Call center: norme più severe per chi delocalizza

Approvato l’emendamento al ddl Stabilità che obbliga le imprese che spostano le attività fuori dalla Ue a comunicarlo a ministero del Lavoro, Mise e Garante Privacy. Multe fino a 150mila per gli inadempienti. Costo del lavoro fuori dal computo dell’offera di gara. I sindacati: “Primo passo verso nuova regolazione del settore”

Pubblicato il 24 Nov 2016

Federica Meta

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Contrasto alle delocalizzazioni dei call center e regole che tengono il costo del lavoro fuori dal computo dell’offerta di gara. Nella notte è stato approvato l’emendamento al ddl Stabilità – norme in materia di localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center – che rende operativa la legge 24 bis del 2012.

L’articolo 35 bis stabilisce che “qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non sia membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all’ispettorato nazionale del Lavoro, al Ministero dello sviluppo economico, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico ed utilizzate per i suddetti servizi delocalizzati e al Garante per la protezione dei dati personali”.

In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all’occupazione nei settore dei call center, qualunque tipologia di beneficio, anche fiscale o previdenziale non può essere erogato ad operatori economici che, prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, abbiano delocalizzato in Paesi extra-Ue.

Inoltre quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato e, in caso della localizzazione dell’operatore in un Paese che non sia membro dell’Unione europea, della possibilità di richiedere che il servizio sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale o dell’Unione europea.

La omessa o tardiva comunicazione delle localizzazione extra-Ue delle attività è punita con una multa pari a 150mila euro per ogni comunicazione omessa o tardiva.

Il comma 10 invece mira a contrastare il fenomeno delle gare al massimo ribasso. Si stabilisce infatti che per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che procedono ad affidamenti di servizi ad operatori di call center l’offerta migliore sia determinata al netto delle spese relative al costo del personale.

Per Fabio Gozzo della Uilcom “si tratta di un passo avanti nella regolazione del settore. L’emendamento viene incontro a quanto richiesto da tempo dai sindacati ma non prevede – lo preveda una prima versione – lo stanziamento di 30 milioni destinati a rendere strutturali gli ammortizzatori sociali. Si tratta di risorse necessarie ad affrontare crisi occupazioni di portata drammatica, a cominciare da quella di Almaviva. Il finanziamento degli ammortizzatori è stato inserito in altro emendamento, il 35.053″.

“La misura – commenta Giorgio Serao della Segreteria Nazionale Fistel Cisl – non è sicuramente esaustiva dei problemi del settore ma comunque un punto di partenza chiaro. Bisogna riportare il lavoro in Italia, contrastare le gare al ribasso sotto i minimi contrattuali e dare ai tanti lavoratori dei Call center un minimo di certezza sul proprio futuro occupazionale. Questo è possibile se come in questo caso i lavoratori, il Governo e le Istituzioni tutte lavorano per gli interessi dei cittadini e contro le lobby di potere”.

“Riteniamo questo emendamento un avanzamento rispetto alla situazione attuale prosegue il comunicato – tuttavia reputiamo che, nel corso dei prossimi lavori parlamentari, debba essere integrato meglio precisando sia il concetto di “costo del personale” ai fini della valutazione dell’offerta migliore, sia la necessità di prevedere l’introduzione per questo settore di ammortizzatori sociali (cassa integrazione guadagni) – commenta la Slc Cgil -In particolare –sottolinea Slc Cgil sul tema degli ammortizzatori riteniamo sia ormai indispensabile procedere ad allargare al settore dei call center i medesimi strumenti (cassa integrazione guadagni) già in atto nei settori industriali, tali da permettere una gestione delle fisiologiche fluttuazioni di mercato e delle situazioni di crisi, senza dover attendere di volta in volta stanziamenti specifici da parte del Governo e dando in tal modo certezza di accessibilità agli strumenti di sostegno all’intero settore.”

“Nei prossimi giorni – conclude la nota – vigileremo con attenzione affinché questo emendamento non venga depotenziato nel passaggio al Senato e lavoreremo perché, nel corso dell’iter parlamentare, vengano introdotti adeguati provvedimenti per dotare il settore di ammortizzatori sociali strutturali.”

Ma scoppia il caso outbound. Stando a quanto risulta a CorCom nelle motivazioni che accompagnano la riformulazione dell’emendamento – il testo passato è diverso da quello iniziale – si spiega perché le regole non si applicano alle attività outbound. Ma scorrendo il testo che ha ottenuto il via libera, al comma 6, si legge: “La disciplina di cui al presente articolo si applica anche quando un cittadino è destinatario di una chiamata da call center”.

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