IL CDA

Telecom Italia, stop allo scorporo?

Cda straordinario per decidere il da farsi a seguito dei nuovi listini Agcom sull’ultimo miglio che secondo l’azienda impatterebbero sui ricavi per 110 milioni, mettendo a serio rischio il progetto di spin off della rete

Pubblicato il 15 Lug 2013

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Dopo il blocco del progetto di matrimionio con H3G deciso dal cda di Telecom Italia dello scorso 4 luglio, il cda straordinario della compagnia telefonica convocato in serata potrebbe decidere lo stop temporaneo del progetto di scorporo della rete. Lo si apprende da fonti finanziarie secondo le quali Telecom Italia sarebbe orientata in questo senso dopo le ultime decisioni in materia prese dall’Agcom.

Le fonti definiscono i vertici della compagnia telefonica “delusi” e “irritati” a proposito degli ultimi orientamenti assunti dall’Agcom: per la compagnia, infatti, la decisione dell’Agcom di tagliare i prezzi dell’ultimo miglio comporterebbe una riduzione dei ricavi pari a circa 110 milioni di euro rispetto al 2012. Lo stop temporaneo al processo di scorporo della rete, secondo quanto riferito dalle fonti, permetterebbe alle Authority italiane di approfondire ulteriormente l’argomento della societarizzazione della rete che, secondo Telecom, contrasta con gli orientamenti dell’Unione Europea in materia.

Ma il mercato no si aspetta grandi notizie dal Cda anche certamente il taglio dell’Ull rende più complicato il percorso verso la separazione della rete, al di là di un effetto sui conti, che è ovviamente negativo. Per Ubs, infatti, il mercato potrebbe ritenere che tale mossa abbia un impatto negativo sulla stessa capacita’ dell’azienda di massimizzare la valutazione della newco della rete (Opac) in un potenziale deal con la Cdp.

Gli esperti di Equita Sim, non pensano che si arrivi alla cancellazione del progetto di spin-off della rete da parte del board di Telecom Italia. “Tuttavia una delle finalità’ era proprio la ricerca di una regolamentazione che incentivasse gli investimenti ed in tal senso il primo supporter dello spin-off avrebbe dovuto essere proprio l’Authority. Al momento invece azienda e regolatore paiono piuttosto distanti”, si legge in una nota gli esperti dello scorso venerdi’.

Da Banca Akros notano, invece, che la definizione di chiari canoni per il local loop rappresenta un evidente driver per le decisioni strategiche dell’azienda. A parte l’immediato impatto sui ricavi legati alle attività Open Access, le principali implicazioni riguardano le negoziazioni sullo spin-off della rete e sulla cessione parziale. Sarà anche importante capire i trend futuri e in questo senso le raccomandazioni della commissione europea (attese per settembre) saranno cruciali.

Bernstein in una nota odierna segnala che la mossa dell’Agcom può essere interpretata in due modi. Primo, rappresenta un modo per mettere pressione all’azienda al fine di giungere ad una separazione piu’ strutturale della rete e, secondo, rappresenta una sfida diretta alla Ue che si e’ opposta ad ulteriori tagli dei prezzi. Gli analisti ricordano, infatti, che il presidente dell’Agcom ha sottolineato come i benefici regolatori devono essere proporzionati al livello di separazione. L’annuncio della scorsa settimana, quindi, rinforza la visione dell’Agcom piu’ come ‘falco’, mettendo anche l’Italia in conflitto con la Ue. Per Bernstein, quindi, tale mossa dell’Authority implica che la rete della compagnia vale di piu’ e la sua divisione retail di meno. Telecom, quindi, potrebbe a sua volta valere di piu’ nel caso in cui decida pazientemente di cedere il controllo della rete. In caso di cessione della rete, difficilmente il resto dell’azienda rimarrebbe indipendente per lungo tempo e le azioni potrebbero valere fino a 1,2 euro.

