LE SCELTE DI VIVENDI

Telecom, l’incertezza che fa male all’azienda (e al Paese)

Sempre più intense le voci su un prossimo ricambio ai vertici. Il silenzio di Vivendi non aiuta la chiarezza e l’azione dell’azienda. Al pettine i nodi sulla strategia dei francesi

Pubblicato il 14 Mar 2016

Gildo Campesato

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Oggi Franco Lombardi, presidente di Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia, ha chiesto ai consiglieri di amministrazione della società telefonica di presentarsi dimissionari all’assemblea che il 25 maggio dovrà approvare il bilancio 2015.

Con questa iniziativa Asati mette il dito su una piaga che era rimasta coperta negli scorsi mesi, ma che ha continuato a imputridire sotto pelle: la contraddizione di un board espressione del vecchio socio di riferimento Telefonica e la realtà di un azionariato che ha visto i francesi di Vivendi salire progressivamente sino al 24.9%. Una soglia fatidica oltre la quale scatta l’obbligo dell’Opa.

Più che socio di riferimento, il gruppo di Bollorè è di fatto un azionista di controllo, al di là di quanto formalmente possa giudicare la Consob. Nel cda sono di recente entrati quattro esponenti di Vivendi di cui tre rappresentano i vertici operativi del gruppo transalpino. In tal modo è cambiata anche la natura del consiglio con la presenza di due anime distinte: l’ex Telefonica e la nuova Vivendi.

Questo cambiamento ha tolto di mezzo anche quell’ambiguità per cui, una volta usciti gli spagnoli, il cda non si riteneva più emanazione di un socio di riferimento, ma agiva come se avesse le stesse caratteristiche dei consigli che reggono le public company. Un’illusione durata appena qualche mese.

Da tempo si rincorrono le voci su un possibile cambio alla guida di Telecom Italia così da consentire al socio francese di affidare la gestione della società a uomini a lui più vicini. I fatti le hanno sinora smentite. Tali voci si sono però intensificate negli ultimi giorni, anche in relazione ai cambi al top management di Telecom Italia di cui CorCom ha dato conto la scorsa settimana. Voci che non possono che contribuire a destabilizzare l’azienda non supportandone certo l’operatività, non solo strategica.

Il presidente Giuseppe Recchi e l’amministratore delegato Marco Patuano avrebbero dunque perso la fiducia del nuovo azionista di super-maggioranza. Tuttavia, il piano triennale appena approvato dal cda, su proposta proprio di Recchi e Patuano, ha avuto l’assenso dei rappresentanti di Vivendi. Così come non vi sono state opposizioni al rebranding del gruppo sotto le insegne di Tim. Tutto ciò è in contraddizione con le voci in circolazione che danno per spacciato l’attuale management.

Certi giochi, però, avvengono sottocoperta. Ma non può rimanere sottocoperta la strategia che Vivendi ha in mente. Vincent Bollorè, suo primo azionista, ha molti interessi in Italia, a partire da Mediobanca e Generali su cui ha costruito le basi della propria presenza nella penisola. Poi è entrato in Telecom Italia dicendo di volerne fare una piattaforma da cui partire per un progetto di crescita nell’intera Europa del Sud.

Proprio di recente ha mostrato interesse per Mediaset Premium, ma nella partita delle relazioni fra network e contenuti potrebbe entrare anche l’insieme del Biscione. Ad ascoltare l’Ad di Orange, Stéphane Richard, potrebbe esserci all’orizzonte anche una fusione fra Telecom Italia e la compagnia telefonica francese. O magari, altra voce ricorrente, con la spagnola Telefonica, che rientrerebbe così in Italia.

La carne al fuoco è molta, ma attorno c’è troppo fumo. Esso non favorisce la tranquillità necessaria per la gestione di un business complesso e difficile come quello di Telecom Italia, alle prese con un piano industriale ambizioso, la necessità di ridimensionare i costi operativi, l’esigenza di definire alleanze (ad esempio con Metroweb) per la costruzione delle nuove reti.

Lo abbiamo ripetuto più volte, ma la situazione che si è creata in Telecom richiede una assunzione di responsabilità e di chiarezza da parte dell’azionista di maggioranza. Non sappiamo se essa debba passare attraverso una conferma esplicita o un ricambio del cda o dei vertici. Ma Vivendi ha il dovere, anche morale, di fare chiarezza su quali sono le sue strategie e se ha ancora fiducia sugli uomini che ora guidano la società. Restare eternamente in mezzo al guado non fa bene a nessuno. Telecom Italia è una delle maggiori realtà industriali del Paese, non va mai dimenticato.

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