ITALIA DIGITALE

Rughetti: “PA un volàno per l’Italia, ma serve investire”

Il sottosegretario alla Semplificazione e PA: “Il governo sta cambiando passo sull’Agenda digitale. Non solo impegni, ma investimenti: banda larga, pin unico ed e-skills per rilanciare il sistema Paese. Strategica la collaborazione con Regioni ed enti locali”

Pubblicato il 23 Giu 2014

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“Rimuoveremo tutti gli ostacoli che finora hanno frenato l’attuazione dell’Agenda digitale”. Parola di Angelo Rughetti, sottosegretario alla Semplificazione e PA che racconta al Corriere delle Comunicazioni la strategie del governo.

Come si inserisce l’attuazione dell’Agenda digitale nella riforma della PA?

L’attuazione dell’Agenda è una delle priorità del Governo in riferimento alla riforma della PA e all’inizio del semestre di Presidenza di turno della Ue. Stiamo lavorando affinché l’attuazione dell’Agenda non trovi più ostacoli.

Che ruolo può avere una PA rinnovata nel rilancio del sistema Paese?

Il rilancio dell’Italia passa dalla PA. Attraverso la semplificazione dei passaggi, delle procedure e dell’ordinamento normativo si può creare la condizione necessaria per la crescita economica, a cominciare dall’attrazione degli investimenti nel nostro Paese, bloccati dalla complessità della macchina burocratica. Un Paese che ha oltre il 50% del Pil mediato dalla spesa pubblica, se riesce a far funzionare la PA, avrà dei vantaggi competitivi molto elevati.

L’Italia è in ritardo sull’attuazione degli obiettivi dell’Agenda. Come intendete recuperare il gap?

Stiamo velocizzando i tempi, con una forte attenzione alle necessarie azioni di supporto, formazione e acquisizione delle competenze professionali adeguate a supportare la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda e con il coinvolgimento di tutti i livelli della PA.

In passato molti governi ci hanno provato a “fare” l’Italia digitale. Perché ora dovrebbe essere la “volta buona”?

Per tre ragioni: innanzitutto perché abbiamo attaccato il tema del digitale come sistema Paese e non come un settore tematico. In secondo luogo perché abbiamo chiari gli obiettivi e le scadenze che ci attendono ed in terzo luogo perché sappiamo che non bastano i decreti a trasformare i comportamenti delle persone.

Cosa serve?

Investimenti. Quelli su su cui stiamo puntando riguardano la diffusione della banda ultra larga su tutto il territorio nazionale, la diffusione del Sistema pubblico d’identità digitale entro il 2015, l’implementazione della Anagrafe Nazionale della popolazione residente entro il 2014, la razionalizzazione dei database e l’interoperatività dei sistemi operativi entro il 2015. L’avvio di un sistema unico dei pagamenti online entro il 2015, l’organizzazione di un sistema di sicurezza che garantisca la privacy per ogni cittadino. La tabella di marcia è chiara, come chiari sono gli obiettivi. Rispetteremo le scadenze.

La PA è pronta davvero a cambiare?

La consultazione avviata con la lettera del presidente del Consiglio e del ministro Madia nello scorso mese sui 44 punti oggetto della riforma ha avuto un riscontro positivo: sono state inviate circa 40 mila e-mail di risposta, proposte, valutazioni e considerazioni dettagliate e nel merito delle nostre considerazioni. Ciò dimostra che la PA è pronta a cambiare perché stavolta è protagonista della stessa riforma.

Lei sta mediando tra Regioni e Governo sul tema del digitale. Cosa ci può dire su questo compito?

Nel quadro più complessivo della riforma dobbiamo inserire l’intesa “Italia Semplice” siglata tra governo, enti territoriali ed enti locali con l’obiettivo condiviso di puntare alla digitalizzazione come unica forma di dialogo fra PA, cittadini ed imprese. Abbiamo condiviso con le autonomie territoriali – vere istituzioni di prossimità – una serie di priorità e di relative scadenze, per arrivare, entro il 2016, all’eliminazione della carta tra PA.

Un tema centrale è quello delle competenze digitali. Secondo i dati Ue poco meno della metà degli italiani usa il web. Può essere un ostacolo alla riforma della Pubblica amministrazione?

Vorrei citare altri studi, se me lo consente, come quello del Boston Consulting, che evidenzia come nel nostro Paese stiano cambiando i numeri di utilizzo dei sistemi di Ict. Crescono, infatti, le persone che accedono almeno mensilmente alla rete (circa 28 milioni), e le famiglie che utilizzano internet (circa 13 milioni). Il 70% della popolazione fra i 6 e 45 anni è connesso alla rete, così come il 44% di coloro che hanno un’ età compresa fra i 45 ed i 64 anni. Anche fra gli over 65 sta aumentando velocemente il numero degli internauti ed è presumibile che la differenza generazionale con il passare degli anni andrà man mano scemando. Inoltre l’Italia è il primo paese in Europa per numero di smartphone (15 milioni) ed un numero molto consistente di tablet (circa 4 milioni). In termini economici è stimato che l’ impatto di internet su PIL è stato dell’ 1,9% nel 2009 e del 2% nel 2010. Parliamo quindi di una cifra superiore ai 31 miliardi di euro per gli acquisti di beni e servizi dove prevalgono due settori che meritano un’annotazione, il turismo in positivo ed il gaming negativo. In termini occupazionali l’Italia deve sfruttare questa occasione e migliorare in breve tempo le proprie lacune. Le lauree, sia di primo e secondo livello, in materie Ict rappresentano l’11,48% sul numero degli iscritti del 2010, contro il 13% dell’area dei paesi dell’euro. Gli ambiti di azione in cui investire sin da subito sono Scuola, transizione al lavoro, formazione continua ed inclusione digitale. Come vede le competenze digitali non sono un ostacolo ma possono essere un’opportunità.

Parliamo di staffetta generazionale. Come detto dal ministro Madia i dipendenti non sono troppi, ma sono troppo “vecchi”. In questo quadro un ruolo chiave lo giocano, ancora, le competenze. Come lavorerete sul fronte e-skills?

Quello che si sta cercando di fare con la riforma è di creare spazi per “svecchiare il sistema” innestando “nativi digitali” tra i dipendenti. In via generale tra gli obiettivi del governo vi è l’ampliamento delle competenze digitali in termini di opportunità occupazionali e di carriera, nonché lo sviluppo di attività congiunte con le istituzioni pubbliche, l’industria e gli altri attori di rilievo per stimolare l’avvio di partnership a livello nazionale ed europeo, ed infine la realizzazione di una piattaforma di comunicazione europea sul tema degli e-skills che riunisca il maggior numero possibile di stakeholder pubblici e privati.

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