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Industria 4.0, slitta il piano Calenda

Salta l’incontro della cabina di regia che doveva riunirsi per “bollinare” il documento. La presentazione della strategia nazionale per la quarta rivoluzione industriale rimandata a data da destinarsi

Pubblicato il 04 Ago 2016

La strategia Industria 4.0 è rimandata a data da definirsi. Il 5 agosto, la fatidica data annunciata dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda per la presentazione del “piano” non passerà dunque alla storia come il “giorno di Industria 4.0”. “La presentazione è stata rimandata a causa di sopraggiunti impegni”, si limitano a riferire dal ministero. A quanto risulta a CorCom la partita è rimandata a dopo la pausa estiva, alias a non prima di fine agosto. Quali siano i sopraggiunti e urgenti impegni che hanno fatto saltare l’atteso appuntamento – fra l’altro oggetto di un battage mediatico sulla carta stampata che tiene banco da settimane – non è dato sapersi. Secondo quanto risulta al nostro sito non si saerebbero incastrate tutte le agende dei partecipanti alla cabina di regia e in particolare quella del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che fa parte del “team”. Sta di fatto che la “cabina di regia” che domani avrebbe dovuto riunirsi per la prima volta per “bollinare” il piano a cui si lavora da mesi, domani dunque non si riunirà. E bisognerà dunque aspettare ancora prima di leggere nero su bianco il piano che il ministero ha messo a punto per avviare l’Italia verso la nuova rivoluzione industriale.

Riguardo ai contenuti del Piano, che comunque secondo quanto risulta sempre a CorCom, è di fatto pronto il ministro ha annunciato obiettivi e visione in occasione dell’audizione alla Commissione Attività produttive della Camera di cui a seguire riproponiamo una sintesi.

SINTESI DELL’AUDIZIONE ALLA CAMERA DEL MINISTRO CARLO CALENDA SU INDUSTRIA 4.0

La digitalizzazione dei processi produttivi in generale, e del settore manifatturiero in particolare, rappresenta non solo un’opportunità per la nostra industria: è anche e soprattutto un cambiamento di portata epocale che non può essere eluso. Di fronte a mutamenti così profondi, o si è protagonisti, oppure se ne viene travolti. È quindi essenziale prima di tutto capire, poi governare, e infine sfruttare il cambiamento. E ciò è particolarmente importante in un Paese che ha, nel suo settore manifatturiero, uno dei più importanti driver di crescita, di competitività, di occupazione. In questo senso, parlare di Industria 4.0 significa mettere a sistema, amplificandole e integrandole, una serie di misure e di linee politiche che questo Governo ha identificato come qualificanti: la promozione e il sostegno alle imprese che innovano, che si internazionalizzano, che trovano nella flessibilità e nella reattività la propria cifra produttiva. Le rivoluzioni industriali hanno comportato effetti enormi sull’incremento della produttività e sul benessere della società. È l’organizzazione, più ancora che la tecnologia in sé e per sé, ad aver determinato gli immensi guadagni di produttività, e quindi di efficienza e di ricchezza, a cui abbiamo assistito.

Una nuova industria del futuro – l’analitica dei Big Data – trasformerà non solo la manifattura, ma i più svariati settori di attività dall’agricoltura al turismo, dall’energia alla moda, dalla mobilità alla sanità. I confini fra manifattura, servizi e settori si faranno sempre più rarefatti in un processo di cosiddetta “servitizzazione” del manifatturiero.

Da Industria 4.0 deriveranno innovazioni non solo tecnologiche, ma anche e soprattutto organizzative e di approccio al cliente e ai mercati. Se nel passato le rivoluzioni industriali hanno valorizzato le economie di scala, oggi attraversiamo una fase in cui diventa cruciale l’intensità di conoscenza. È una finestra dalla quale l’Italia può trarre enormi vantaggi, se avrà la forza e la determinazione di essere parte del cambiamento. Da questa prospettiva le Pmi potranno persino uscirne rafforzate.

Naturalmente, come per ogni rivoluzione, avrà la peggio chi non saprà innovare e adattarsi: in questo senso, la quarta rivoluzione industriale costituisce sia una minaccia che un’opportunità, tanto per le imprese quanto per l’economia dei Paesi europei.

