ALCATEL-LUCENT

Svolta networking, Pavese: “Chi resta indietro sarà sconfitto”

Parla il Cto carrier di Alcatel-Lucent Italia: “Finora si è guardata la rete dal punto di vista dell’accesso e di quanta banda fornisce all’utente. Ma l’internet delle cose cambia tutto: la virtualizzazione consente maggior elasticità e scalabilità”

Pubblicato il 27 Giu 2014

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Bisogna essere coraggiosi. Bisogna cioè capire in quale direzione sta andando l’innovazione e prendersi il rischio di investire. Anche perché il cambiamento dei sistemi di rete secondo molti è inevitabile e si tradurrà in un vero e proprio cambiamento di paradigma: restare indietro vuol dire essere sconfitti.
Alessandra Pavese, Cto Carrier di Alcatel-Lucent Italia, spiega al Corriere delle Comunicazioni il nuovo e diffuso approccio alle reti, di cui Alcatel-Lucent è stata tra i pionieri. “Tutti quanti nel settore stiamo facendo un’analisi: architetture di rete concepite un quarto di secolo fa devono gestire il proliferare di tipologie di app. Al di là dei servizi, ci avviamo verso il mondo del machine to machine, la Internet of things: è impensabile che questa architettura con questa tipologia di stratificazione di elementi di rete, suddivisione gerarchica di accesso, piattaforme core e via dicendo possa rimanere così com’è”.
Qual è l’elemento critico da valutare per il futuro?
Sicuramente la fruibilità dei nuovi servizi richiede una forte scalabilità di risorse in real time sia verso l’alto che verso il basso. Fino ad ora si è sempre pensato in termini di capacità di banda: si guarda la rete dal punto di vista dell’accesso e di quanta banda fornisce all’utente finale. Il m2m, l’internet delle cose sta cambiando tutto, introducendo maggiore complessità.
Quali sono le nuove dimensioni che entrano in gioco?
Andiamo verso una internet in cui serve una rete in grado di fornire, oltre alla banda, anche la capacità di controllare la latenza, la capacità di calcolo, e di adattarsi in tempo reale ai picchi e ai cali di richieste. Servizi, funzioni di rete e relative prestazioni sono fruite dagli utenti in modo diverso, in diversi momenti della giornata e della settimana, a seconda delle diverse geografie: la rete deve diventare elastica.
La risposta è quella di spostare l’intelligenza ai bordi della rete, vero?
Certo: fino ad ora la rete viene dimensionata in maniera statica con hardware specializzato per singola funzione, dimensionato in funzione dei picchi di traffico. Ma se distribuiamo l’intelligenza e la capacità di calcolo, e la spingiamo ai bordi della rete, più vicino all’utente, allora si incrementa la scalabilità. La capacità di impegnare o rilasciare le risorse in funzione del traffico in modo dinamico è qualcosa che ha un nome ancora diverso.
Come si chiama?
È la virtualizzazione delle funzioni, che garantisce elasticità alla rete, e la rende economicamente sostenibile, in quanto permette di sfruttare al meglio le risorse.
Le due funzioni chiave sono Vnf, virtualizzazione delle funzioni di rete e Sdn, software defined networks. Qual è la vostra strategia al riguardo?
La rete nel futuro sarà in grado di adattarsi, in modo automatico e in tempo reale, alle applicazioni utilizzate dagli utenti. Il primo passo per rendere questo possibile è disaccoppiare l’hardware dal software, ed implementare le funzioni di rete su HW general purpose distribuiti. Sarà poi la piattaforma Nfv di orchestrazione a sfruttare al meglio le risorse a seconda delle applicazioni e dei servizi più richiesti dall’utente. Compito dell’Sdn è creare in maniera automatica, e ancora una volta real-time, la connettività e l’accessibilità tra le varie funzioni.
Qual è la scelta dei vostri clienti, secondo voi?
Ogni operatore Tlc farà il suo percorso. Però la chiave è la virtualizzazione delle funzioni, separando il software dall’hardware dedicato; questo porterà alla realizzazione e distribuzione di datacenter di rete con HW generico.
Questo però colpisce voi stessi, che siete venditori di hardware, no?
Certamente. Ma bisogna essere coraggiosi per avere la leadership di mercato, avere il coraggio di chi, come Alcatel-Lucent e i Bell Labs, guida l’innovazione tecnologica. Oggi l’innovazione conduce verso la virtualizzazione e l’apertura della rete all’eco-sistema delle applicazioni e degli sviluppatori software grazie ai cosiddetti standard de-facto.
La chiave sono gli standard aperti?
Sicuramente: Open stack è, al momento, il protocollo più utilizzato dalle reti cloud con cui lavoriamo e nuovi standard stanno emergendo. Abbiamo tre contratti commerciali e dieci trial in corso per queste nuove tecnologie in tutto il mondo, e un eco-sistema molto attivo che mette insieme operatori, fornitori di vNF e vendor di tecnologia che contribuiscono quanto noi ad accelerare lo sviluppo dell’Nfv, come Intel e RedHat. In ultimo, la visione finale è quella di una più marcata separazione tra fornitori di servizi di rete e di servizi di comunicazione.

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