L'INTERVISTA

Gauthey: “Nga, c’è spazio per gli investitori”

Parla l’Executive Vice President Government & Public Affairs di Alcatel-Lucent: “Sulla componente real estate coltivare l’interesse dei grandi fondi”

Pubblicato il 17 Dic 2012

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«È il paradosso delle telecomunicazioni di oggi. Un’esplosione del traffico dati come quello cui assistiamo in tutto il mondo, e non solo nei Paesi occidentali, non si era mai vista in passato. I ritmi di crescita sono impressionanti, superiori a quelli che hanno accompagnato lo sviluppo della voce nel fisso e nel mobile oppure di servizi come gli Sms. Si sono impennati anche i dati di vendita degli smartphone. Non solo nei Paesi avanzati ma persino nelle aree periferiche dei Paesi meno ricchi dove sempre più spesso l’Internet mobile rappresenta il collegamento con il mondo. Eppure, le telco non riescono a monetizzare in maniera sufficiente questa crescente domanda di traffico e di servizi. Col risultato che non hanno ancora trovato un modello di business capace di finanziare gli investimenti necessari al deployment delle nuove reti»: studi all’École Polytechnique di Parigi, già componente del consiglio di amministrazione della Caisse et Dépôt (“ne ho seguito gli investimenti nel settore delle Tlc”), ex membro dell’Arcep (l’Agcom francese), Gabrielle Gauthey è oggi Executive Vice President Government & Public Affairs di Alcatel-Lucent a livello mondiale. Anche per la sua esperienza professionale passata e attuale, è particolarmente sensibile alla sostenibilità dei business model delle telco: come investitrice e come regolatore in passato, come manager di una grande azienda multinazionale oggi.
Perché il paradosso scoppia proprio adesso?
Il boom del traffico dati fisso e mobile, inatteso in queste proporzioni, ha fatto emergere in modo chiaro la necessità di fare evolvere in modo sostenibile le attuali reti. I network di nuova generazione sono sempre più indispensabili per lo sviluppo delle telecomunicazioni, non solo di quelle fisse ma anche di quelle mobili: il sistema è sempre più integrato. Ma le telco non sanno dove trovare una sufficiente capacità finanziaria per supportare gli investimenti necessari.
Perché?
Innanzitutto, perché le nuovi reti richiedono una mole di investimenti impressionante: fra i 280 e i 300 miliardi di euro a livello europeo, è stato calcolato. Da sole le telco non ce la fanno proprio a far fronte a un muro degli investimenti così elevato.
Il mercato dei capitali esiste proprio per questo.
Sì, ma sul mercato dei capitali a breve le telco non riescono a finanziarsi. Gli investimenti nelle Nga non hanno la stessa redditività del settore servizi. Qui parliamo di ritorni che arrivano sino a 15 anni. Non c’è pane per le telco.
Ne consegue che le nuove reti si possono fare solo affidandosi alla mano pubblica?
No, anche se lo Stato dovrà comunque svolgere un ruolo significativo nello sviluppo dei network Nga, in particolare nelle aree periferiche e rurali.
Ma i soldi pubblici, soprattutto in tempi di fiscal compact, non sono certamente sufficienti.
E allora?
E allora c’è il mercato dei capitali privati. Ma non quello cui siamo abituati a guardare e cioè quello che persegue ritorni dell’investimento a breve, tre-cinque anni, quando non ancora meno. Parlo dei grandi fondi che investono a lungo termine. Loro sì potrebbero essere interessati.
In astratto, perché in realtà così non capita.
Una delle ragioni è dovuta al fatto che le telco non riescono a rappresentarsi sul mercato dei capitali in maniera adeguata. Non sono state capaci di fare capire che esse non sono un investimento a forte rischio ma rappresentano un’utility con rendimenti assicurati nel tempo, come le reti elettriche o quelle del gas.
Ma vendono servizi in un mercato fortemente competitivo.
Sì, ma l’accento va spostato sulle reti: sono loro a richiedere forti investimenti con ritorni lenti. Oggi il business delle telecomunicazioni si compone di tre layer: infrastruttura passiva, infrastruttura attiva di rete (con un life time mediamente di 5 anni) e servizi over-the-top. Ma l’infrastruttura passiva, cioè la componente “real estate”, vale da sola il 75% dei costi. Ed è lì che c’è spazio per investitori istituzionali di lungo termine. Bisogna creare le condizioni per convincerli che le Nga sono un investimento molto interessante per loro.
Finora non è avvenuto.
Perché i fondi conoscono poco e male i dettagli del settore. Sono reduce da un incontro dell’Ftth Council a Bruxelles in cui per la prima volta erano presenti rappresentanti dei grandi fondi. Ho trovato grande interesse per l’investimento nelle reti Nga. Capiscono che per loro le reti ultrabroadband possono rappresentare una buona occasione. Semplicemente, prima non ci conoscevano o ci conoscevano in maniera distorta. Ovviamente chiedono garanzie, a partire dalla continuità nel tempo delle norme regolatorie.

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