RAPPORTI SHARITALY

Cresce la sharing economy: piattaforme in aumento del 35%, trainano i trasporti

In Italia l’economia della condivisione conta oggi 187 siti operativi. Sempre al top quelli per la mobilità, seguono scambio di beni, turismo e alimentare. Boom del crowdfunding: da inizio anno giro d’affari da 57 milioni

Pubblicato il 17 Nov 2015

Andrea Frollà

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I trasporti guidano la crescita della sharing economy italiana. È questa la principale indicazione che emerge dal rapporto “Sharing economy: la mappatura delle piattaforme italiane 2015” che ha fotografato lo stato del settore nel nostro paese. I risultati sono positivi perché le piattaforme operative sono oggi 187, ossia il 35,5% in più rispetto a 12 mesi fa, e tra queste 118 crescono a ritmi superiori al 20%. I risultati sono stati diffusi durante SharItaly a Milano, l’evento organizzato da TRAILab, laboratorio dell’Università Cattolica, dalla società di informazione e consulenza sull’economia collaborativa Collaboriamo.

I settori in cui si concentrano maggiormente le aziende dell’economia collaborativa italiana sono sempre quelle dei trasporti, che rappresentano il 19% del totale, lo scambio di beni di consumo (15%), il turismo (15%), l’alimentare (9%) e da quest’anno anche la cultura (9%).

“Le piattaforme di sharing economy continuino a crescere in tutti i settori, a dimostrazione che la sharing economy non sia un settore ma un modello di servizio che si applica in tutti gli ambiti – spiega Marta Mainieri, ideatrice e curatrice insieme a Ivana Pais di Sharitaly – Le piattaforme di sharing italiane sono ancora molto giovani, la maggior parte ha poco più di due anni di vita”.

Non a caso, secondo le stime elaborate la domanda ha ancora molti margini di crescita: la metà delle piattaforme di sharing ha infatti meno di 5mila utenti, anche se l’11% ne registra però oltre 100mila. Un numero che inizia a permettere alle piattaforme di innescare circoli virtuosi.

Lo stesso vale per le piattaforme di crowdfunding: il 49% ha un numero di donatori inferiore a 500, e il 9% supera i 50mila. Proprio rispetto alla capitalizzazione fra privati durante la manifestazione è stato presentato anche una secondo ricerca dal titolo ‘Il crowdfunding in Italia. Report 2015: statistiche, piattaforme e trend’, realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Tim e Starteed e coordinata da Ivana Pais, docente di sociologia economica dell’Università Cattolica. Da questo secondo rapporto è emerso che le piattaforme attive specializzate nel crowdfunding sono 69, che rispetto alle 41 dello scorso anno testimoniano un aumento del +68,2%.

Il giro d’affari generato dalle piattaforme di crowdfunding è però in forte crescita: con 56,8 milioni di euro dall’inizio del 2015, si registra un +85% rispetto ai 30,6 milioni di euro del 2014. Quasi la metà delle 69 piattaforme attive si basa su ricompense, il 19% su donazioni, un altro 19% è rappresentato da piattaforme equity e il 4% si fonda sul debito. Il 13% del totale è rappresentato da piattaforme ibride, con quello che unisce ricompense e donazioni che risulta tra i preferiti.

“Siamo ancora lontani dai Paesi leader e nel contesto di questa crescita si conferma la natura sociale e civica del crowdfunding italiano”, aggiunge Pais.

Dunque, tanto per la sharing economy quanto per il crowdfunding il mercato italiano mostra segni di crescita e consolidamento, anche se manca un ecosistema capace di far decollare questi servizi: l’81% delle piattaforme di sharing e il 65% di quelle di crowdfunding dichiara di aver utilizzato prevalentemente risparmi personali per lanciare il servizio. Sono infatti ancora minime le percentuali riservate a forme di investimento più strutturate.

Naturalmente, gli imprenditori della sharing economy per crescere chiedono più finanziamenti (73% sharing, 50% crowdfunding), ma anche più cultura (73% crowdfunding; 47% sharing), partnership con aziende (50% sharing, 58% crowdfunding). Solo il 16% delle piattaforme di sharing e il 29% di quelle di crowdfunding chiede più norme.

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