CRESCITA 2.0

Agenda digitale: Ngn, scompare il credito di imposta

Con 127 voti a favore, 17 contrari e 23 astenuti Palazzo Madama dà il via libera al Crescita 2.0: cancellato anche il Tetra. Ora la palla passa alla Camera che ha tempo fino al 18 dicembre per votare il provvedimento

Pubblicato il 06 Dic 2012

Federica Meta

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Con 127 voti a favore, 17 contrari e 23 astenuti, il Senato ha approvato il decreto Crescita 2.0 sul quale il governo aveva posto la fiducia. Ora la palla passa alla Camera cgha tempi fino al 18 dicembre per votare il provvedimento.

Tra le novità più rilevanti del maxi emendamento approvato lo stop più eclatante (decretato dalla commissione Bilancio del Senato) riguarda il credito di imposta per le infrastrutture, ulteriormente alleggerito: il bonus fiscale si applicherà solo alle nuove opere e non più a quelle già aggiudicate. È stata inoltre stralciata anche l’estensione del credito d’imposta ai progetti per le reti a banda ultralarga predisposti da un’apposita società di capitali costituita dalla Cassa depositi e prestiti. Tra le norme bocciate anche il programma per le rete di comunicazione interforze Tetra per le comunicazioni sicure di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato.

Sul versante delle agevolazioni fiscali arriva anche il credito d’imposta per le “opere dell’ingegno” vendute o noleggiate online. I contenuti coperti dal diritto d’autore potranno beneficiare di un bonus fiscale del 25% dei costi sostenuti, nel rispetto del “de minimis”, per il 2013-2015. Le agevolazioni, concedibili nel limite di spesa di 5 milioni annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili, saranno coperte con un aumento del prelievo erariale sui concessionari dei giochi (new slot eccetera) e una diminuzione del compenso per i punti vendita degli stessi.

Sempre in tema di Tlc, entro 60 giorni saranno definite le regole sul pagamento degli oneri per limitare le interferenze tra tv digitale e banda larga mobile. Ogni tre mesi il ministero ripartirà i contributi a carico dei vari operatori assegnatari delle frequenze in banda 800 megahertz sulla base dei costi di intervento effettivamente sostenuti. Un “aiuto” ai gestori mobili arriva, infine, con l’estensione del campo applicativo dell’autocertificazione di attivazione degli impianti radioelettrici, con l’obiettivo di agevolare la diffusione della banda larga ultramobile.

L’indice Ini-Pec, che prima la commissione Industria aveva “chiuso” riservandolo alle sole PA, torna accessibile anche a cittadini, imprese e professionisti.

Si rallenta invece sull’adozione dei libri digitali. Nella prima versione del decreto sviluppo varata a ottobre dal governo Monti si parlava di obbligo di adizione a partire dal prossimo anno scolastico (il 2013/2014) per le superiori e di quello successivo per il primo ciclo (primarie e medie). L’emendamento votato on commissione al Senato prevede che il collegio dei docenti adotti “esclusivamente libri nella versione digitale o mista, costituita da un testo in formato digitale o cartaceo e da contenuti digitali integrativi, accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto” a partire non dal 2013/2014 ma dal 2014/2015. In quell’anno l’obbligo scatterà per tutti gli ordini di scuola in modo definitivo”.

Nei giorni scorsi la commissione aveva bocciato la proposta – frutto del lavoro della Commissione Trasporti e Tlc della Camera e firmato da Paolo Gentiloni (Pd) e Antonio Palmieri (Pdl) – che prevedeva, a partire dal 1 ° gennaio 2013, in ogni nuovo contratto di servizio tra la Rai e il ministero dello Sviluppo economico un piano di alfabetizzazione informatica e sulle potenzialità dell’economia digitale, utilizzando la televisione generalista, un canale digitale tematico in chiaro e un portale internet dedicato.

La commissione aveva approvato invece l’accesso a internet senza alcuna discriminazione o forma di censura attraverso una carta dei diritti. Nella carta saranno definiti i “principi e i criteri volti a garantire l’accesso universale della cittadinanza alla rete internet senza alcuna discriminazione o forma di censura”.

Piccole novità sul fronte start up. Cambia l’oggetto sociale: lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico può essere anche prevalente e non più necessariamente esclusivo. Praticamente si amplia la platea delle imprese che possono considerarsi start up. Si semplifica anche l’accesso alle agevolazioni per le assunzioni di personale, sia nelle startup che negli incubatori.

Le novità introdotte non convincono le associazioni Stati Generali dell’Innovazione, IWA Italy e Roma Startup, che hanno operato in questi mesi per raccogliere dal mondo delle imprese, delle associazioni e dagli esperti le proposte per migliorare il Decreto Crescita 2.0, e che all’’indomani della fine dei lavori in commissione esprimono il loro forte dissenso sulla conclusione del percorso di conversione in legge intrapreso al Senato.

“A fronte delle gravi carenze presenti nel decreto e condivise dalla gran parte degli osservatori in tema di interventi per l’alfabetizzazione digitale, con il ruolo fondamentale della RAI, di incentivi al commercio elettronico, di diffusione della PEC per i cittadini, di strategie e obiettivi per le comunità intelligenti o per la regolamentazione del mercato delle comunicazioni, e per la definizione di misure realmente incisive per le startup – si legge in una nota congiunta – tutti gli emendamenti migliorativi e integrativi presentati su questi temi sono stati respinti nelle Commissioni esaminatrici, in taluni casi con enorme meraviglia degli stessi Senatori proponenti”.

I pochi miglioramenti introdotti, dalla “carta dei diritti di Internet”, alla richiesta di un piano strategico per l’Agenda Digitale, alla previsione per le amministrazioni di un Piano per il Telelavoro, ad alcuni accorgimenti sulle regole per i Dati Aperti e per la gestione dell’Anagrafe della Popolazione Residente, “non mutano il giudizio globale su quanto si poteva fare e non è stato fatto”

“Poiché il governo ha posto la fiducia sul testo uscito dalla Commissione, sia al Senato sia alla Camera data l’imminente scadenza del decreto, non è più possibile rimediare e il testo non sarà più migliorabile – concludono le associazioni – Abbiamo così un’Agenda Digitale monca, in gran parte inattuabile, sicuramente per l’ennesima volta inadeguata al ruolo e status che questo Governo vorrebbe che mantenessimo nell’Unione Europea, ed a ciò che lecitamente si aspetterebbero gli italiani come cittadini di uno dei grandi paesi industrializzati”.

Le associazioni si appellano dunque al Governo “perché si faccia carico rapidamente di introdurre con ulteriori provvedimenti i miglioramenti richiesti dagli emendamenti purtroppo respinti, superando le attuali intollerabili mancanze e all’Agenzia per l’Italia Digitale perché li preveda nel suo piano strategico”.

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