Le istituzioni devono mettere al centro della propria azione ciò che in altre occasioni ho definito “politiche per la produttività totale dei fattori”: dobbiamo creare le condizioni abilitanti perché le imprese possano lavorare, sperimentare e svilupparsi. Dobbiamo anche dotarci di adeguate politiche industriali che, anziché cercare giustificazione nella promozione di filiere verticali, valorizzino quelle caratteristiche su cui oggi si gioca la partita della competitività: innovazione, internazionalizzazione, apertura al mercato dei capitali.

Contemporaneamente le imprese devono capire che è finito il tempo in cui l’orizzonte è nazionale e il business si gioca essenzialmente in difesa.

Ho ripreso il lavoro di inquadramento portato avanti dal ministro Federica Guidi e, non appena insediato, ho istituito un gruppo di lavoro operativo che potesse aiutarci a redigere un documento di posizionamento strategico su Industria 4.0 con qualche prima indicazione di policy. L’obiettivo è quello non solo di sviluppare un framework di azione per favorire gli investimenti 4.0, ma anche quello di individuare un primo pacchetto di misure da inserire già nella prossima Legge di stabilità.

Sono state individuate cinque aree su cui concentrare l’azione di policy del Governo: investimenti in innovazione; fattori abilitanti; standard di interoperabilità, sicurezza e comunicazione IoT; rapporti di lavoro, salario e produttività; finanza d’impresa.

Occorre spingere gli investimenti innovativi in chiave 4.0 adottando non tanto una logica tech push, ma solution driven che porti le aziende a investire nell’analitica dei big data e nelle informazioni che producono e che possono produrre per costruire nuovi modelli di business. Il gap di investimenti è stimato in circa 8 miliardi annui nei prossimi 5 anni.

Molti sforzi sono stati fatti dal Governo per incrementare gli investimenti in innovazione, pensiamo ad esempio alla legge Sabatini, al Super Ammortamento, al Credito d’Imposta R&S, al Patent Box. Occorre adesso continuare su questa strada, concentrando le risorse sulle misure che hanno avuto più successo, indirizzando gli strumenti di incentivazione verso le tecnologie abilitanti Industria 4.0.

È il momento di guardare alla domanda di connettività non solo di cittadini e consumatori, ma soprattutto a quella di imprese e distretti industriali portando una copertura a 100 Mb/s attraverso il Piano Banda Ultra Larga e misure di sostegno alla domanda di connettività. Bisogna poi investire nelle competenze Stem (science, technology, engineering and mathematics). Fra i fattori abilitanti vanno anche annoverati gli standard di interoperabilità, di sicurezza e di comunicazione IoT che sono o potrebbero essere definiti in sede nazionale ma soprattutto internazionale. È vitale monitorare, essere presenti e indirizzare le decisioni nei tavoli di confronto internazionale per tutelare le caratteristiche del contesto italiano in una prospettiva di adozione di standard aperti ma “guidati” dai bisogni industriali. Occorre inoltre riconsiderare la regolamentazione dei rapporti di lavoro adeguandola a un contesto che evolverà continuamente verso una maggiore autonomia e responsabilizzazione del lavoratore.

Prioritario costruire una finanza d’impresa capace di sostenere lo sforzo di investimenti necessario a cogliere le opportunità di Industria 4.0 lavorando per una maggiore canalizzazione del risparmio nazionale verso gli impieghi nell’economia reale e attivando il mercato internazionale dei capitali dando visibilità a emissioni di “carta italiana” (private equity, development bond, Fondo Centrale di Garanzia) su Industria 4.0. Non penso che il Governo possa decidere il sentiero futuro dell’evoluzione della nostra economia. Non credo, in realtà, che una rivoluzione industriale possa essere pianificata top down. Quello che il Governo può fare è rimuovere gli ostacoli, e sostenere le imprese che sono più innovative, più coraggiose, più lungimiranti. Il Governo può anche fare molto per creare problemi, e non di rado ciò è accaduto nel passato. Questa volta non accadrà. Il nostro Governo si è impegnato fortemente nel fare dell’Italia un Paese a misura d’impresa. Se in Italia si vuole creare quella necessaria coesione di sistema su obiettivi e strumenti facendo scalare e rendendo sistemiche le tante esperienze positive e buone pratiche già oggi presenti, in modo purtroppo ancora troppo frammentato, vi è la necessità di imbastire un’architettura di governance pubblico privata sul tema Industria 4.0.

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