NUOVE IMPRESE

Startup a caccia di esperti digitali, ma in Italia non si trovano

Oltre il 40% delle nuove imprese ha avviato ricerche per personale qualificato ma senza risultati. Ingegneri hardware e digital marketing manager le figure più ricercate. I numeri dell’Osservatorio Startupper’s Voice

Pubblicato il 03 Feb 2017

F.Me

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AAA personale qualificato cercasi, ma la richiesta delle startup italiane rischia di cadere nel vuoto. Secondo uno studio pubblicato dall’Osservatorio Startupper’s Voice, effettuato su un panel di circa 200 startup italiane, il 40% di queste imprese innovative ha avviato un processo di ricerca di personale qualificato senza riuscire a raggiungere dei risultati soddisfacenti.

Di più: solamente il 15% degli intervistati ha dichiarato di aver individuato le competenze ricercate nei candidati selezionati, mentre l’11% ha di fatto rinunciato alla ricerca del personale. Ma cosa cerca una start up nei propri potenziali collaboratori? Competenze tecniche, ma anche le cosiddette soft skills, le competenze trasversali necessarie per integrarsi nell’ambiente particolare in cui solitamente le start up operano. Quali, nello specifico? “Per riuscire a portare sul mercato una nuova azienda è infatti necessario un alto livello di coesione all’interno del gruppo di lavoro, il quale sarà per forza di cose sottoposto a continue e stressanti pressioni”, spiega Carola Adami founder e Ceo di Adami & Associati, società specializzata in ricerca di personale qualificato per Pmi e multinazionali.

Le start up si trovano infatti spesso schiacciate da pianificazioni rigide e particolarmente serrate, oltre che dalle frenetiche startup competition. Da questo punto di vista, dunque, la ricerca di personale qualificato non si limita al puro soddisfacimento dei requisiti tecnici, ma deve andare oltre, puntando a una ulteriore compatibilità di tipo relazionale.

Un problema non da poco. Una fetta tra l’80% e il 90% delle start up avviate in Italia fallisce in tempi brevi. I motivi principali? “Un’idea commerciale inadeguata in partenza, una perenne insufficienza di liquidità e sì, la mancanza di un buon team di collaboratori”, sottolinea Adami. Per aiutare la crescita delle start up, anche in Italia stanno nascendo anche le cosiddette “accelerator”, o acceleratori d’impresa, aziende che mettono a disposizione delle start up più promettenti le proprie tecnologie e le proprie risorse, in modo da garantire loro un accesso veloce e duraturo sul mercato. Anche questo tipo di aziende, però, rischia di incorrere nella difficoltosa ricerca di personale qualificato.

La nascita dell’acceleratore d’impresa, infatti, comporta anche la ricerca parallela di nuove figure professionali altamente qualificate, indispensabili per dare il giusto appoggio alle startup nascenti. Quali? Per lo più di manager caratterizzati da competenze trasversali di tipo tecnico, capaci di resistere allo stress della gestione di più progetti nel medesimo tempo. Una figura centrale in queste aziende è per esempio quella del Business Development Team che raccoglie figure a metà strada tra il direttore commerciale e il recruiter, con compiti che vanno dall’impostazione della strategia di vendita all’individuazione, nel mare magnum del mercato, delle start up più promettenti da accogliere nell’acceleratore.

Le figure più ricercate dalle accelerator sono: ingegneri hardware, responsabili della realizzazione di sistemi elettronici e in grado di coordinare un team di hardware engineering; ingegneri software, capaci di implementare applicazioni avanzate su piattaforme tecnologicamente innovative; e digital marketing manager, responsabili delle strategie di marketing digitale e di media relations, per assicurare un crescente numero di clienti alle startup coinvolte nell’acceleratore.

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