Il nuovo studio del Capgemini Research Institute, “Gender and leadership: Navigating bias, opportunity and change”, scatta una fotografia inedita della leadership femminile, con un focus che parla molto da vicino alle telco.
Dalla ricerca emerge che oltre tre quarti dei leader (77%) riconoscono che le donne sono efficaci quanto gli uomini nei ruoli apicali. È un cambio di paradigma rispetto al passato, quando le manager tendevano a sottostimare le proprie capacità. Oggi il 58% delle donne dichiara fiducia nelle proprie competenze, un dato praticamente allineato al 59% degli uomini, segno che la “crisi di autostima” femminile sta lentamente rientrando.
Non si tratta solo di percezione: il 68% degli intervistati ritiene che una maggiore presenza femminile ai vertici migliori le performance aziendali. Un messaggio forte per un settore come le telecomunicazioni, chiamato a massimizzare il ritorno degli investimenti su 5G, fibra, cloud e piattaforme AI: lasciare talenti femminili ai margini significa rinunciare a una quota importante di valore potenziale.
Nel comparto telecom, media e high-tech il riconoscimento della parità di efficacia è ancora più marcato, con l’80% dei rispondenti che vede uomini e donne ugualmente capaci nei ruoli di guida.
Indice degli argomenti
AI, dati e innovazione: le competenze chiave per i vertici delle telco
La ricerca Capgemini evidenzia come i modelli di leadership stiano evolvendo verso stili trasformazionali, basati su capacità di ispirare il cambiamento, guidare l’innovazione e creare culture organizzative adattive. Un leader su tre indica che la propria azienda promuove esplicitamente questo tipo di approccio, fondato su visione, agilità e capacità di costruire fiducia.
Per le telco – alle prese con reti sempre più software-defined, automazione dei processi, customer experience data-driven e servizi B2B complessi – questo significa una cosa sola: senza competenze forti su AI, analisi dei dati e innovazione non c’è leadership possibile.
Nel report emergono tre cluster di skill fondamentali:
- Competenze tecniche: uso di AI e automazione, data analysis, capacità di anticipare trend e innovare prodotti e servizi.
- Punti di forza personali: agilità, resilienza, fiducia in sé stessi.
- Competenze “people”: intelligenza emotiva, gestione di team multigenerazionali, cultura della fiducia.
Sette leader su dieci considerano queste capacità tra le più critiche per il presente e per il futuro. E ben il 74% concorda sul fatto che padroneggiare l’AI sia ormai decisivo per accedere a posizioni di vertice.
Il paradosso? Meno della metà dei leader (46% per l’AI e l’automazione, 54% per la data analysis, 48% per l’innovazione) ritiene queste competenze un proprio punto di forza effettivo. In altre parole: i vertici aziendali sanno cosa serve, ma non si sentono ancora all’altezza. Un gap che nelle telecomunicazioni – dove AI e automazione sono ormai il cuore di network operation, pianificazione del traffico, personalizzazione delle offerte e gestione del rischio – rischia di trasformarsi in un freno competitivo strutturale.
Stereotipi che resistono: perché le skill tecniche restano “maschili”
Se sulla parità di efficacia la convergenza è ampia, quando si entra nel merito delle singole competenze riemergono stereotipi duri a morire.
Secondo il report, molti uomini tendono a considerare “intrinsecamente maschili” quasi tutte le skill tecniche del futuro – dall’uso dell’AI e dell’automazione all’innovazione, fino all’analisi dei dati e all’agilità. Le donne, al contrario, nella maggior parte dei casi le percepiscono come neutrali rispetto al genere e, in alcuni casi, addirittura “femminili”.
Alcuni dati emblematici:
- su AI e automazione quasi la metà degli uomini classifica queste competenze come “maschili”, mentre una quota simile di donne le considera neutre;
- sull’innovazione, il 36% delle donne la percepisce come tipicamente femminile, contro uomini che la vedono per lo più come dominio maschile;
- sull’intelligenza emotiva, gli uomini la leggono come skill femminile, mentre le donne la riconoscono come leva di leadership universale.
Questa “cassetta degli attrezzi di genere” non è un dettaglio teorico: se una competenza viene etichettata come maschile, chi non rientra in quella categoria sarà valutato sistematicamente al ribasso, indipendentemente dalle performance reali. È qui che il rischio per le telco diventa concreto:
- nelle funzioni più tecnologiche – dal network engineering ai data office – le donne possono essere percepite come “meno adatte” a guidare team e programmi innovativi, anche quando dispongono delle stesse skill dei colleghi;
- gli uomini, viceversa, possono sentirsi “fuori posto” in ruoli dove contano collaborazione, coaching, cura delle persone, ancora troppo spesso associati all’universo femminile.
Il risultato è duplice: si rafforzano bias già esistenti e si amplia il divario nei ruoli di comando, proprio nelle aree – AI, dati, innovazione – che dovrebbero trainare la trasformazione digitale del settore.
