Già ministro del lavoro e commissario dell’Inps, Tiziano Treu è politico di lungo corso, professore universitario e studioso del tema dell’active ageing al quale ha dedicato il recente saggio “L’importanza di essere vecchi” (Il Mulino, 2012).
Professor Treu, l’invecchiamento attivo si lega al tema delle tecnologie?
Certamente. La tecnologia sta cambiando il mondo del lavoro in tutto il mondo. Non soltanto le relazioni tra le persone, ma anche il modo di lavorare. Coinvolge tutti e le persone anziane, dopo i 50-55, potrebbero trovare in questi nuovi modi di produrre buone opportunità, a condizione che ci sia un investimento massiccio nella conoscenza informatica, altrimenti il digital divide taglierà fuori chi non è in grado di utilizzare le tecnologie.
Quali rischi e opportunità?
Le tecnologie stanno spaccando il tessuto delle imprese. In molti sostengono che sempre più persone lavoreranno con il “modello Uber”, ovvero con sistemi di comunicazione a distanza, ma all’interno del ciclo produttivo, stando magari a casa propria. È un’evoluzione del sistema di lavoro cosiddetto “a distanza” che andrebbe benissimo per le persone anziane. Consente orari flessibili, maggiore tranquillità e una riduzione dell’orario, se necessario. Le persone devono, però, fare un salto nella conoscenza tecnologica.
Chi deve farsi carico di questa formazione?
Beh, principalmente le aziende. Esistono comunque fondi europei enormi e inutilizzati o impiegati per cose vecchie. Le aziende stupidamente hanno pensato per lungo tempo che dopo i 50 anni non si apprende più, ma era una scusa per mandar via le persone. Una volta c’era la scappatoia del prepensionamento, oggi non c’è più e diventa gioco forza fare grossi investimenti nella riqualificazione.
E la soluzione della Legge Fornero sui prepensionamenti?
Non si può fare, troppo costosa! Le aziende che hanno optato per questa chance hanno speso moltissimo. Finiti i soldi pubblici, i prepensionamenti a totale carico delle aziende sono costosissimi, uno spreco di risorse. Conviene investire sulle persone.
Che cosa pensa della consulenza in età adulta?
È una via facilitata dalla tecnologia, certamente. Una volta era meno possibile. In primo luogo, tuttavia, è necessario che cambi la mentalità generale e ci si convinca che le persone a 60 anni sono ancora utilizzabili.
E del “reverse mentoring” tra giovani e vecchi?
È un buon metodo per insegnare le tecnologie, ma ci sono diverse modalità. Certo non si tratta più di fare lezioni frontali d’aula, come si fa ai bambini. Anche i formatori si diano una mossa: usino le tecnologie, i metodi di insegnamento a distanza, trovino punti di incontro tra generazioni. Bisogna cambiare le imprese e investire sull’età adulta. Queste cose non s’inventano, si provano.