasti sul progetto a cui ha dato il via libera il cda di Tim, le opposizioni criticano la strategia e qualche mal di pancia si fa sentire anche nei banchi della maggioranza con Iv in prima linea.

A difendere la rete unica scende in campo Gian Paolo Manzella, sottosegretario allo Sviluppo economico secondo cui il progetto tocca “un punto centrale per l’Italia che vogliamo: costruire un Paese connesso”.

Perché un Paese connesso è più competitivo, e anche più capace di dare opportunità e servizi a tutti, superando pienamente il digital divide che ancora esiste – dice in un’intervista al Corriere della Sera – In breve: un Paese più giusto. Ed è qui il valore ultimo della Rete unica. Aggiungerei un ulteriore aspetto cruciale”.

“Il vantaggio principale di una Rete unica di banda ultralarga come si sta delineando in queste ore – spiega – risiede nella ottimizzazione dell’utilizzo dei fondi pubblici, in maggiori sinergie e nell’evitare duplicazioni di investimenti. Con una società della Rete unica nazionale sarà inoltre più facile assicurare a tutto il Paese una copertura digitale omogenea”.

Il ruolo di Cdp è e sarà centrale nella governance della società – conclude – riguardo il ruolo dello Stato nell’operazione e quindi nella definizione dei suoi indirizzi e delle sue decisioni di investimento strategiche. Questo è un punto che è stato tenuto molto chiaro durante l’intero percorso negoziale. È normale quando si ha a che fare con un’infrastruttura cruciale per il Paese”, aggiunge Manzella.

Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia secondo cui “l’intervento del governo sul tema della rete unica è stato straordinariamente opportuno e la storia ne renderà atto”.

“L’intervento del governo su Tim non è solo rete anche se la rete è assolutamente prioritaria per completare gli investimenti”, sottolinea.

L’opposizione guidata da Forza Italia mette in risalto le modalità con cui si è dato avvio all’iniziativa.

“L’annunciata approvazione da parte di Tim e Cdp di un piano per la costituzione di una rete unica di telecomunicazioni in Italia potrebbe anche essere accolta con favore –  afferma in una nota Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati –  Dopo anni di tentativi di costruire una società unica per la banda larga e numerosi fallimenti, potremmo essere davanti ad un passo avanti significativo. Nei prossimi giorni chiederemo che il Parlamento venga informato delle caratteristiche di questa operazione e delle implicazioni che essa comporta per Tim, per Cdp, per Enel e per il mercato. Chiederemo al governo il disegno di politica industriale collegato a questa operazione e chiederemo che venga svolta una attenta opera di controllo da parte dell’Autorità preposta. La proprietà pubblica è un elemento di garanzia per tutti gli operatori ma non vorremmo che si determini implicitamente una nazionalizzazione di Tim (e dei suoi debiti) e una restrizione del mercato. Ciò che vorremmo sapere dal governo sono anche le motivazioni per cui in pieno agosto, e con una velocità che appare anomala per i processi decisionali di questo esecutivo, oggi il Cdm ha dato l’ok alla lettera d’intenti, a seguito di un ordine di Beppe Grillo, si sia sviluppata questa operazione e sia andata così velocemente a buon fine”.

Più duro il commento di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. “L’accordo raggiunto sulla rete unica sembra non andare affatto nel senso auspicato da Fratelli d’Italia: chiedevamo una rete indipendente e di proprietà pubblica, in cui gli operatori fossero messi tutti nelle stesse condizioni per offrire servizi competitivi ai cittadini – scrive su Facebbok – Al contrario ci ritroviamo una rete unificata sotto l’egida di Tim che in questa maniera acquisirà il controllo anche degli asset costruiti da Enel e Cdp attraverso Open fiber. Si tratta di un progetto gigantesco che non sarà approvato dalle autorità regolatorie italiane e sarà bocciato dall’Europa. Ma ancor più rilevante è il dubbio che tutto questo compulsivo gran da fare serva a frenare gli investimenti in fibra per non svalutare il valore della vecchia infrastruttura in rame”.

“Il Governo Conte – conclude Meloni – la smetta di lavorare col favore delle tenebre, venga in Parlamento a riferire su questo nuovo Britannia che sta rifilando agli italiani: sulle infrastrutture strategiche non cederemo di un millimetro. La rete non può trasformarsi in un tarlo capace di minare le dinamiche del processo democratico”.

