Hillary Clinton: “Gli Usa per un Internet aperto, ecco le tre sfide”

Il Segretario di Stato delinea i principi su cui dovrà posare il futuro sviluppo della Rete: senza libertà non ci sono progresso sociale e crescita economica

Pubblicato il 17 Feb 2011

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Dal campus della George Washington University, il Segretario di
Stato americano Hillary Clinton ha colto l’occasione ieri per
parlare di Internet e dei diritti online, un tema, ha sottolineato,
“che merita l'attenzione dei cittadini e dei governi”. Ecco
un estratto dei punti salienti dell’intervento, che ha preso le
mosse dal black-out di Internet che per cinque giorni, dal 28
gennaio, ha oscurato l’Egitto.

Nei quattro giorni precedenti, centinaia di migliaia di egiziani
avevano marciato per chiedere un nuovo governo e il mondo, sui
televisori, computer portatili, telefoni cellulari e smartphone,
aveva seguito ogni singolo passo. Foto e video provenienti
dall’Egitto avevano inondato il web. Su Facebook e Twitter, i
giornalisti avevano pubblicato reportage con notizie dell’ultima
ora. I manifestanti avevano coordinato le loro mosse su Interent. E
i cittadini di ogni bandiera avevano condiviso paure e speranze.
Poi il governo ha staccato la spina: oscurare questo scambio di
comunicazioni ha significato impedire agli egiziani di unirsi e al
resto del mondo di guardare.

Dopo cinque giorni, l'Egitto è tornato online. Le autorità
hanno però cercato di utilizzare Internet per controllare le
proteste e hannno ordinato alle società di telefonia mobile di
inviare degli sms pro-governo; nel contempo, hanno arrestato alcuni
blogger e altre persone che avevano organizzato le proteste online.
Diciotto giorni dopo l'inizio delle proteste, il governo ha
fallito e il presidente ha dovuto annunciare le dimissioni.

Quello che è successo nelle ultime settimane in Egitto, e che
accade in questi giorni in Iran, non riguarda solo il mondo di
Internet. Le persone protestano perché profondamente scontente
delle loro condizioni politiche ed economiche. Internet non fa le
rivoluzioni: è la gente a farle. Sia in Egitto che in Iran, il
modo in cui cittadini e autorità hanno usato Internet rispecchia
il potere delle tecnologie di connessione, da un lato come
acceleratore del cambiamento politico, sociale ed economico,
dall'altro come mezzo per soffocare il cambiamento.

Oggi si parla molto di Internet come forza di liberazione o di
repressione, ma io penso che il dibattito non colga nel segno.
L’Iran non è un Paese repressivo perché usa Facebook per
catturare i membri dell’opposizione, ma perché il governo
abitualmente viola i diritti della gente. I nostri valori e il
senso della dignità umana possono però spingerci a pensare al
futuro e alla collocazione di Internet. Due miliardi di persone
sono oggi online, quasi un terzo dell'umanità. Internet è
diventato lo spazio pubblico del XXI secolo – come una grande
piazza, e questo rappresenta una sfida. Per assicurare che Internet
offra il massimo dei benefici possibili per tutti, dobbiamo parlare
seriamente dei principi da seguire, delle regole che devono esserci
e di quelle che non hanno motivo di esistere. L'obiettivo non
è dire alla gente come usare Internet più di quanto dovremmo dire
alla gente come utilizzare qualsiasi piazza, che si tratti di
Tahrir Square o Times Square. Il valore di questi spazi deriva
dalla varietà di attività che si possono condurre, dalla vendita
alle proteste alle conversazioni private. Questi spazi forniscono
una piattaforma aperta, e così deve essere Internet. Non deve
servire un programma politico o di altra natura, ma se tutte le
persone del mondo vogliono incontrarsi ogni giorno online ci sarà
bisogno almeno di una visione condivisa.

Un anno fa, ho offerto un punto di partenza per questa visione
comune chiedendo un impegno globale per la libertà di Internet,
per tutelare i diritti umani online come facciamo offline. Insieme,
le libertà di espressione, di riunione e associazione online
rappresentano quello che ho chiamato la libertà di connettersi.
Gli Stati Uniti appoggiano queste libertà per le persone di tutto
il mondo e hanno invitato le altre nazioni a fare lo stesso.
Sosteniamo inoltre la necessità di allargare il numero di persone
che hanno accesso a Internet nel mondo.

A un anno di distanza dal mio discorso, la gente in tutto il mondo
ha continuato a usare Internet per risolvere problemi comuni e
denunciare la corruzione pubblica, ma al tempo stesso Internet è
imbavagliato in molti modi diversi, come nella censura cinese o
nella intranet nazionale di Cuba, che impedisce ai cittadini di
accedere all’Internet globale.

