LA ROADMAP

Ultrabroadband, si scaldano i motori

Accordo fatto con le Regioni. Ora manca solo l’ok della Commissione europea. Dopodiché si aprirà la partita delle gare e il Piano del governo entrerà finalmente nel vivo

Pubblicato il 19 Feb 2016

Mila Fiordalisi

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L’accordo con le Regioni è stato fatto. Ora manca solo il via libera della Commissione europea. Dopodiché si aprirà la partita delle gare e il progetto Piano Banda ultralarga potrà entrare finalmente nel vivo. I soldi ci sono, anzi, per le aree a fallimento di mercato (cluster C e D) ce ne sono persino più di quelli necessari, tant’è che l’iniziale stanziamento del Cipe, quello da 2,2 miliardi è sceso a poco meno di 1,6 miliardi visti gli annunci al rialzo da parte degli operatori, Telecom Italia in pole position, che nella seconda consultazione Infratel, quella dello scorso autunno hanno comunicato nuovi investimenti in particolare nelle aree grigie, facendo quindi diminuire le aree in cui andrà ad investire il pubblico. E il “tesoretto” da 600 milioni non svanirà nel nulla: il sottosegretario alla Comunicazioni Antonello Giacomelli, ha già annunciato che le risorse saranno utilizzate per intervenire in caso i piani annunciati dagli operatori non si traducessero in effettive realizzazioni, ma anche per allargare la “maglia” nelle aree grigie, o ancora per finanziare i voucher che serviranno a incentivare la domanda.

Ed è proprio sui voucher che il tavolo del Cobul, il Comitato per la banda ultralarga, ha aperto la discussione dopo aver licenziato il piano per le aree C e D, quello a modello “diretto”, ossia a totale copertura statale, al momento all’esame di Bruxelles. E sotto i riflettori ci sono anche le aree A e B: le regole europee sono particolarmente stringenti in materia di aiuti di stato ma non è detta l’ultima parola. L’upgrade tecnologico (in pratica dal rame alla fibra a casa, dai 30 Mb ai 100 Mb e più) è uno dei presupposti per l’ottenimento dei fondi legati all’ultrabroadband nelle aree nere.

Ma è un presupposto che da solo non basta: deve, infatti, “incastrarsi” con una domanda crescente di connessioni in banda ulatralarga.

Un altro importante tassello del puzzle sarà rappresentato dalle regole di accesso alla rete pubblica, quelle a cui lavora Agcom. Il commissario Antonio Preto nei giorni scorsi, in occasione di un convegno a Roma, ha annunciato che “le linee guida saranno a disposizione degli operatori entro il mese di aprile”, ricordando inoltre che dal 2013 è in vigore una regolazione “pro-competitiva” nelle aree profittevoli “che ha fatto accelerare gli investimenti da parte delle telco”. Tra i compiti assegnati all’Agcom nell’ambito del recepimento, da parte del’Italia, della direttiva europea 61, c’è quello di dirimere eventuali controversie sugli scavi per la posa della fibra fra operatori o fra operatori e utenti: “Agcom darà una risposta in due mesi: sarà una giustizia just in time che scoraggerà inutili ostruzionismi”, ha spiegato Preto. Il quadro regolatorio – che si appresta a essere presto completato – nclude, inoltre, anche il regolamento per le verticali di palazzo, “considerata una best practice in Europa”, ci tiene a sottolineare il Commissario. Intanto a sorpresa la Romania spariglia le carte e per la prima volta in Europa deregolamenta il mercato all’ingrosso della banda larga fissa, considerato l’adeguato livello di concorrenza raggiunto. Ancom, l’Authority di Bucarest, ha infatti deliberato l’archiviazione di tutti gli obblighi ex ante in materia di accesso e prezzi in capo all’incumbent locale, Telekom Romania Communications. Non era ancora mai successo. E di sicuro il “caso” rappresenta un precedente che farà scuola o quantomeno il segnale dello scenario che si andrà presto delineando nei Paesi europei.

Tornando all’Italia se è vero che i bandi sono ancora tutti da fare plausibilmente la roadmap sarà calenderizzata sulla base delle “priorità”. E priorità – ha detto Giacomelli – fa rima con aree più indietro sulla penetrazione broadband. Per una volta non è il Sud a vestire i panni di Cenerentola. Grazie ai bandi Eurosud degli anni passati infatti il Mezzogiorno si è dotato di un’infrastruttura già in parte in linea con gli obiettivi europei 2020, abbattendo quindi lo storico digital divide e in un sol colpo piazzandosi in testa alla classifica non solo nazionale ma anche divenendo una best practice riconosciuta oltreconfine.

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