+Europa teme invece che la rete unica nasconda un tentativo di statalizzazione. “In un periodo in cui la rete è diventata ancor più fondamentale per l’accesso al lavoro e all’istruzione, il via libera di Tim e Cdp per completare, tramite un gestore unico partecipato, l’impianto per la fibra ultra veloce sarà benvenuto se rispetterà i principi di concorrenzialità – sottolinea Costanza Hermanin, vicesegretaria di +Europa – Questo significa assicurarsi che la società non sia statalizzata, come vorrebbero i Cinque Stelle, ma mantenga una maggioranza di controllo privata, eventualmente con golden shares pubbliche”.

“È importante – prosegue – che la struttura che verrà data alle società, sia gestori di infrastrutture, sia commerciali, rispetti i principi stabiliti dal nuovo Codice per le telecomunicazioni e soprattutto dell’autorità per la concorrenza italiana ed europea. Rispettare queste regole e favorire gli investimenti privati in un soggetto unico che realizzi l’infrastruttura necessaria per estendere la fibra a livello nazionale è possibile. Ma il Med deve vigilare affinché si eviti una nuova statalizzazione del gestore, come auspicherebbero invece i Cinque Stelle al Mise”.

Ma qualche critica arriva anche dai partiti che sostengono il governo, come evidenziano le parole di Michele Anzaldi. “L’Ad di Cdp Fabrizio Palermo ammette che ci vorranno almeno 2 anni per avere la fibra in tutta Italia col nuovo progetto della ‘rete unica’ – doce il deputato di Italia Viva – Gli stessi tempi previsti da Open Fiber per completare il suo piano, che è già finanziato e in corso di realizzazione. Ma allora quale è la convenienza per i cittadini? Perché usare i soldi dei risparmi postali dei cittadini per un’operazione che sembra guardare solo al salvataggio di Tim e del suo debito monstre e non ai servizi per gli utenti? E’ urgente che ne discuta il Parlamento, se la tempistica è quella annunciata da Palermo saremmo di fronte ad un fallimento annunciato. E vista la complessità tecnologica e autorizzativa dell’operazione, sembra impossibile che si possa fare prima”.

“Chiederò – prosegue Anzaldi – alla mia collega Raffaella Paita, presidente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, di valutare se non sia opportuno avviare subito audizioni con esperti come Franco Bassanini, Franco Bernabé, Raffaele Tiscar che hanno posti seri ed autorevoli interrogativi sull’accordo Tim-Cdp”.

A commentare il progetto c’è anche Beppe Grillo, fondatore dei 5 Stelle per il quale sulla rete unica serviva “uno sforzino in più”, si è rimasti “un po’ in bilico” ma l’intesa tra Tim e Cdp “è un buon inizio”.

“La cosa che mi fa impazzire – afferma – è che sta cambiando tutto. Sta cambiando l’economia, la politica, l’intelligenza, sta cambiando il metabolismo, il sistema immunitario del mondo, sta cambiando tutto, stanno cambiando anche i miei capelli, guardate un po’, non li ho mai avuti così, sembro Alan Ladd nel 1974. Se cambia tutto…eravamo lì a un passo per unificare tutta la rete, tutte le tecnologie in un’autostrada pubblica con tutto il cda di Cassa depositi e prestiti, per far convogliare tutte le tecnologie…5g, 6g, fibre, fibrette, fibrotte ed è rimasto un po’ così, in bilico…bastava uno sforzino in più. Per l’amor di dio è un buon inizio”.

“Anche se – afferma Grillo in video sul blog delle stelle – non si dice a chi viene dato il diritto di accedere ai nostri dati. Se tutto il mondo converge a dire che i nuovi soldi sono i dati e dato che i dati li fornisco io e a me non tiene in considerazione nessuno, io sono diventato un cliente, una risorsa. Ma io non sono una risorsa, sono un cittadino. E allora vorrei capire chi controlla questo flusso di dati. Io vorrei sapere chi li prende questi dati, dove vanno”.

“Vogliamo capire che ci sarà una nuova ricchezza che andrà a tre-quattro aziende nel mondo e basta? Vogliamo essere cittadini e non clienti? Ora se non si riesce a fare un data base dove si raccolgono tutti i dati degli italiani e rimangono a disposizione degli italiani possiamo fare un tentativo, lo lancio qua: vorrei capire se si può fare, per una città come Roma, un database di tutti i dati dei romani, della metropolitana, della stazione, dell’aeroporto, in mano al Comune di Roma. E ogni volta che una società di marketing vuole dei dati sui romani, paga. E questi soldi vengono ridistribuiti ai romani”.

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