Le potenzialità dell’AI nel settore delle telecomunicazioni sono ormai note: correttamente implementate, le nuove piattaforme tecnologiche possono aiutare gli operatori ad abilitare servizi personalizzati, predittivi e integrati, trasformando la relazione con il cliente e la proposizione di valore.
Dalle logiche di customer care sempre più automatizzate allo sviluppo di nuove offerte su misura, passando per il potenziamento della sicurezza, l’intelligenza artificiale ha quindi tutte le carte in regola per porsi come il motore dell’innovazione dell’esperienza utente.
Ma quali passi occorre fare per cambiare paradigma e integrare in modo corretto l’AI nei processi aziendali? Se ne è parlato in occasione della tavola rotonda intitolata “Servizi intelligenti e security by design: l’AI al centro della customer innovation”, nella cornice dell’edizione invernale di Telco per l’Italia, di scena oggi a Roma.
Indice degli argomenti
Forti, Adtran: “La sicurezza deve garantire integrità logica e fisica”
Dal suo osservatorio privilegiato, per esempio, Marcello Forti, vice president Sales Southern Europe di Adtran, ha parlato di un forte incremento dei casi d’uso sviluppati in ambito security. “Forniamo a molti dei nostri clienti un meccanismo basato sull’AI in grado di rendere reti e servizi sicuri by design. Il sistema permette quindi di controllare il traffico, identificare vulnerabilità e trovare in modo automatico dei rimedi. Poniamo che si verifichi un tentativo di introduzione fisica all’interno di una rete fibra ottica: non basta identificare il luogo esatto dove avviene, serve anche capire se si tratta di un’operazione malevola di tapping oppure se è solo un intervento di ordinaria amministrazione”
Ma esistono anche casi più complessi, specie se si analizza l’ambito industriale, dove i servizi di connettività giocano un ruolo determinante nel garantire la continuità di business. “Negli ambienti OT vengono utilizzati applicativi critici che hanno bisogno della connettività satellite e di un segnale estremamente preciso – parliamo di tassi di sincronizzazione non superiori ai 100 nanosecondi – per funzionare correttamente. In questo contesto, l’AI permette di identificare tutte le sorgenti di jamming, escluderle ed eventualmente agganciarsi a un segnale primario proveniente da una sorgente terrestre”.
Del resto, ormai, quando si parla di sicurezza si allude a un’integrità logica e fisica, che coinvolge quindi dati e reti. “Per questo oggi fare ricerca e sviluppo significa anche confrontarsi direttamente con le esigenze dei clienti, coglierne i requisiti e trasformarli in prodotti e servizi”, ha detto Forti, precisando che Adtran ha creato una società ad hoc per assolvere a questo compito, Adva Network Security. “Il futuro? Sempre più incentrato sul modello as-a-service, per esempio sui temi della crittografia, anche in ottica quantum safe. Ma avendo a che fare con tecnologie complesse, sarà fondamentale pure abilitare percorsi di trasferimento del know how verso i clienti”.
Catalano, Salesforce: “Grazie all’AI le revenue possono aumentare fino al 5%”
Alessandro Catalano, area vice president Sales B2C di Salesforce, si è invece concentrato sul tema della gestione delle custom operations, rispetto al quale “l’impatto dell’AI è maggiormente misurabile. Siamo tra i principali fornitori al mondo delle aziende tech che stanno cominciando a implementare soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, e guardando al bacino dei nostri circa 300 mila clienti posso dire che sempre meno imprese ricorrono al ‘do it yourself’. Anche perché, come sottolineato da Gartner, il 95% dei progetti AI è destinato a fallire. Alcuni use case, a partire da quelli sviluppati in ambito customer service, ci raccontano che per avere successo occorre adottare un approccio che preveda più fasi”.
Secondo Catalano serve prima di ogni altra cosa la normalizzazione dato: “In ogni organizzazione, e a maggior ragione nelle telco, ci si trova di fronte a una molteplicità di dati e una disparità di fonti dei dati che rendono impossibile identificare il cliente in modo univoco a tutti i livelli aziendali”. Bisogna quindi procedere a una bonifica dei data base in modo da ottenere una formulazione autoconsistente del cliente in tutta l’azienda. “A quel punto l’AI può abilitare funzioni predittive sulla base della storia del comportamento passato del cliente e individuare eventuale propensione all’acquisto, tempi e canali per contattarlo”.
Ma si tratta solo dell’inizio. “Con l’AI agentica sarà possibile costruire agenti autonomi che risolveranno almeno il 70% delle interazioni omnicanale, permettendo di devolvere le risorse umane alle sole attività che hanno un altissimo valore aggiunto”, ha detto Catalano, sottolineando che il viaggio è già cominciato: abbiamo in tutto il mondo 4mila clienti live con progetti di questo tipo. In Italia, è vero, sono ancora solo una decina, e si tratta di eccellenze, ovvero grandi aziende con milioni di clienti. Ma il percorso è tracciato, se si considera che implementazioni del genere generano un impatto positivo sulle revenue compreso tra il 3 e il 5%”.
Ferrari, Ntt Data: “Da telco a techco, servono tre passaggi chiave”
In questo scenario, cosa devono fare le telco per diventare parte attiva nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale? Secondo Riccardo Ferrari, head of Telco & Media di Ntt DATA Italia, il passaggio da telco a techco deve avvenire su tre macro dimensioni.
“La prima riguarda l’aspetto tecnologico: se ne parla molto, ma il punto chiave è che l’operatore telco deve dotarsi di piattaforme digitali di nuova generazione, che spesso non possiede ancora. Queste piattaforme devono essere aperte, componibili e polimorfiche rispetto alla tecnologia. Non si tratta solo di migliorare l’efficienza di processo, ma di abilitare nuovi modelli di business, soprattutto per chi vuole diventare una tech company focalizzata sul settore B2B”.
Il secondo aspetto riguarda il modello operativo, che per Ferrari deve evolversi parallelamente alla dimensione tecnologica. “È necessario introdurre cambiamenti in ambito organizzativo, portando a bordo nuove professionalità, introducendo il design thinking e integrando competenze più tecniche. Il cambiamento del modello operativo passa anche attraverso nuovi approcci al modo di lavorare, basati su team interfunzionali e cross dipartimentali, con una maggiore consapevolezza e una netta separazione tra le fasi di ideazione (con un approccio laboratoriale) e di realizzazione, utilizzando catene DevOps ottimizzate”.
La terza dimensione, forse la più importante, riguarda l’approccio commerciale. “Bisogna passare da un’offerta standardizzata a soluzioni su misura, create con e per il cliente in modo specifico”, ha detto Ferrari. “Il che avrà inevitabilmente un grande impatto anche sulla forza vendita, che dovrà essere supportata con programmi di upskilling e reskilling e nuovi modelli di incentivazione. È fondamentale rivedere l’esperienza di vendita, affrontando il problema della riconoscibilità del brand, con una veste più innovativa e differenziata. Servono nuovi ambienti in cui fisico e digitale convivano in modo trasparente, fungendo da vetrina, coinvolgendo i clienti e promuovendo cambiamenti culturali interni”.
Il tutto naturalmente deve poggiare su una nuova concezione di sicurezza. Secondo Ferrari, rospetto a questo capitolo, sta prendendo piede, anche sull’onda della crescente pressione normativa, la logica della platformization. “Il che comporta lo sviluppo di un ecosistema unificato che fornisca una visione olistica, essenziale per le attività di detection, orchestrazione e governance”.