Le scelte che facciamo oggi determineranno quello che Internet
sarà in futuro. Le aziende devono scegliere se e come entrare in
mercati dove è limitata la libertà online. Le persone devono
scegliere come comportarsi sul web, quali informazioni condividere
e con chi, a quali idee dare voce e come. I governi devono
rispettare i propri impegni e proteggere la libertà di
espressione, di riunione e di associazione. Per gli Stati Uniti, la
scelta è chiara: per quanto riguarda la libertà di internet, noi
siamo completamente aperti. Ora, siamo consapevoli di non avere,
né noi né alcun governo, tutte le risposte, e anche che un
Internet aperto presenta diverse sfide. Ma crediamo che i vantaggi
superino di gran lunga i rischi.

Ecco quindi le sfide principali che dobbiamo fronteggiare oggi per
difendere un Internet libero e aperto. La prima è ottenere
libertà e al tempo stesso sicurezza, perché senza sicurezza, la
libertà è fragile, e senza libertà, la sicurezza è opprimente.
Trovare il giusto equilibrio per Internet è fondamentale, perché
le qualità che rendono Internet una strumento di progresso senza
precedenti lo possono rendere anche uno strumento criminale senza
paragoni. Quindi abbiamo bisogno di strategie di successo di lotta
contro tali minacce (dagli hacker ai terroristi), ma senza che ne
soffra l'apertura che è la prima caratteristica di Internet.
Gli Stati Uniti stanno investendo in sicurezza informatica e hanno
ratificato la Convenzione di Budapest sulla cyber-criminalità, che
stabilisce le misure che i Paesi devono adottare per garantire che
Internet non divenga terreno d’azione per i criminali, pur
proteggendo le libertà dei cittadini.

Altri hanno adottato un approccio diverso. La sicurezza è spesso
invocata come pretesto per reprimere i diritti fondamentali. Questa
tattica non è nuova, ma ha una risonanza più vasta nell’era
digitale, dando ad alcuni governi nuovi strumenti per scovare e
punire i sostenitori dei diritti umani e i dissidenti politici.
Questi governi stanno prendendo la strada sbagliata. Coloro che
reprimono la libertà di Internet possono trattenere la piena
espressione delle aspirazioni del proprio popolo per un po ',
ma non per sempre.

La seconda sfida è tutelare la trasparenza e riservatezza. Oltre
ad essere uno spazio pubblico, Internet è anche un canale per le
comunicazioni private e perché continui ad esserlo dobbiamo
garantire la tutela online delle comunicazioni riservate, da quelle
dei singoli individui a quelle di giornalisti o organi del governo.
A questo proposito, so che le informazioni riservate dei governi
sono diventate un tema caldo negli ultimi mesi a causa di
Wikileaks, ma è un dibattito che poggia su falsi presupposti:
l'incidente WikiLeaks è iniziato con un furto di documenti
governativi. Gli Stati Uniti non possono portare avanti la causa
dei diritti umani e della democrazia in tutto il mondo rendendo
pubblico ogni passo degli sforzi compiuti: le comunicazioni
riservate danno al nostro governo l'opportunità di svolgere un
lavoro che non si potrebbe fare altrimenti. Per le operazioni come
queste, la segretezza è fondamentale, soprattutto nell'era di
Internet, in cui informazioni sensibilil possono essere inviate in
tutto il mondo con un click. E’ vero che i governi devono essere
trasparenti, ma non possono agire interamente allo scoperto,
perché questo metterebbe a repentaglio il successo di molte
operazioni delicate.

Ed eccoci alla terza sfida di Internet: proteggere la libertà di
espressione difendendo al tempo stesso la tolleranza. Internet è
la patria di ogni tipo di discorso – anche falso o offensivo. La
moltitudine di opinioni e idee che affollano Internet è un
prodotto della sua apertura e un riflesso della varietà degli
esseri umani. Online, tutti hanno una voce. E la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo protegge la libertà di
espressione per tutti. Ma ciò che diciamo ha delle conseguenze. Le
parole di odio o diffamatorie possono scatenare ostilità,
approfondire le divisioni, provocare violenza. Su Internet, questo
potere è intensificato.

