L'INTERVISTA

Valletti: “La banda larga è una priorità”

L’econonista: “Serve partire subito con le reti nelle grandi città e nel contempo agire sulla leva della domanda”

Pubblicato il 12 Dic 2011

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Le priorità del governo Monti sul fronte dell’Ict e della digitalizzazione del Paese, in particolare della PA. I punti focali su cui il nuovo esecutivo deve concentrarsi per la diffusione della banda larga. Come favorire la diffusione dell’Ict nel mondo delle Pmi. Il ruolo dell’Ict per portare l’Italia fuori dalle secche della crisi. La semplificazione delle regole. Ne abbiamo parlato con il professor Tommaso Valletti, ordinario di Economia all’Imperial College London e all’Università Tor Vergata di Roma, Research Fellow del Cepr di Londra e membro della Competition Commission (Uk).


Professore, il governo Monti parte senza un ministro o un sottosegretario all’Innovazione. Cosa ne pensa?
Penso che la presenza o meno di un ministro delle Comunicazioni non sia un elemento determinante per la realizzazione di un’agenda digitale. Ci sono diversi paesi dove non esiste un ministro ad hoc per le Comunicazioni e l’Innovazione, ma non per questo le cose non vanno avanti. Ad esempio, in Giappone non hanno un ministro delle Comunicazioni, eppure le cose su quel fronte vanno bene lo stesso. Insomma, l’essenziale è avere delle politiche e dei programmi e poi metterli in atto. Se le intenzioni ci sono, servono competenze e risorse.


Quali sono le priorità del nuovo governo sul fronte dell’Ict?
Diversi studi autorevoli, non ultimo quello realizzato dalla Banca Mondiale, evidenziano che ad un aumento del 10% in più delle connessioni Internet a banda larga corrisponde un aumento dell’1,3% del Pil di un Paese. Dirò di più, secondo la tesi di dottorato di un mio studente, nei paesi Ocse negli ultimi 10 anni almeno il 10% della crescita del Pil è dovuto alla diffusione della banda larga. È difficile stabilire degli effetti causali fra connessioni a banda larga e aumento del Pil, tuttavia è provato che più cresce la banda larga, più diminuiscono i costi per le aziende in diversi settori: dalle comunicazioni alla logistica, alla gestione delle risorse: sono questi i fattori che poi portano alla crescita.


Quindi la priorità del governo Monti è la diffusione della banda larga.
Sì, certamente è uno dei fattori chiave per lo sviluppo del Paese, anche se le risorse sono scarse. Penso che accanto alla diffusione della banda larga, sia altrettanto importante puntare sull’educazione, per rendere l’e-government facilmente accessibile ai cittadini. In altre parole, lo Stato dovrebbe spingere e fare in modo di ampliare l’offerta di servizi online disponibili per cittadini e imprese.


Le risorse per le Ngn sono scarse.
È vero, e non da ora. Da troppo tempo in Italia c’è un atteggiamento attendista sia da parte dello Stato sia da parte dei privati, in particolare di Telecom Italia. Lo Stato aspetta il primo passo delle telco, per capire come e dove intendono investire per la realizzazione delle reti a banda larga; le telco, dal canto loro, aspettano di capire se potranno ottenere dei fondi pubblici per realizzare le Ngn. E così, alla fine, si crea un circolo vizioso fra pubblico e privato.


Come superare l’impasse sulle reti?
In primo luogo, penso che sarebbe utile da parte del Governo non commettere il solito errore di collegare il tema della rete a banda larga con quello del digital divide. Sono due temi separati. Penso che sia meglio partire con le reti nelle grandi città, dove c’è la domanda e dove gli operatori hanno interesse ad investire, e nel contempo agire sulla leva della domanda, stimolando nuovi servizi digitali che coinvolgano l’utilizzo online della carta di credito, della logistica e altro ancora. Oggi, la maggior parte della gente usa la banda larga soprattutto per scaricare video e film: intrattenimento che non porta a crescita. Bisogna creare servizi e incentivarne l’utilizzo da parte di cittadini e aziende. Se la domanda c’è e pure i servizi ci sono ma non sono utilizzati, allora si deve agire sulla leva del prezzo abbassando i prezzi di accesso. Il problema vero e ben più grave si pone se non c’è domanda: significa che la gente non ha interesse ad usare Internet.


E nelle zone rurali?
Nelle zone rurali in digital divide si potrebbe pensare a meccanismi di incentivazione per le telco, ad esempio aste mirate o voucher dedicati per i gestori. La stessa Commissione Ue ha fatto una parziale marcia indietro su Internet come servizio universale. D’altra parte, se mancano le risorse non si può fare diversamente.


Per quanto riguarda la digitalizzazione dei servizi ai cittadini, può fare qualche esempio concreto?
A Londra, dove vivo, è possibile fare un ricorso online contro una multa. Qualche giorno fa ho preso una multa, ho fatto ricorso, allegando una foto della mia auto scattata con il cellulare e il numero di codice della contravvenzione. Avevo ragione io, nel giro di 24 ore mi hanno tolto la multa. Il tutto online, senza ricorso a raccomandate con avviso di ritorno o altri moduli cartacei. Il biglietto della metropolitana a Londra lo compri per lo più via cellulare, idem il biglietto del cinema o del teatro. A Roma per andare all’Auditorium si può fare l’acquisto online, ma poi devi andare ad uno sportello e far vedere la carta d’identità.


Cosa fare sul fronte Pmi?
Penso che il Governo debba agire con incentivi di politica fiscale per diffondere il digitale, diffondendo idee a basso costo veicolate magari da stagisti specializzati che vanno nelle aziende. Non ha più senso suddividere l’Ict in diversi orticelli distinguendo fra reti fisse, mobili, tivù, telefonini: il digitale è un tutt’uno trasversale e come tale va trattato, anche semplificando le regole e allentando i lacci della privacy

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