“Thank you, Antonio for contributing to the debate.” Con queste parole Pietro Labriola, ceo di Tim, ha rilanciato su LinkedIn il dibattito aperto da Antonio Capone, professore del Politecnico di Milano, sul tema del consolidamento nel settore delle telecomunicazioni. Un confronto che ha trovato spazio anche su CorCom (qui l’articolo) e che oggi si arricchisce di nuovi spunti strategici.
“Il consolidamento non è una strategia di lungo termine, è una necessità urgente, e deve partire dall’Italia”, ha scritto Labriola, sottolineando come il comparto telco sia arrivato a un punto di rottura. Il problema non è solo la frammentazione del mercato, ma una guerra dei prezzi che ha portato i ricavi a livelli insufficienti per sostenere gli investimenti. Il riferimento è diretto: il mercato italiano è tra i più economici d’Europa, ma anche tra quelli con il traffico dati mobile più elevato e in crescita più rapida. Lo evidenzia uno studio del Centro Studi Tim.
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Prezzi troppo bassi, investimenti a rischio
Il paradosso italiano è evidente: più dati, meno ricavi. L’accesso a tariffe ultra-low ha spinto la domanda, ma ha anche eroso i margini delle telco, rendendo difficile sostenere le infrastrutture e l’innovazione. “Se vogliamo player europei più forti e competitivi, dobbiamo affrontare questa realtà ora, smettendo di correre verso il basso sui prezzi”, ha scritto Labriola.
Il tema del consolidamento si intreccia con quello della sostenibilità economica del settore, che non può più permettersi di sacrificare la qualità e la capacità di investimento sull’altare della concorrenza tariffaria. La frammentazione del mercato italiano, con troppi operatori in competizione su un bacino limitato, ha generato una spirale che rischia di compromettere la tenuta del sistema.
Cloud sovrano, infrastrutture e competitività
Il consolidamento telco è solo una parte di un disegno più ampio. Dal palco del 40° Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria a Capri, Labriola ha rilanciato un altro tema cruciale: il cloud sovrano come scelta industriale. “Non è un tema tecnico, ma una decisione strategica: significa scegliere se innovazione, dati e sicurezza resteranno patrimonio del Paese o diventeranno dipendenze tecnologiche da altri continenti”, ha dichiarato.
“Il digitale non è un servizio accessorio, ma l’infrastruttura su cui si basa la crescita dell’economia”, ha aggiunto. In questo contesto, scegliere un cloud europeo significa difendere il valore delle imprese italiane, garantire autonomia tecnologica e sicurezza dei dati. Il cloud sovrano diventa così la base per costruire una competitività duratura, che non può prescindere da politiche industriali e regole che premino chi investe.
Il ruolo centrale del Polo Strategico Nazionale
A confermare la rilevanza industriale del cloud sovrano arriva anche il commento di Intermonte, che sottolinea come il Polo Strategico Nazionale (Psn) rappresenti un asset chiave per Tim. L’operatore non è solo il maggior azionista (45%), accanto a CDP (20%), Leonardo (25%) e Sogei (10%), ma anche l’attore operativo e commerciale di riferimento.
L’iniziativa, avviata nel 2022 con un budget di 2,6 miliardi di euro, punta a generare contratti per 3,8 miliardi entro il 2025. Ad oggi, oltre 550 pubbliche amministrazioni hanno aderito, con più di 220 già migrate (target 2026). Tim Enterprise gestisce circa il 90% dei lead e ha già contrattualizzato oltre il 60% dei ricavi, beneficiando di una commessa pluriennale con lo Stato valida fino al 2035, che assicura visibilità e supporta il progressivo miglioramento dei margini.
Secondo Intermonte, le stime di breve-medio termine su Tim Enterprise assumono una crescita conservativa dei margini, dal 21% nel FY24 al 22% nel FY25, con superamento del 24% nel FY27, sostenuta da una crescita annua del fatturato di circa il 5%. Nella valutazione Sop che porta a un target price di €0,65 per azione ordinaria, Tim Enterprise è stimata 7,4 miliardi di euro (EV), pari a €0,35 per azione, con un multiplo di 10x EV/EBITDAaL’25E.
Energia, regole e visione: le condizioni per la transizione digitale
Ma il cloud non basta. Labriola ha indicato tre priorità per accelerare la transizione digitale: energia a costi competitivi, incentivi per tecnologie europee e cloud sovrano. “Senza connessioni non c’è competitività e non c’è transizione digitale. Possiamo avere le migliori idee, ma se mancano reti, cloud e energia sostenibile, l’innovazione resta sulla carta”, ha detto.
Il costo dell’energia in Italia è un altro ostacolo: +70% rispetto alla media europea, un handicap che rallenta i data center, aumenta i costi operativi e frena la nascita di un vero ecosistema digitale nazionale. “La transizione digitale non si fa a parole: servono infrastrutture, regole e una visione industriale chiara”, ha ribadito.
Guardare avanti, non nello specchietto retrovisore
Il messaggio di Labriola è chiaro: serve velocità e decisione. “Non abbiamo di fronte dieci anni. Qualcuno non si è accorto che il mondo attuale va ad alta velocità. Pensare di regolare ex ante tutto quello che è futuro è sbagliato. Non possiamo continuare a guidare la macchina guardando nello specchietto retrovisore”, ha detto.
Questa visione si traduce in un appello alle istituzioni europee: esprimere leadership sulla regolamentazione, abbandonare approcci burocratici e abbracciare una logica industriale. Il consolidamento telco, il cloud sovrano, l’energia sostenibile e le regole pro-investimento sono tasselli di un’unica strategia: rendere l’Europa protagonista della trasformazione digitale globale.
Un nuovo paradigma per le telco europee
Il dibattito aperto da Capone e rilanciato da Labriola non è solo italiano. È una questione europea. La frammentazione del mercato, la corsa al ribasso sui prezzi, la dipendenza tecnologica da piattaforme extra-Ue sono problemi comuni. Ma l’Italia può e deve essere il punto di partenza per un cambio di paradigma.









