Quali sono le caratteristiche che i leader devono possedere per eccellere in un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici e complesse sfide globali? Prova a rispondere il World Economic Forum, dedicando un approfondimento a due delle doti che dovrebbero caratterizzare la leadership – anche nel mondo delle telecomunicazioni – oggi: consapevolezza di sé e stabilità.
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Tutto si evolve, anche la leadership
La leadership, come qualsiasi altra cosa, è in continua evoluzione. Le generazioni precedenti non dovevano preoccuparsi tanto, per esempio, della sicurezza informatica, dell’intelligenza artificiale o dei cambiamenti climatici. Tuttavia, sotto aspetti importanti, c’è una certa coerenza. I fondamenti della leadership non sono cambiati, sia che si tratti di un’azienda Fortune 500, di una startup, di un’organizzazione no profit o, per l’appunto, di una telco.
“Il vero compito dei leader”, sostiene il professore della Harvard Business School Rawi Abdelal citato dal World Economic Forum, “è quello di coltivare uno scopo condiviso tra gli individui che creano valore”. Questo non può essere fatto entrando in un luogo di lavoro e impartendo ordini. Ci vuole una vera consapevolezza di sé, che favorisce qualità come l’autenticità e l’empatia”.
Ma non bastano queste doti: il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum ha osservato che le “soft skill” come il pensiero creativo, la resilienza e la curiosità sono più importanti che mai nella forza lavoro. I leader consapevoli di sé lo capiscono e valutano le implicazioni delle loro parole e dei loro pensieri; si fidano degli altri e li responsabilizzano. In altre parole, guidano dall’interno verso l’esterno.
L’importanza di un nucleo stabile
In un mondo in rapida evoluzione è d’altra parte essenziale avere un nucleo stabile. I leader efficaci sono quelli che riescono a sviluppare un senso autentico di chi sono, qual è il loro scopo, e poi traducono questa consapevolezza di sé nelle loro azioni. “I leader nelle organizzazioni, siano esse pubbliche o private, grandi o piccole, devono dimostrare energia positiva, grinta, umorismo e senso del servizio. I leader più performanti che abbiamo osservato si concentrano sul successo del team e degli altri; così facendo, creano successo per se stessi e per la loro organizzazione. I grandi leader”, afferma il professore della Wharton School Adam Grant, “elevano gli altri, ma molte organizzazioni non sanno come coltivare questa qualità.
Naturalmente, esistono alcune capacità di base, come la conoscenza del contesto, sia esso aziendale o sociale, le competenze tecniche e un rapporto sicuro con gli stakeholder. Ma queste caratteristiche da sole non bastano: è d’altronde possibile essere un grande stratega e fallire completamente.
Ciò che distingue i grandi leader, secondo una recente ricerca di McKinsey e secondo quanto affermano i membri del Forum of Young Global Leaders, è qualcosa di molto più intangibile: la capacità di entrare in contatto con i propri team, i propri dipendenti e le proprie comunità. E alla base di questo approccio incentrato sull’uomo c’è per l’appunto la conoscenza di sé.
Cosa cambierà con l’AI? In realtà, quasi nulla
L’ascesa dell’intelligenza artificiale, compresa l’AI generativa, non cambia nulla di tutto ciò; semmai, lo rafforza. L’AI potrebbe alla fine avere un impatto economico trasformativo pari a quello che hanno avuto il motore a vapore e l’elettricità nel XIX secolo. Ma la tecnologia non opera nel vuoto; l’azione umana è sempre fondamentale. Quasi la metà dei leader intervistati da McKinsey ha affermato che la preparazione dei dipendenti è un ostacolo significativo all’adozione.
Assumendo alcuni tipi di compiti analitici e tecnici, l’intelligenza artificiale può liberare più tempo che i leader possono dedicare alla leadership umana. Può anche fornire approfondimenti analitici, dando un feedback costante sull’efficacia del loro stile di leadership. Ciò che l’AI non può fare è replicare la leadership incentrata sull’uomo. Non fornisce ciò che i dipendenti dicono di volere dai loro leader: sviluppo, attenzione, coinvolgimento, senso di scopo e impegno per il loro benessere.
Come ha affermato James Landay, co-direttore dello Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence, indipendentemente dall’intenzione, che sia il profitto o il cambiamento sociale, “se non lo fai in modo incentrato sull’uomo, se lo fai solo in modo incentrato sulla tecnologia, allora è meno probabile che tu riesca a raggiungere quel bene che ti eri prefissato di fare in primo luogo”.
Un percorso che dura tutta la vita
Diventare consapevoli di sé, sottolinea il World Economic Forum, è un percorso che dura tutta la vita. In un certo senso, non può mai essere completato perché le circostanze cambiano costantemente. Tuttavia, è possibile progredire; si tratta di sviluppare consapevolmente determinate qualità.
Una di queste è l’umiltà, qualcosa che non è naturale per molti leader. Si pensi ai cambiamenti che stanno scuotendo il mondo in questo momento, come la trasformazione digitale, le perturbazioni commerciali, la geopolitica, la carenza di talenti, la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, la sicurezza informatica e il cambiamento climatico. Nessuno può sapere tutto su questi argomenti, nemmeno i fondatori delle startup. Il leader umile lo accetta e agisce di conseguenza.
Un’altra è l’introspezione. I leader che esaminano il proprio io interiore, nota il World Economic Forum, possono identificare i propri ostacoli, punti deboli e pregiudizi. Questo li rende in grado di gestire le richieste dei loro numerosi stakeholder e di porre le domande che possono far progredire la loro organizzazione. Quando i leader si aprono all’apprendimento e all’ascolto, i team sono più coinvolti. Le persone credono di poter dire verità difficili, sono più sicure nel prendere l’iniziativa e più disposte a fare uno sforzo in più. La conclusione del World Economic Forum? In un momento in cui i dipendenti cercano connessione e autenticità, i leader che non conoscono se stessi saranno in una posizione di svantaggio competitivo.