Questa mattina Asati aveva chiesto un Cda straordinario per verificare se esistono ancora le condizioni per lo scorporo della rete. Secondo l’associazione dei piccoli azionisti il taglio delle tariffe Ull deciso da Agcom incide profondamente in uno degli asset fondamentali della società, rendendo più critico il progetto di separazione societaria deliberato dal Cda a fine maggio di quest’anno. “L’approvazione definitiva della delibera – spiega il presidente Franco Lombardi – potrebbe indurre ad abbandonare il percorso intrapreso da Telecom Italia, oggi al vaglio dell’Autorità, con evidenti danni anche per la diffusione dell’offerta della banda ultralarga agli utilizzatori finali e quindi per la modernizzazione del Paese, in linea con gli obbiettivi posti dall’Agenda digitale europea e fatti propri dall’Italia con il decreto legge crescita 2.0”.

Con la delibera, già notificata alla Commissione Europea, per la formulazione del suo parere, è stato ridotto, retroattivamente dal 1 gennaio 2013, il canone dell’unbundling , il bitstream , il Wlr (il noleggio delle linee in rame) ed è stato anche annunciato che, in settembre, sarà presumibilmente ritoccato il prezzo attuale del Vula (la connessione “virtuale” alla rete dalla centrale telefonica alle abitazioni degli utenti).

“Il giorno successivo al comunicato dell’Agcom si è verificato purtroppo già un primo effetto della delibera – evidenzia Lombardi – La decisione annunciata è stata, infatti, quasi certamente la causa della riduzione del 4,73% della quotazione in borsa del titolo, rendendo quindi ancor più improbabile e lontano un recupero significativo del valore delle azioni, che ormai vicine al minimo storico fanno di TI una facile preda per operatori non europei a prezzi di saldo”.

Asati si dice “interdetta” dinanzi la decisione dell’Agcom di ridurre il canone dell’unbundling, “in netta contrapposizione con le decisioni assunte in altri paesi europei dove il canone è rimasto stabile ovvero è stato aumentato, in linea con i principi della proposta raccomandazione della Kroes”.

“Vale la pena ricordare che il principio fondamentale – dice il presidente di Asati – posto alla base della raccomandazione è di incentivare gli investimenti sulle nuove reti garantendo adeguata redditività ai servizi di accesso rame e fibra”.

Secondo Asati “è verosimile quindi ritenere che lo scenario delineato dall’Agcom possa causare in Italia una riduzione (fino al blocco) degli investimenti”, in particolare di quelli mirati alla realizzazione della nuova rete a larga banda, con impatti negativi e non marginali sia sullo sviluppo economico del Paese (come del resto messo in luce dalla Banca Centrale Europea che lega il 10% di penetrazione della banda larga a un incremento del Pil superiore all’1%) sia in termini di attività affidata all’indotto – imprese di rete e società manifatturiere – che attendono l’avvio della realizzazione della nuova rete per far riprendere il lavoro ai dipendenti ora in cassa integrazione.

“Né d’altra parte potrà essere previsto che investimenti di rilievo nella rete fissa siano programmati dagli operatori alternativi che, ricordiamo, a giugno del 2010 presentarono il piano ‘Fibra per l’Italia’ che avrebbe dovuto creare una rete di accesso alternativa nel Paese – ricorda Lombardi – Ma che poi rinunciarono (silenziosamente) al programma preferendo acquisire la clientela – che oggi nei centri di loro interesse, le grandi città, risulta essere maggiore del 60% – con modesti investimenti (del tutto marginali) basati sostanzialmente sull’affitto delle linee di Telecom I canoni sono di molto più convenienti economicamente”.

In attesa del parere della Commissione Europea sulla delibera, Asati auspica che “l’Agcom, anche sulla base delle considerazioni sopra esposte, riveda le proprie decisioni e che a livello politico si apra in Italia un dibattito volto a valutare le conseguenze delle attuali decisioni,che se ratificate, omporteranno inevitabilmente riflessi molto negativi sulla dinamica degli investimenti e dell’occupazione”.

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