Alcuni ritengono che, in nome della tolleranza, i contenuti più
ostili debbano essere messi a tacere dai governi. Noi non siamo
d’accordo. Si tratta spesso di pretesti per violare la libertà
di espressione; la storia prova invece che alle parole cariche di
violenza si risponde con più parole, alzando la voce di chi parla
contro l'intolleranza e l'odio. Esponendo tutte le idee al
dibattito, quelle che promuovono la pace e l’unione tendono ad
essere rafforzate, mentre quelle deboli, false, ostili prima o poi
a svaniranno. Lo scambio di idee funziona per aprire le menti delle
persone.

Questi tre grandi principi illustrati non sono sempre facili da
seguire, ma costituiscono il fondamento di una società libera,
aperta e sicura così come di un Internet libero, aperto e sicuro,
in cui siano rispettati i diritti umani universali e che ci
garantisca prosperità nel lungo periodo.

Alcuni Paesi stanno cercando un approccio diverso, limitando i
diritti online e erigendo barriere tra le diverse attività – gli
scambi economici, le discussioni politiche, le espressioni
religiose, le interazioni sociali. Ma non c'è un Internet
economico, uno sociale e uno politico, Internet è uno solo. E il
mantenimento di barriere che cercano di cambiare questa realtà
comporta una serie di costi che i Paesi potranno assorbire per
qualche tempo, non nel lungo periodo.

Quando i Paesi riducono la libertà internet, pongono dei limiti
alla loro futura crescita economica. I giovani non hanno accesso ai
dibattiti che si svolgono nel resto del mondo, non possono cercare
informazioni e acquisire quelle conoscenze che portano a mettere in
discussione i vecchi modi di fare e a inventarne di nuovi. I
governi, senza critica, sono più esposti alla corruzione; le
distorsioni economiche hanno effetti a lungo termine.

Non sorprende che l’European-American Business Council, un gruppo
di oltre 70 società, si sia fortemente dichiarato a favore della
libertà di Internet la scorsa settimana. Se si investe in Paesi
con una censura aggressiva e un forte controllo statale, il proprio
sito Internet potrebbe essere chiuso senza preavviso, i server
spiati dal governo, la proprietà intellettuale rubata, il
personale minacciato. Le aziende saranno spinte a sfruttare le
opportunità di mercato in altri Paesi che non pongono rischi così
gravi. Anche in Cina, che sembra un’eccezione, perché la censura
su Internet è elevata ma la crescita economica forte, queste
limitazioni avranno costi a lungo termine che minacciano di
diventare un freno per lo sviluppo.

Anche i costi politici sono rilevanti. Si consideri la Tunisia,
dove l'attività economica online è una parte importante dei
legami con l'Europa, ma la censura è simile a quella di Cina e
Iran e lo sforzo per dividere l’Internet economico da “tutto il
resto" non è sostenibile.

Esorto allora i Paesi in tutto il mondo a unirsi a noi nella nostra
scommessa, la scommessa che un Internet aperto porterà a Paesi
più prosperi. E non è una scommessa sui computer o sui telefoni
cellulari, ma sulle persone. Internet come spazio aperto per tutti
produrrà nel lungo termine progresso e ricchezza condivisa. Gli
Stati Uniti continueranno a promuovere un Internet in cui sono
protetti i diritti delle persone e che è aperto
all'innovazione, interoperabile, sicuro e affidabile.

Nell'ultimo anno, abbiamo stimolato la nascita di una
coalizione globale di nazioni, imprese e attivisti per lavorare su
questi obiettivi e abbiamo trovato sostegno nella Global Network
Initiative. Cerchiamo di portare nella società civile questi
valori tramite l’iniziativa Civil Society 2.0 che collega Ong e
attivisti con aziende tecnologiche e università. Vogliamo
raggiungere le persone di tutto il mondo e per questo abbiamo
inaugurato i feed Twitter in arabo e farsi e presto li manderemo
anche in cinese, russo e hindi. Il nostro impegno per la libertà
su Internet è un impegno per i diritti delle persone e si unisce
sempre ad azioni concrete: negli ultimi tre anni, abbiamo
assegnato 20 milioni di dollari di finanziamenti per supportare la
lotta contro la repressione su Internet. Quest’anno stanzieremo
altri 25 milioni di dollari promuovendo tecnologie e campagne di
informazione. Stiamo anche lavorando per rafforzare la sicurezza
informatica e l’innovazione online, potenziare la capacità nei
Paesi in via di sviluppo, favorire gli standard aperti e
interoperabili e stimolare la cooperazione internazionale contro le
minacce informatiche. Per gli Stati Uniti si tratta di una
priorità di politica estera: anche per questo ho creato l’Office
of the Coordinator for Cyber Issues, per dare forza al nostro
lavoro sulla cyber security e facilitare la cooperazione tra le
diverse agenzie del governo americano.

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