Retribuzioni, promozioni e work-life balance: il conto salato dei bias
Gli stereotipi non si fermano alla percezione: si traducono in differenze concrete su retribuzioni, opportunità di carriera e condizioni di lavoro.
Dal report emerge che:
- il 53% delle leader donne ha sperimentato un pregiudizio negativo sulla retribuzione a causa del proprio genere, mentre il 40% degli uomini dichiara di aver beneficiato di un vantaggio economico perché uomo;
- solo la metà del campione ritiene che le retribuzioni siano eque tra i generi a parità di ruolo;
- appena poco più del 50% dei leader pensa che uomini e donne abbiano pari opportunità di promozione nella propria organizzazione, e il 39% riconosce che donne qualificate vengono spesso scavalcate per ruoli di leadership.
Il divario si allarga anche sulle opportunità di mobilità e visibilità:
- sei uomini su dieci dichiarano di aver avuto un vantaggio nelle opportunità di cambiare ruolo grazie al genere maschile,
- mentre il 43% delle donne indica la mancanza di “high visibility opportunities” come uno dei principali ostacoli alla propria crescita.
Sul fronte del work-life balance lo scenario è altrettanto sfaccettato:
- più della metà delle donne riconosce di avere un vantaggio nell’accesso a forme di lavoro flessibile,
- il 44% degli uomini segnala invece di aver sperimentato un bias negativo quando ha chiesto flessibilità, e il 38% indica il cattivo equilibrio vita-lavoro tra le barriere principali alla carriera.
Per le imprese di telecomunicazioni – spesso strutturate su turni, reperibilità e operation 24/7 – questo è un nodo strategico: se la flessibilità è percepita come “concessa alle donne” e penalizzante per gli uomini, la cultura aziendale resta bloccata su ruoli di genere tradizionali, con impatto diretto su retention e attrattività dei talenti. Non a caso il 35% delle donne e il 26% degli uomini ha pensato di lasciare la propria organizzazione per barriere percepite alla progressione di carriera.
Cosa possono fare le imprese delle telecomunicazioni
“Con tecnologie come l’AI che stanno trasformando il contesto economico, i leader – indipendentemente dal genere – devono acquisire le competenze necessarie per guidare e plasmare il futuro delle proprie funzioni”, sottolinea Alessandra Miata, Director Corporate Social Responsibility di Capgemini in Italia. E aggiunge: “Se non affrontati, questi bias rischiano di ampliare ulteriormente il divario di genere nelle aziende. Le organizzazioni devono impegnarsi ad abbatterli attraverso formazione mirata e interventi sistematici per costruire culture di leadership realmente inclusive.”
Per il mondo delle telecomunicazioni questo si traduce in alcune priorità molto concrete:
- Integrare l’AI nella formazione manageriale
Non bastano corsi tecnici per specialisti: tutti i leader di business e di funzione devono sviluppare una “fluency digitale” su AI, dati e automazione, con percorsi strutturati che combinino teoria, casi d’uso di settore (dalla gestione intelligente delle reti alla churn prediction) e sperimentazione hands-on. - Ripensare i modelli di valutazione e promozione
Le telco dovrebbero introdurre criteri trasparenti e misurabili per gli avanzamenti di carriera, facendo leva su competenze e risultati, non su stili di leadership stereotipati. Valutazioni multidimensionali, feedback 360° e panel diversificati possono ridurre il peso dei pregiudizi impliciti. - Democratizzare mentoring e networking
La ricerca mostra che quasi la metà delle donne indica l’assenza di mentor o sponsor come barriera alla crescita. Creare programmi di mentoring strutturati, accessibili anche da remoto, e collegarli a obiettivi di inclusione può fare la differenza, soprattutto nelle funzioni tecniche dove la presenza femminile è più bassa. - Normalizzare la flessibilità per tutti
Rendere la flessibilità un abilitatore di performance e innovazione, non un “benefit femminile”. Questo significa politiche chiare e non discrezionali, cultura manageriale orientata ai risultati, e attenzione all’equilibrio vita-lavoro di uomini e donne. - Valorizzare le competenze “soft” come asset strategico
Intelligenza emotiva, coaching, collaborazione e gestione di team ibridi non sono un “optional” gentile, ma leve decisive per adottare l’AI in modo responsabile, gestire il cambiamento e trattenere le persone chiave. Le telco che sapranno legare questi talenti, spesso più presenti tra le donne, alle grandi trasformazioni tecnologiche avranno un vantaggio competitivo tangibile.
Una leadership tecnologica e inclusiva
Il messaggio che emerge è chiaro: la leadership del futuro nelle tlc sarà tanto tecnologica quanto inclusiva. Non basterà investire in piattaforme, algoritmi e infrastrutture: servirà ripensare radicalmente come le aziende valutano, formano e fanno crescere le persone che dovranno guidare questa trasformazione, superando una volta per tutte l’idea che le skill del domani appartengano “di default” a un solo genere.



































































