AGENDA DIGITALE

“Cittadinanza digitale” sotto schiaffo, non decolla nemmeno la Cie 3.0

Prezzi troppo elevati per i cittadini, conflitti non risolti con Spid e il caos Anagrafe Unica tengono in ostaggio la carta di identità elettronica. Solo 300mila i cittadini dotati di carta di identità elettronica da quando è ripartito (per la terza volta) il progetto, a luglio 2016

Pubblicato il 16 Mar 2017

Federica Meta

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Non decolla la carta di identità elettronica (Cie). Da luglio 2016 – mese in cui i Comuni potevano iniziare il rilascio – sono 300mila i cittadini di 199 città ad essere dotati di smart card. A questi si aggiungono i 4 milioni rilasciate negli anni precedenti. Poco se si pensa che l’obiettivo del progetto – rilanciato a gennaio 2016 – è quello di coprire tutto il territorio nazionale nel 2018. E arrivare così nel giro di 8-9 anni a sostituire tutto il cartaceo, a ritmi di 7-8 milioni di tessere all’anno.

Per ora la sperimentazione procede a ralenti. A frenare i costi della Cie molto più cara di quella cartacea: la smart card pesa sulle tasche dei cittadini circa 22 euro a fronte dei poco più di 5 euro dell’altra. Per l’operazione “Cie 3.0”, come la chiamano al ministero della PA, il governo Renzi aveva stanziato 65 milioni nel quinquennio 2016-2021, rinnovabili per analogo periodo. In totale, circa 130 milioni nel decennio.

Altro ostacolo riguarda l’organizzazione dei Comuni che non riescono ancora ad attrezzarsi. Per questo motivo lo scorso 8 marzo il ministero dell’Interno ha inviato un questionario alle PA per l’acquisizione dei dati necessari all’emissione della nuova Carta d’identità elettronica, sollecitando a compilare il modulo online “con la massima urgenza”. Le informazioni che dovevano essere trasmesse entro il 7 novembre scorso sono infatti propedeutiche all’attività di dispiegamento della postazione per l’emissione del nuovo documento.

C’è poi la questione legata al rapporto con Spid. C’è rischio che pin unico e carta di identità elettronica vadano a “sbattere”? “Lo Spid consta di due fasi. La prima di identificazione dell’utente e di rilascio del pin unico, per la quale è prevista anche una modalità fisica ovvero il provider ha bisogno di “vedere” il richiedente – spiega Alessandro Perego, responsabile scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – Si tratta però di una modalità costosa e difficoltosa. In questo quadro la Carta di idenità elettronica potrebbe agire da facilitatore consentendo un riconoscimento immediato e più sicuro”. È dunque nella seconda fase che identità digitale e carta elettronica potrebbero andare in conflitto. “La seconda fase di Spid – puntualizza Perego – è quella che possiamo chiamare di autenticazione per l’uso dei servizi e al livello tre dell’identità digitale, quello più alto, è stata pensata una funzione di riconoscimento che, dunque, confligge con la carta elettronica. Vedremo se e come questa zona d’ombra andrà eliminata”.

Per quanto riguarda i numeri, a un anno dal lancio sono infatti circa 3.700, su 23 mila PA, gli enti pubblici che offrono almeno un servizio online fruibile con Spid. I servizi disponibili sono per l’esattezza 4.273. Il dato positivo è che le identità digitali rilasciate, soprattutto negli ultimi mesi, sono aumentate, raggiungendo quasi quota 1,3 milioni (l’obiettivo, per fine 2016, era però di 3 milioni).

Oltre alla relazione con lo Spid, a preoccupare gli esperti anche il tema della gestione del dato. Il rilancio della Carta digitale avviene in concomitanza con uno dei progetti abilitanti della PA digitale: l’Anagrafe Unica della popolazioe residente (Anpr). “I Comuni dovranno far migrare i dati sull’Anagrafe Unica della popolazione residente (Anpr) – ricorda Paolo Colli Franzone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Netics e tecnologo – Si tratta di un processo lungo e complesso nel quale si stanno rilevando non pochi problemi di armonizzazione e normalizzazione delle informazioni”. Che significa? Che i Comuni saranno prioritariamente impegnati in queste operazioni. “Ci vorranno due anni, almeno per le PA più grandi, per passare su Anpr – prevede l’esperto – Pensare di rilasciare la Cie senza prima aver terminato questo processo è folle”.

È tutto il sistema della cittadinaza digitale che arranca. Su Anpr ci sono appena due Comuni (Bagnacavallo e Lavagna). A causare l’impasse le modalità di migrazione: se tramite applicativo (gratuito) Sogei oppure integrando i software già in uso nelle PA con i web services sviluppati dalle software house.

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