TELECOM ITALIA

Tregua finita, Fossati torna all’attacco di Telco

Il numero uno di Findim chiede alla Consob di accertare la sussistenza di un rapporto di “controllo di fatto” tra la holding e Telecom Italia. Nel mirino anche l’ultimo bilancio della compagnia: “Non è conforme alle norme di redazione”

Pubblicato il 23 Mag 2014

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Dopo la tregua inaugurata dopo l’assemble dei soci Telecom di aprile, Fossati torna all’attacco di Telco, chiedendo di “accertare la sussistenza di un rapporto di controllo di fatto tra Telco e Telecom Italia“. Secondo Findim – che detiene il 4,99 del capitale di TI – l’ultimo bilancio di Telecom Italia “non può essere considerato conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione”.

Conseguentemente a questo accertamento, la Findim chiede alla Consob di “ordinare al consiglio di amministrazione di Telecom Italia e di Telco di fornire i chiarimenti necessari perché il mercato disponga di un’informativa corretta e completa sul rapporto di controllo esistente” tra Telco e Telecom “con ogni conseguenza in merito agli obblighi di legge connessi all’esistenza di tale rapporto”.

Più in generale, Findim chiede di “accertare la non correttezza delle informazioni rese disponibili al pubblico in merito agli assetti di controllo forniti da Telecom Italia e da Telco e assumere ogni necessario provvedimento volto a porvi rimedio, se del caso, esercitando i poteri di impugnativa di cui all’articolo 157, comma 2, del Tuf”.

Nell’esposto alla Commissione, Findim ricorda che secondo il codice civile “il controllo interno di fatto ricorre quando una società dispone di un numero di ‘voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria’ di un’altra società”. Qualora la partecipazione disponibile non raggiunga la maggioranza assoluta dei voti esercitabili in assemblea, “ai fini della sussistenza di un rapporto di controllo, occorre verificare, in concreto, se la partecipazione, ancorché minoritaria, sia comunque potenzialmente idonea a incidere in modo decisivo sugli equilibri di potere che si esprimono in assemblea”.

Secondo Findim, analizzando l’andamento delle assemblee di Telecom Italia, si “dimostra inequivocabilmente la sussistenza di un controllo di fatto di Telco su Telecom Italia“. In particolare, infatti, nelle prime tre assemblee – tra il 2008 e il 2010 – considerata la percentuale di assenteismo dei soci di Telecom Italia, Telco, seppure con una partecipazione minoritaria se rapportata all’intero capitale sociale, ha sempre avuto la maggioranza assoluta del capitale sociale presente in assemblea”.

Dal 2011 si è registrata, nota ancora Findim, “una maggiore presenza dei soci in assemblea, cosa che ha fatto venire meno la possibilità per Telco di disporre della maggioranza assoluta, ma in ragione delle circostanze di fatto, Telco ha sempre potuto influire in modo determinante sulle delibere assembleari e così risultare decisiva ai fini dell’approvazione dei bilanci e della nomina dei componenti il consiglio di amministrazione di Telecom Italia“. A tal proposito, Findim sottolinea che, “nell’arco dell’intero periodo di tempo considerato, la maggioranza assoluta dei membri dell’organo gestorio di Telecom Italia è sempre stata tratta dalla lista presentata da Telco”.

Inoltre, prosegue Findim nella denuncia alla Commissione, Telco (che detiene il 22,39% di Telecom) dal 2007 ad oggi “ha avuto sempre a disposizione un pacchetto azionario assolutamente preponderante e in grado di determinare l’esito delle votazioni in tutte le assemblee ordinarie di Telecom Italia”. Inoltre il pacchetto “è rimasto, con leggere e ininfluenti variazioni, sostanzialmente immutato”. In passato la misura della partecipazione oggi detenuta da Telco ha sempre consentito “l’esercizio del controllo di fatto su Olivetti prima e su Telecom Italia poi”. In più le partecipazioni rilevanti “sono rimaste sostanzialmente immutate, e le modifiche non sono state tali da incidere sul flottante”. E il ruolo di Telco “è un fatto notorio e unanimemente riconosciuto presso la comunità degli affari, come dimostrato dai ripetuti riferimenti a tale ruolo di controllo effettuati dalla stampa specializzata e dai mass media, peraltro, mai smentiti dai vertici di Telco o di Telecom Italia”.

In conseguenza della richiesta di riconoscimento del controllo anche di fatto, Findim chiede una serie di adempimenti a carico della società controllante e della società controllata, a partire dall’obbligo delle società che controllano altre società di redigere il bilancio consolidato. In più nel bilancio di Telecom Italia, la partecipazione detenuta da Telco “viene indicata soltanto ai fini dell’obbligo di comunicare le ‘partecipazioni rilevanti’ senza alcun accenno al potere di controllo di fatto che la stessa assicura. L’ultimo bilancio di Telecom Italia, pertanto, non puo’ essere considerato conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione. E’ interesse inderogabile dei soci, dei creditori e, in generale, del mercato, del pubblico degli investitori e dei terzi che sia fornita una chiara e trasparente informazione sul controllo societario e gli assetti proprietari”.

La Findim ricorda infine che la Consob dispone di poteri ispettivi e di vigilanza informativa e che tra i poteri della Commissione, ai sensi dell’articolo 157 del Testo unico della finanza, c’è anche quello di impugnare la deliberazione dell’assemblea che approva il bilancio in caso di ‘mancata conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione’ entro sei mesi dal deposito del bilancio all’ufficio del registro delle imprese”.

Nei giorni scorsi anche Asati si era appellata alla Consob chiedendo di pronunciarsi su Giuseppe Recchi, presidente della compagnia telefonica, che nell’ultimo consiglio ha perso la qualifica di consigliere indipendente, considerando che il Tuf stabilisce che “ l’amministratore indipendente che, successivamente alla nomina, perda i requisiti di indipendenza deve darne immediata comunicazione al consiglio di amministrazione e, in ogni caso, decade dalla carica ”.

“Inoltriamo tale richiesta anche alla Consob – si leggeva nella nota – al fine di conoscere il suo autorevole parere sulla correttezza delle procedure adottate dal consiglio di amministrazione in base anche a quanto stabilito dall’articolo 147 Ter del Tuf ultimo capoverso del IV comma”.

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