FIBER TO ITALY

Vodafone spinge sui cabinet

Pasquali: “Aprirli subito. In ballo concorrenza e spinta agli investimenti. Fattore tempo fondamentale se si vogliono spingere le nuove reti”

Pubblicato il 13 Mag 2014

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Vodafone coprirà 7 milioni di abitazioni con la fibra entro il 2017, investendovi “una parte rilevante dei 3,6 miliardi del piano Spring”; ma per un pieno sviluppo della copertura, “è importante che la decisione dell’Agcom sull’apertura dei cabinet sia presto esecutiva”, auspica Gianluca Pasquali, a capo degli ultra broadband services di Vodafone Italia. Pasquali ha questo ruolo da sei mesi, quando Vodafone ha lanciato la divisione ultra broadband services.

“Si conferma così l’intenzione di Vodafone di avere un focus organizzativo e un budget di marketing e comunicazione dedicato al settore fibra ottica”, spiega.

Che state facendo sull’ultra broadband?

Stiamo lavorando su due fronti. Da una parte vendiamo l’offerta nelle città coperte (ci colleghiamo tramite Vula alla rete Telecom Italia). Dall’altra, sviluppiamo il nostro piano infrastrutturale.

Obiettivi del piano?

Coprire 6,5 milioni di abitazioni con Fttc e oltre 500mila con Ftth in tre anni. A questo si aggiungeranno le ulteriori città che coprirà Telecom in cui Vodafone offrirà i servizi in fibra attraverso Vula. Già oggi siamo presenti in 37 città, e saremo in tutte le città dove sarà disponibile il servizio.

Quanto investirete?

Sarà un parte rilevante dei 3,6 miliardi del piano Spring. Per ora possiamo dire solo questo.

Con quali criteri sceglierete le città da coprire con la nuova rete?

Considereremo fattori socio demografici ma anche il livello di forza del nostro marchio, per decidere quali città via via coprire. Terremo conto quindi anche di quanti utenti Adsl e di rete mobile abbiamo nelle città di potenziale copertura.

Ma userete vostri cabinet o quelli Telecom Italia?

L’implementazione delle regole stabilite da Agcom per garantire l’accesso ai cabinet dell’operatore incumbent sarà molto rilevante per lo sviluppo dei nostri piani.

E quali regole vorreste?

Vorremmo venisse resa esecutiva, in tempi rapidi, una decisione già presa da Agcom: che i cabinet di Telecom vanno aperti agli investimenti degli operatori. Cioè che sia loro permesso mettere i propri apparati Dslam all’altezza del cabinet. “Apertura” sia dei cabinet già esistenti che di quelli che verranno posati. Questo garantisce uno sviluppo di una concorrenza sana, senza colli di bottiglia e strozzature, a vantaggio dei clienti. Oltre che una grande efficienza, evitando duplicazioni e disagi ai cittadini per scavi stradali inutili, a vantaggio di un minor impatto ambientale.

C’è il rischio quindi, secondo voi, che il principio stabilito da Agcom resti solo teorico?

No, ma il fattore tempo è fondamentale per consentire per agli operatori di investire. Dopo di che, le regole non escludono ragionamenti industriali che guardino ad obiettivi di coinvestimento tra i diversi operatori. Senza regole però rischiamo chiusure al mercato e vincoli allo sviluppo.

Perché non vi basta la rete di TI in Vula, come in altri Paesi dove c’è solo un operatore con fibra negli armadi?

Vodafone ha scelto di essere una “scale data company”: un’azienda che offre il migliore servizio di connettività fissa e mobile. Per quella fissa, abbiamo bisogno di una nostra rete, che ci permetta di differenziarci e di avere il pieno controllo sul servizio. È lo stesso principio per cui l’Adsl in unbundling è migliore di quella in bitstream.

E con il fiber to the home resterete solo a Milano?

Il nostro piano prevede Milano, che copriremo all’80% entro il 2016. Ci appoggeremo a Metroweb, che metterà la fibra spenta e noi l’intelligenza di rete.

Lo fate già adesso, su rete Metroweb.

Il piano futuro sarà l’estensione di quel modello, che sta funzionando bene. Solo che ora copriamo oltre il 25% di Milano. Significa quindi che triplicheremo questa copertura.

Cosa si può chiedere al Governo per favorire lo sviluppo della rete in banda ultra larga?

Francesco Caio ha fatto un’analisi lucida nel proprio rapporto. Alla luce dei piani commerciali degli operatori, sappiamo che il 30% di utenti sarà coperto da più di una rete. Il 20% avrà solo quella di Telecom Italia. Il 50% non avrà alcuna rete a banda ultra larga. Allora quello che il Governo dovrebbe fare è favorire un progetto di una rete unica, per diffondere la banda ultra larga.

Per potenziare la copertura, il Governo però già ha un piano nazionale a banda ultra larga, con bandi di gara.

Non credo che con i bandi raggiungeremo gli ambiziosi obiettivi dell’Agenda digitale in termini di copertura ultra broadband. Le loro caratteristiche fanno sì che solo un operatore dotato di infrastruttura in quell’area possa fare un piano economicamente sostenibile, dopo aver vinto il bando. Con i bandi possiamo insomma migliorare solo un poco la copertura, e solo nelle cosiddette aree bianche. La differenza la farebbe quanto detto prima: una rete unica. Che però al momento non è una cosa in discussione.

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