Tesoretto dell’asta Lte. Braccio di ferro Sviluppo-Economia

Duello Romani-Tremonti sull’utilizzo delle risorse derivanti dalla gara: il primo mira ad almeno 500 milioni per sgravi fiscali agli operatori, mentre l’inquilino di via XX Settembre vuole risorse in vista della revisione al ribasso delle stime del Def

Pubblicato il 20 Set 2011

L’asta per l’assegnazione delle frequenze Lte agli operatori
non è ancora finita, ma già si litiga sul tesoretto del Tesoro.
Lo scrive Milano Finanza, aggiungendo che è in atto un braccio di
ferro fra il ministero dello Sviluppo e quello dell’Economia
sull’uso dei 3,4 miliardi di euro versati dagli operatori per
l’asta frequenze nelle casse dello Stato. Oggi, intanto, nuovo
tavolo in via XX Settembre sulla manovra ter.

Da un lato il ministro Romani punta ad almeno 500 milioni di euro
da destinare a sgravi fiscali da destinare agli operatori.
Dall’altro il ministro Tremonti vuole recuperare risorse in vista
della revisione delle stime del Def, il Documento di finanza
pubblica. Probabilmente si adeguerà al +0,7% indicato dalla
Commissione Ue.

In questo contesto, Giulio Tremonti vorrebbe usare tutto
l’incasso dell’asta per portarlo a riduzione del rapporto
deficit-Pil, in modo da correggere senza ulteriori grandi sforzi i
conti dopo la revisione al ribasso delle stime. Paolo Romani,
invece, punterebbe ad avere almeno parte di quei soldi per
concedere sgravi fiscali alle imprese. A partire proprio da quelle
telefoniche.

In realtà la manovra di luglio, ossia il primo decreto
salva-spread, già ha previsto che il 50% del gettito della gara
che eccede i 2,4 miliardi di euro, torni sotto forma di incentivo
alle imprese del settore. Si tratterebbe, dunque, di almeno 500
milioni.

In realtà, dopo l’emendamento al ddl di assestamento con il
quale il Tesoro ha incamerato i 2,4 miliardi di fondi congelati ai
ministeri come clausola di salvaguardia per l’eventuale
fallimento dell’asta, la cifra da destinare allo sviluppo
potrebbe essere decisamente maggiore. Da mettere in conto ci sono
anche gli appetiti di altri ministri, da Roberto Calderoli ad
Altero Matteoli.

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