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Fibra e 5G, la corsa a ostacoli del Pnrr: “Così il sistema non ce la fa”



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Ritardi nei cantieri, carenza di manodopera, incertezze sugli investimenti: il grido d’allarme di Anie Sit e delle imprese della filiera tlc a un anno dalla scadenza del Piano Italia 1 Giga. Tutti i nodi sul tavolo il 7 maggio a Roma, nel confronto tra istituzioni, aziende e operatori di rete. Piergiovanni: “Servono misure straordinarie o metà del Paese resterà indietro”

Pubblicato il 5 mag 2025



PIergiovanni

A poco più di un anno dalla scadenza cruciale di giugno 2026, il Piano Italia 1 Giga – finanziato con oltre 3,4 miliardi di euro dal Pnrr per garantire la copertura in fibra ottica nelle aree grigie e bianche del Paese – procede con il freno tirato. I numeri parlano chiaro: gli operatori assegnatari hanno realizzato poco più del 48% (dati Infratel al 31/03/25) del Piano con andamento però fortemente disomogeneo a seconda della territorialità regionale. Siamo lontani dal traguardo, e molte regioni italiane registrano avanzamenti inferiori al 40%; tali numeri sollevano seri dubbi sulla possibilità di rispettare la deadline.

“Se tutto resta così com’è, con queste date e queste risorse, il sistema non ce la fa”, avverte Luigi Piergiovanni, presidente di Anie Sit, l’associazione che rappresenta le imprese della filiera infrastrutturale delle tlc. “Il piano doveva durare tre anni, oggi si pretende di concentrarne oltre la metà in uno. È impossibile senza misure straordinarie”.

Di questi ritardi, delle difficoltà che bloccano la transizione digitale del Paese, ma anche delle soluzioni concrete per cambiare passo, si discuterà il prossimo 7 maggio a Roma, durante l’evento organizzato proprio da Anie Sit, “Filiera Tlc e digitalizzazione dell’Italia: criticità e proposte per centrare gli obiettivi del Pnrr”. Un appuntamento cruciale per il settore, che vedrà la partecipazione di istituzioni, imprese e operatori di rete. Tra i nomi in agenda, Infratel, Open Fiber, Fibercop, Eolo, Retelit, insieme ai principali player del comparto radiomobile come Wind Tre, Cellnex, Inwit, Fastweb-Vodafone.

“Un piano che non ha considerato gli impatti sulla filiera delle imprese”. Piergiovanni non usa mezzi termini per descrivere il clima che si respira nelle aziende coinvolte nella realizzazione delle reti tlc: “Le attività legate al Piano Italia ad 1 Giga e similari hanno generato una necessità di risorse superiore alle 15.000 unità; abbiamo cercato ripetutamente il confronto con l’allora Ministero dell’innovazione tecnologica e transizione digitale per pianificare e cercare misure di tutela per le nostre imprese, ma non siamo stati ascoltati. Alle aziende vengono continuamente richieste risorse, ma troppo spesso le previsioni sono state disattese Le imprese hanno investito in mezzi e persone, ma quando i lavori non partono o sono diluiti nel tempo, i costi ricadono sulle nostre spalle. È insostenibile”.

Le criticità emerse riguardano non solo i permessi e la burocrazia, ma anche la necessità di continuità operativa e la modalità di fatturazione delle opere: “Le imprese e il loro ecosistema hanno un problema di fondo: il nostro lavoro si basa su due grandi direttrici che sono risorse e mezzi; quindi, una volta realizzato l’investimento, non si può più prescindere dall’efficienza operativa e dai relativi flussi finanziari. Non possiamo assumere personale per lasciarlo poi inattivo”.

In alcune zone dove il processo di crescita della manodopera ha funzionato meglio, Piergiovanni sottolinea che si sarebbe potuto lavorare in modo più sostenuto rispetto all’andamento attuale, ma la mancanza di continuità lavorativa data dai comuni con riferimento, in particolare, ai permessi non rilasciati ed alle continue riprogettazioni, hanno penalizzato anche le zone dove la disponibilità di risorse non era problematica.

Infine, non possiamo tralasciare il tema della continuità lavorativa post Pnrr, che impatterà su figure professionali scarsamente riconvertibili. “Avremo sicuramente un problema di outplacement di risorse” – continua Piergiovanni – “che non possiamo affrontare in autonomia”.

Le proposte sul tavolo il 7 maggio

Il 7 maggio a Roma si cercherà di rispondere alla domanda centrale: se le condizioni restano queste, come accelerare? Infratel sarà presente per fare il punto sui numeri e sugli avanzamenti dei piani, ma Anie Sit spingerà il confronto anche oltre: “Vogliamo stimolare risposte concrete – chiarisce il presidente . La data di giugno 2026 è confermata? O serve ripensare il cronoprogramma? Se la scadenza resta quella indicata, bisogna ragionare su misure straordinarie”.

Tra le soluzioni possibili che saranno discusse ci sono, ad esempio, il Piano Mattei per l’ingresso di manodopera estera, anche se con tempi ormai di complessa applicazione, il Piano carcerario per formare e impiegare detenuti, ma anche possibili sgravi fiscali e incentivi economici per attrarre e mantenere la forza lavoro nelle tlc.

Inoltre, si farà una comparazione tra i mercati, per evidenziare le differenze tra i capitolati del settore delle telecomunicazioni e quelli di altri comparti come l’elettrico: “Il nostro comparto – spiega Piergiovanni – è meno appetibile: se vogliamo attirare manodopera qualificata dobbiamo lavorare su incentivi e rialzo dei listini”.

Anche il 5G tra le priorità

Oltre alla fibra ottica, il mercato radiomobile sarà un altro focus centrale dell’evento. Qui il paradosso si ribalta: la manodopera c’è, ma manca il lavoro. L’espansione del 5G è rallentata principalmente da permessi bloccati. Anche questo tema sarà affrontato nella tavola rotonda “La prospettiva degli operatori di Tlc”, che vedrà confrontarsi operatori di rete fissa e mobile su strategie e soluzioni per superare le criticità.

L’evento del 7 maggio – che ascolterà anche la voce delle istituzioni, rappresentate fra le altre dal Dipartimento Transizione Digitale e dal Mimit – rappresenta dunque un’occasione chiave per portare all’attenzione delle istituzioni la reale condizione della filiera tlc e per proporre azioni correttive prima che il gap accumulato diventi incolmabile. “Non possiamo aspettare che gli obiettivi diventino il problema di qualcun altro”, avverte Piergiovanni. “Se non interveniamo ora, metà del Paese rischia di restare indietro nella digitalizzazione”.

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